L'ex ministro della Cooperazione internazionale e fondatore della comunità di Sant'Egidio: «Dal vertice di giovedì mi aspetto il via libera a corridoi umanitari e il sì al riconoscimento del diritto d'asilo direttamente in Africa»
Ministro della cooperazione internazionale dal novembre 2011 all’aprile 2013, fondatore della comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi fin dalla sospensione di Mare Nostrum, aveva previsto che il Mediterraneo si sarebbe trasformato in un cimitero di immigrati.
Professore, la notizia delle ultime ore è che a Rodi si è naufragata una nave con a bordo 200 migranti. Solo poche ore prima un altro barcone si era inabissato nelle acque del mare di Sicilia. I morti stimanti sono oltre 700. Che fare adesso?
Siamo di fronte a una tragedia annunciata. Questo va ribadito e chiarito subito. Senza Mare Nostrum abbiamo rinunciato alla capacità della nostra marina e al loro know how, che i pescherecci o altri tipi di imbarcazioni naturalmente non possono avere.
Di chi sono le responsabilità, solo dell’Italia?
L’Europa si sta dimostrando miope. Manca totalmente una politica del Mediterraneo. E questo riguarda l’Italia, ma anche Cipro, Malta, la Grecia e la Spagna. Altro dato da avere ben presente: ci sono Paesi come Libano o Giordania che accolgono molti più profughi dell’Europa rispetto alla loro popolazione. E ancora: la maggior parte delle persone che provano ad arrivare in Europa, non sono rifugiati economici, ma è gente che scappa dalla guerra. Se vogliamo essere efficaci occorre prenderne atto e intervenire di conseguenza.
Ovvero?
Cosa succede oggi in Siria? Che ne è stato di Aleppo? Quale ruolo sta giocando l’Europa? Abbandonare la Siria al suo destino è stata una decisione insana. E a pagare il conto non sono solo i siriani. Quel conto lo pagheremo anche noi. La parola chiave è “pacificare”. Per farlo però è necessario avere una politica, in Siria, in Libia e in Africa.
Giovedì si terrà il vertice europeo sull’immigrazione. Se lei partecipasse cosa proporrebbe?
La prima: consentire ai migranti che ne hanno diretto la possibilità di chiedere protezione direttamente dall’Africa. Il Niger è un crocevia importante. Si potrebbe partire da qui. Poi occorre aprire un corridoio umanitario che consenta agli immigrati che ne hanno diritto di arrivare senza dover attraversare il Mediterraneo, ma nemmeno la Libia. Senza pagare cifre esorbitanti e senza rischiare la vita.
L’Europa oserà tanto? È ottimista?
Sì sono ottimista. Un fallimento sarebbe una resa drammatica per tutto il Continente.
Sant’Egidio intanto si è appellato all’Onu…
Quello è appello di ultima istanza, l’Europa però non può abdicare al suo ruolo.
Un’ultima considerazione: in Italia dal punto di vista operativo e dell’advocacy la voce della società civile in questi casi si fa sentire e anche in modo robusto. Dalle società civili del resto d’Europa invece si fa fatica a sentire anche solo un sussurro…
È lo specchio di una crisi di coscienza dell’umanitario a livello internazionale. La crisi di chi si accontenta di fare di fare il “proprio dovere” in modo istituzionale.
Andrea Riccardi |
Professore, la notizia delle ultime ore è che a Rodi si è naufragata una nave con a bordo 200 migranti. Solo poche ore prima un altro barcone si era inabissato nelle acque del mare di Sicilia. I morti stimanti sono oltre 700. Che fare adesso?
Siamo di fronte a una tragedia annunciata. Questo va ribadito e chiarito subito. Senza Mare Nostrum abbiamo rinunciato alla capacità della nostra marina e al loro know how, che i pescherecci o altri tipi di imbarcazioni naturalmente non possono avere.
Di chi sono le responsabilità, solo dell’Italia?
L’Europa si sta dimostrando miope. Manca totalmente una politica del Mediterraneo. E questo riguarda l’Italia, ma anche Cipro, Malta, la Grecia e la Spagna. Altro dato da avere ben presente: ci sono Paesi come Libano o Giordania che accolgono molti più profughi dell’Europa rispetto alla loro popolazione. E ancora: la maggior parte delle persone che provano ad arrivare in Europa, non sono rifugiati economici, ma è gente che scappa dalla guerra. Se vogliamo essere efficaci occorre prenderne atto e intervenire di conseguenza.
Ovvero?
Cosa succede oggi in Siria? Che ne è stato di Aleppo? Quale ruolo sta giocando l’Europa? Abbandonare la Siria al suo destino è stata una decisione insana. E a pagare il conto non sono solo i siriani. Quel conto lo pagheremo anche noi. La parola chiave è “pacificare”. Per farlo però è necessario avere una politica, in Siria, in Libia e in Africa.
Giovedì si terrà il vertice europeo sull’immigrazione. Se lei partecipasse cosa proporrebbe?
La prima: consentire ai migranti che ne hanno diretto la possibilità di chiedere protezione direttamente dall’Africa. Il Niger è un crocevia importante. Si potrebbe partire da qui. Poi occorre aprire un corridoio umanitario che consenta agli immigrati che ne hanno diritto di arrivare senza dover attraversare il Mediterraneo, ma nemmeno la Libia. Senza pagare cifre esorbitanti e senza rischiare la vita.
L’Europa oserà tanto? È ottimista?
Sì sono ottimista. Un fallimento sarebbe una resa drammatica per tutto il Continente.
Sant’Egidio intanto si è appellato all’Onu…
Quello è appello di ultima istanza, l’Europa però non può abdicare al suo ruolo.
Un’ultima considerazione: in Italia dal punto di vista operativo e dell’advocacy la voce della società civile in questi casi si fa sentire e anche in modo robusto. Dalle società civili del resto d’Europa invece si fa fatica a sentire anche solo un sussurro…
È lo specchio di una crisi di coscienza dell’umanitario a livello internazionale. La crisi di chi si accontenta di fare di fare il “proprio dovere” in modo istituzionale.
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