Il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) denuncia in un rapporto la situazione della libertà di stampa in Egitto, sottolineando che ad oggi il paese è quello con il più alto numero di operatori del settore rinchiusi nelle carceri. Secondo la relazione basata su un censimenti nei vari penitenziari egiziani, l'organizzazione internazionale con sede a New York ha certificato la presenza di almeno 18 giornalisti nelle carceri egiziane, sottolineando che il numero è il più alto registrato dal 1990.
Il Cpj sottolinea che le continue minacce contro giornalisti, blogger e reporter hanno spinto i media a censurare le posizioni contrarie al governo in carica in particolare su temi sensibili. Secondo gli attivisti da un lato le autorità sostengono la libertà di stampa, mentre dall'altro il presidente Abdel Fatah al Sisi ha utilizzato il preteso della difesa della sicurezza nazionale per reprimere il dissenso sui media.
Dalla deposizione del presidente egiziano Mohamed Morsi nel luglio 2013 e dalle messa fuorilegge del movimento dei Fratelli Musulmani le autorità hanno arrestato diversi giornalisti e politici accusati di appartenere al gruppo islamista. Secondo il Cpj il rischio di arresti sta impedendo ai media di coprire in modo adeguato la situazione interna nel paese, lasciando intere aree, come il Nord Sinai, completamente scoperte, affidando la diffusione di informazioni e notizie ai soli rapporti militari. Il rapporto denuncia anche casi di abusi subiti dai giornalisti in carcere, pubblicando lettere in cui alcuni detenuti lamentano vessazioni e torture anche con l'utilizzo di scariche elettriche.
Oltre a giornalisti sarebbero invece almeno 100 gli attivisti incarcerati o vittime di sequestri lampo da parte delle forze della sicurezza. Nel paese ha suscitato diverse polemiche e critiche il caso dell'attivista Islam Atito, giovane studente universitario di 23 della Ein Shams University del Cairo sequestrato in strada mentre si recava ad una sessione di esami e ritrovato morto il 20 maggio 2015 con segni evidenti di torture sul corpo.
Dalla deposizione del presidente egiziano Mohamed Morsi nel luglio 2013 e dalle messa fuorilegge del movimento dei Fratelli Musulmani le autorità hanno arrestato diversi giornalisti e politici accusati di appartenere al gruppo islamista. Secondo il Cpj il rischio di arresti sta impedendo ai media di coprire in modo adeguato la situazione interna nel paese, lasciando intere aree, come il Nord Sinai, completamente scoperte, affidando la diffusione di informazioni e notizie ai soli rapporti militari. Il rapporto denuncia anche casi di abusi subiti dai giornalisti in carcere, pubblicando lettere in cui alcuni detenuti lamentano vessazioni e torture anche con l'utilizzo di scariche elettriche.
Oltre a giornalisti sarebbero invece almeno 100 gli attivisti incarcerati o vittime di sequestri lampo da parte delle forze della sicurezza. Nel paese ha suscitato diverse polemiche e critiche il caso dell'attivista Islam Atito, giovane studente universitario di 23 della Ein Shams University del Cairo sequestrato in strada mentre si recava ad una sessione di esami e ritrovato morto il 20 maggio 2015 con segni evidenti di torture sul corpo.
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