Il Fatto Quotidiano
Alle Olimpiadi di Rio manca circa un anno, ma già infuriano le polemiche. Non solo per il giro di appalti miliardari, di mazzette, di opere faraoniche e inutili, ma anche - a quanto riferisce Amnesty International - per l'incredibile brutalità della polizia di Rio de Janeiro. Negli ultimi cinque anni, secondo il rapporto di Amnesty, la polizia avrebbe ucciso 1.519 cittadini di Rio per lo più poveri, giovani, neri e abitanti delle favelas.
Il rapporto le definisce vere e proprie esecuzioni senza processo. Amnesty International ha svolto una lunga e accurata indagine esaminando migliaia di rapporti di polizia e giungendo alla conclusione che un assassinio su sei è stato opera di agenti di polizia in servizio nel quadro di una "strategia del terrore" decisa a tavolino per scoraggiare la criminalità nelle favelas.
Tra il 2010 e il 2013 oltre il 75% delle vittime risultano essere uomini neri di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Nella maggior parte dei rapporti la morte viene descritta come "conseguenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale" e, di conseguenza, nessun agente è mai stato citato dinanzi ad un tribunale civile per il risarcimento del danno e solo un agente è stato rinviato a giudizio dinanzi ad un tribunale penale.
"A Rio convivono due città: quella glamour, tutta luci sfavillanti, negozi di lusso e grandi alberghi per impressionare il mondo e quella, ai più sconosciuta, dove la repressione poliziesca sta decimando una intera generazione di giovani neri e poveri", dice Atila Roque, direttore di Amnesty International in Controlli nella favela Mare Ansa Brasile.
Le autorità di Rio si sono scagliate contro il rapporto definendolo "infondato e fuorviante" in quanto non riconosce alle forze di polizia il merito di aver abbattuto i livelli di criminalità dell'85% nelle favelas dove operano speciali unità "di pacificazione" il cui compito è quello di sottrarre agli spacciatori il controllo del territorio. Il rapporto di Amnesty, sempre secondo le autorità di Rio, dimentica di ricordare che le forze di polizia hanno già adottato volontariamente molte delle misure consigliate nel rapporto e ricorrono meno di prima all'uso delle armi. Il sindacato di polizia sostiene che il rapporto trascura il contesto generale del Paese.
Il Brasile è il Paese al mondo con il record degli omicidi e gli agenti di polizia rischiano la vita ogni giorno in quella che è una vera e propria guerra contro i narcotrafficanti e i piccoli spacciatori. L'anno passato - ricorda il sindacato - a Rio sono stati uccisi oltre 100 agenti di polizia. Anche la magistratura è scesa in campo confutando alcune affermazioni contenute nel rapporto. "Negli ultimi 5 anni sono finiti sotto processo ben 587 agenti di polizia", fa sapere il portavoce della procura di Rio. "Il rapporto è generico, fazioso e non contribuisce in alcun modo alla soluzione dei problemi che affliggono la città".
Può anche darsi che le statistiche sulla criminalità segnalino qualche progresso - replica Amnesty - ma il numero di cittadini uccisi a Rio dalla polizia è allarmante e il dato non è stato smentito. I poliziotti si sentono sotto accusa e la proliferazione di telecamere e dispositivi di sicurezza nelle strade impedisce in molti casi di insabbiare le cosiddette "morti accidentali" e gli episodi di brutalità che spesso finiscono in rete come il video di Eduardo Ferreira, 10 anni, ucciso lo scorso aprile mentre tentava di prendere il cellulare dalla tasca, e quello di Lucas Lima, 15 anni, colpito alla testa da un colpo d'arma da fuoco di un agente mentre tornava a casa dopo aver giocato a calcio con gli amici.
di Carlo Antonio Biscotto
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.