Nei primi sette mesi dell’anno, i tribunali algerini hanno processato almeno 17 persone per aver organizzato o preso parte a proteste contro la disoccupazione. Tutte, salvo una, sono state condannate a periodi di carcere da quattro mesi a due anni.
La maggioranza dei condannati fa parte del Comitato nazionale per la difesa dei diritti dei disoccupati, che da molti anni organizza manifestazioni contro la mancanza di lavoro nelle zone centrali e meridionali dell’Algeria, ricche di petrolio e gas.
A partire dalla fine del 2014, alle proteste contro la disoccupazione si sono aggiunte quelle contro il fracking (la frattura idraulica del sottosuolo). Iniziate il 30 dicembre a In Salah, 1200 chilometri a sud di Algeri, si sono propagate a Ouargla, Laghouat ed El Oued. I manifestanti denunciavano la mancata consultazione delle comunità locali e l’assenza di informazioni sui rischi per l’ambiente.
Dopo due mesi di proteste (come nella foto di ejatlas.org) il governo ha annunciato la sospensione delle attività di fracking.
Il lavoro della magistratura, invece, è andato avanti. Tre persone sono state arrestate per aver denunciato online l’avvio delle attività di fracking e la repressione delle proteste. Una di esse, Rachid Aouine, è stata condannata a quattro mesi di carcere, finiti di scontare il 15 luglio. Il post pubblicato su Facebook che gli era costato la condanna, riferito alla minaccia del ministro dell’Interno di provvedimenti disciplinari nei confronti di poliziotti che si volevano unire alle proteste, era il seguente:
“Agenti di polizia, perché non andate a chiedere conto al ministro dell’Interno, che si è rimangiato la promessa di non punire i vostri colleghi che protestano, invece di sorvegliare gli attivisti e i manifestanti che sono contrari all’estrazione del gas di scisto?”
Per giustificare questo giro di vite nei confronti delle manifestazioni, le autorità hanno fatto ricorso a svariati articoli del codice penale, come il 148 (“aggressione a un pubblico ufficiale nell’esercito del suo dovere”), il 97 (“manifestazione non autorizzata”), il 98 (“rifiuto di eseguire l’ordine di sciogliere un assembramento”), il 100 (“incitamento ad adunata non armata”), il 144 (“offesa a un magistrato”) e il 147 (“pressioni nei confronti di un magistrato”), questi ultimi due relativi ai cartelli esibiti nel corso di una protesta pacifica per chiedere il rilascio di alcuni arrestati.
Una menzione a parte merita il caso di Tahar Djehiche, uno dei più noti caricaturisti algerini, accusato di “offesa al presidente” (ai sensi dell’art. 144 bis del codice penale) per aver pubblicato una vignetta nella quale il presidente Abdelaziz Bouteflika era sepolto nel deserto in una clessidra di sabbia. Il 26 maggio un tribunale lo ha assolto ma la pubblica accusa ha fatto ricorso e si dovrà ricominciare da capo.
Riccardo Noury
A partire dalla fine del 2014, alle proteste contro la disoccupazione si sono aggiunte quelle contro il fracking (la frattura idraulica del sottosuolo). Iniziate il 30 dicembre a In Salah, 1200 chilometri a sud di Algeri, si sono propagate a Ouargla, Laghouat ed El Oued. I manifestanti denunciavano la mancata consultazione delle comunità locali e l’assenza di informazioni sui rischi per l’ambiente.
Dopo due mesi di proteste (come nella foto di ejatlas.org) il governo ha annunciato la sospensione delle attività di fracking.
Il lavoro della magistratura, invece, è andato avanti. Tre persone sono state arrestate per aver denunciato online l’avvio delle attività di fracking e la repressione delle proteste. Una di esse, Rachid Aouine, è stata condannata a quattro mesi di carcere, finiti di scontare il 15 luglio. Il post pubblicato su Facebook che gli era costato la condanna, riferito alla minaccia del ministro dell’Interno di provvedimenti disciplinari nei confronti di poliziotti che si volevano unire alle proteste, era il seguente:
“Agenti di polizia, perché non andate a chiedere conto al ministro dell’Interno, che si è rimangiato la promessa di non punire i vostri colleghi che protestano, invece di sorvegliare gli attivisti e i manifestanti che sono contrari all’estrazione del gas di scisto?”
Per giustificare questo giro di vite nei confronti delle manifestazioni, le autorità hanno fatto ricorso a svariati articoli del codice penale, come il 148 (“aggressione a un pubblico ufficiale nell’esercito del suo dovere”), il 97 (“manifestazione non autorizzata”), il 98 (“rifiuto di eseguire l’ordine di sciogliere un assembramento”), il 100 (“incitamento ad adunata non armata”), il 144 (“offesa a un magistrato”) e il 147 (“pressioni nei confronti di un magistrato”), questi ultimi due relativi ai cartelli esibiti nel corso di una protesta pacifica per chiedere il rilascio di alcuni arrestati.
Una menzione a parte merita il caso di Tahar Djehiche, uno dei più noti caricaturisti algerini, accusato di “offesa al presidente” (ai sensi dell’art. 144 bis del codice penale) per aver pubblicato una vignetta nella quale il presidente Abdelaziz Bouteflika era sepolto nel deserto in una clessidra di sabbia. Il 26 maggio un tribunale lo ha assolto ma la pubblica accusa ha fatto ricorso e si dovrà ricominciare da capo.
Riccardo Noury
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.