L'uccisione questo mese di tre attivisti per i diritti umani da parte di paramilitari in una scuola di Lianga, nella provincia di Surigao del Sur, nell’isola meridionale di Mindanao, ha richiamato l'attenzione di agenzie Onu sulle esecuzioni extra-giudiziarie che troppo spesso colpiscono chi cerca di sostenere le rivendicazioni di gruppi meno favoriti di popolazione contro pressioni e abusi.

Secondo le testimonianze, a uccidere i tre attivisti – tra cui il direttore della scuola destinata alla popolazione tribale locale - sarebbero stati civili addestrati dall'esercito filippino per contrastare ribelli maoisti e musulmani attivi nella regione.
Un uso, quello dei paramilitari, sovente condannato dalla società civile locale e all'estero, in quanto crea di fatto milizie che possono essere assoldate da potenti locali o bande criminali, quando non sono agenti attivi della costante destabilizzazione del meridione filippino che nuoce a molti, a partire dalla popolazione cristiana e musulmana, ma favorisce giochi politici e interessi economici anche nella lontana capitale Manila. Non a caso, forse, indicando l'accaduto come “faida tribale”, l'esercito filippino ha occupato la scuola degli omicidi e costretto 2000 indigeni a spostarsi vero la città più vicina.
Il governo filippino ha inviato a Ginevra, alla sede dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, rappresentanti per difendere la propria posizione su questi e altri casi simili, sottolineando che indagini sono in corso per fare chiarezza su quanto accaduto e portare a giudizio i responsabili.
[CO]
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