L'uccisione questo mese di tre attivisti per i diritti umani da parte di paramilitari in una scuola di Lianga, nella provincia di Surigao del Sur, nell’isola meridionale di Mindanao, ha richiamato l'attenzione di agenzie Onu sulle esecuzioni extra-giudiziarie che troppo spesso colpiscono chi cerca di sostenere le rivendicazioni di gruppi meno favoriti di popolazione contro pressioni e abusi.
In un comunicato congiunto, l'inviato speciale Onu per i diritti dei popoli indigeni, Victoria Tauli-Corpuz, e quello per i difensori dei diritti umani, Michel Forst, hanno espresso seria preoccupazione per quanto accaduto. “Chiediamo alle autorità filippine di assicurare che le indagini su questi tragici fatti siano condotte in modo indipendente al fine di identificare e giudicare i responsabili”, hanno indicato. Un preoccupazione condivisa da Christof Heyns, inviato speciale per le esecuzioni extra-giudiziarie, sommarie o arbitrarie.
Secondo le testimonianze, a uccidere i tre attivisti – tra cui il direttore della scuola destinata alla popolazione tribale locale - sarebbero stati civili addestrati dall'esercito filippino per contrastare ribelli maoisti e musulmani attivi nella regione.
Un uso, quello dei paramilitari, sovente condannato dalla società civile locale e all'estero, in quanto crea di fatto milizie che possono essere assoldate da potenti locali o bande criminali, quando non sono agenti attivi della costante destabilizzazione del meridione filippino che nuoce a molti, a partire dalla popolazione cristiana e musulmana, ma favorisce giochi politici e interessi economici anche nella lontana capitale Manila. Non a caso, forse, indicando l'accaduto come “faida tribale”, l'esercito filippino ha occupato la scuola degli omicidi e costretto 2000 indigeni a spostarsi vero la città più vicina.
Il governo filippino ha inviato a Ginevra, alla sede dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, rappresentanti per difendere la propria posizione su questi e altri casi simili, sottolineando che indagini sono in corso per fare chiarezza su quanto accaduto e portare a giudizio i responsabili.
[CO]
Secondo le testimonianze, a uccidere i tre attivisti – tra cui il direttore della scuola destinata alla popolazione tribale locale - sarebbero stati civili addestrati dall'esercito filippino per contrastare ribelli maoisti e musulmani attivi nella regione.
Un uso, quello dei paramilitari, sovente condannato dalla società civile locale e all'estero, in quanto crea di fatto milizie che possono essere assoldate da potenti locali o bande criminali, quando non sono agenti attivi della costante destabilizzazione del meridione filippino che nuoce a molti, a partire dalla popolazione cristiana e musulmana, ma favorisce giochi politici e interessi economici anche nella lontana capitale Manila. Non a caso, forse, indicando l'accaduto come “faida tribale”, l'esercito filippino ha occupato la scuola degli omicidi e costretto 2000 indigeni a spostarsi vero la città più vicina.
Il governo filippino ha inviato a Ginevra, alla sede dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, rappresentanti per difendere la propria posizione su questi e altri casi simili, sottolineando che indagini sono in corso per fare chiarezza su quanto accaduto e portare a giudizio i responsabili.
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