Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana
Di fronte al dramma dei rifugiati, la Chiesa segue una linea chiara e semplice, al di là di ogni polemica. È una posizione che esprime tutte le realtà del cattolicesimo e - direi - di un popolo, per cui non si può respingere chi arriva nel nostro Paese, proveniente da guerra e persecuzione.
Non solo le strutture ecclesiastiche, ma anche le famiglie, un vasto circuito di persone comuni, collaborano a fare spazio a quanti arrivano. È tutta gente che ha ben chiaro il senso di umanità come bussola nella vita quotidiana.
La "predicazione" della paura punta invece a un consenso facile: grida all'invasione e mistifica rischi e pericoli.
Del resto - come tante volte si è affermato - non si tratta di un'invasione: le cifre degli arrivi sono non tanto superiori a quelle degli scorsi anni.
Insomma, la logica dei cristiani italiani ed europei non può essere quella dell'Ungheria di Orbàn, che ha realizzato un muro per proteggere il suo Paese dai profughi e dagli emigrati. Tra l'altro, Orbàn dimentica che nel 1956, dopo l'insurrezione soffocata nel sangue dai sovietici, più di 200 mila profughi ungheresi furono accolti in Europa e nel mondo.
La logica dei cristiani italiani è quella di chi vive responsabilmente in un Paese nel cuore del Mediterraneo. Al di là del mare c'è un mondo in fiamme.
La vera emergenza non è l'arrivo dei profughi in Italia; bensì quella dei Paesi in guerra.
Non è gridando contro i profughi che si cambia qualcosa. S'intorbida lo stato d'`animo di qualcuno. Il vero problema è, prima di tutto, mirare alla pace di Paesi, come Siria, Libia, Somalia, alla stabilità di altri, come la Tunisia, all'apertura di altri ancora, come l'Eritrea e via dicendo.
E poi bisogna prepararsi a vivere una responsabilità "mediterranea" propria della nostra collocazione geografica. Non è solo un peso, ma anche una chance.
Per l'Europa, non c`è sicurezza, se il Mediterraneo non torna a essere un mare di pace.
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