Il novantenne di San Leucio del Sannio, A.V., finito in carcere nel mese di giugno essendo divenuta definitiva una pena di otto anni per una serie di violenze sessuali, reati che secondo l’accusa aveva commesso nel 2000, ha riportato la frattura del femore dopo una caduta.
L’incidente si è verificato nell’infermeria dell’istituto di pena di contrada Capodimonte, dove era stato ospitato sin dal momento del suo arresto tenuto conto dell’età e delle sue condizioni di salute. E questo è accaduto dopo una serie di polemiche e discussioni sulla sua permanenza in carcere vista l’età e ai timori legati alle condizioni di salute. «Nello scendere dal letto è caduto rovinosamente», hanno spiegato gli agenti della polizia penitenziaria. L’anziano è stato soccorso e trasportato all’ospedale «Rummo», dove i sanitari della divisione di ortopedia gli hanno riscontrato una frattura del femore della gamba destra riservandosi la decisione di sottoporlo a un intervento chirurgico, tenuto conto anche delle sue condizioni di salute non ottimali. L’uomo per ora è degente in ospedale vigilato dalla polizia penitenziaria, ma non si esclude che per le sue condizioni il piantonamento nelle prossime ore possa essere revocato.
Nei giorni scorsi il magistrato di sorveglianza di Avellino aveva respinto un ricorso presentato dal suo legale Eugenio Capossela confermando la compatibilità del regime carcerario per l’imputato. «Finora non mi è stato ancora concesso di poter parlare con il mio assistito. Sono in attesa delle decisioni dei sanitari dell’ospedale Rummo - dice il legale - per presentare una nuova istanza finalizzata a ottenere così la scarcerazione tenuto conto dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute». Gli agenti della Squadra Mobile beneventana a giugno avevano dato attuazione al provvedimento degli arresti in carcere.
L’avvocato Capossela si era subito messo al lavoro per redigere una istanza rivolta al magistrato di Sorveglianza, e in questo modo far sì che l’uomo fosse scarcerato. La vicenda aveva inizio nel Duemila, con indagini condotte dalla Procura e l’apporto della squadra preposta ai reati conto i minori della questura. Dopo una fase molto complessa, con alcuni proscioglimenti con formula piena, si era giunti al rinvio a giudizio di quattro persone. Secondo l’accusa, una bambina, che poi era stata data in adozione, era stata al centro di violenze nella sua abitazione con il consenso dei genitori. Vi erano state tra l’altro perizie e intercettazioni ambientali.
Nel 2006 gli imputati erano stati tutti assolti con formula piena «perché il fatto non sussiste», sia i genitori della bambina sia le altre due persone indagate tra cui l’attuale novantenne, finito poi in carcere. La Procura aveva però proposto ricorso in Appello ed erano quindi giunte per tutti e quattro gli imputati le condanne, tra le quali quella a otto anni di A.V.. L’uomo non aveva presentato ricorso in Cassazione, a differenza degli altri tre imputati, che sono ancora in attesa del verdetto della Suprema Corte previsto per ottobre, mentre per l’anziano la condanna era divenuta definitiva per cui è scattato l’arresto.
Nei giorni scorsi il magistrato di sorveglianza di Avellino aveva respinto un ricorso presentato dal suo legale Eugenio Capossela confermando la compatibilità del regime carcerario per l’imputato. «Finora non mi è stato ancora concesso di poter parlare con il mio assistito. Sono in attesa delle decisioni dei sanitari dell’ospedale Rummo - dice il legale - per presentare una nuova istanza finalizzata a ottenere così la scarcerazione tenuto conto dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute». Gli agenti della Squadra Mobile beneventana a giugno avevano dato attuazione al provvedimento degli arresti in carcere.
L’avvocato Capossela si era subito messo al lavoro per redigere una istanza rivolta al magistrato di Sorveglianza, e in questo modo far sì che l’uomo fosse scarcerato. La vicenda aveva inizio nel Duemila, con indagini condotte dalla Procura e l’apporto della squadra preposta ai reati conto i minori della questura. Dopo una fase molto complessa, con alcuni proscioglimenti con formula piena, si era giunti al rinvio a giudizio di quattro persone. Secondo l’accusa, una bambina, che poi era stata data in adozione, era stata al centro di violenze nella sua abitazione con il consenso dei genitori. Vi erano state tra l’altro perizie e intercettazioni ambientali.
Nel 2006 gli imputati erano stati tutti assolti con formula piena «perché il fatto non sussiste», sia i genitori della bambina sia le altre due persone indagate tra cui l’attuale novantenne, finito poi in carcere. La Procura aveva però proposto ricorso in Appello ed erano quindi giunte per tutti e quattro gli imputati le condanne, tra le quali quella a otto anni di A.V.. L’uomo non aveva presentato ricorso in Cassazione, a differenza degli altri tre imputati, che sono ancora in attesa del verdetto della Suprema Corte previsto per ottobre, mentre per l’anziano la condanna era divenuta definitiva per cui è scattato l’arresto.
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