Lo avevano detto e lo hanno fatto: migliaia di rifugiati entrati in Ungheria dalla Serbia sono stati arrestati la scorsa notte dopo che sono entrate in vigore le nuove norme sull’immigrazione. «Inizia una nuova era», ha detto il portavoce del governo ungherese Zoltan Kovacs poco dopo la mezzanotte di ieri, «fermeremo l’afflusso di immigrati clandestini alle nostre frontiere verdi».
Dalla scorsa notte in Ungheria chi passa il confine illegalmente rischia fino a 3 anni di carcere stesso destino tocca a chi danneggia il muro eretto al confine meridionale con la Serbia. Trenta i giudici che sono stati assegnati solo per fare applicare la legge.
La barriera di lamette e filo spinato lunga 175 chilometri e alta 4 metri, fortemente voluta dal premier Viktor Orbán, è stata ultimata con le braccia e il lavoro di decine di detenuti delle carceri ungheresi e ben 4.300 militari ungheresi sono stati dispiegati lungo il confine serbo.
Nuove regole, il premier ungherese Viktor Orbán le aveva annunciate a margine dell’approvazione del Parlamento, il 3 settembre a Budapest. A partire dal 15 settembre, aveva detto, «passo dopo passo», riprenderemo «il controllo delle frontiere». E aveva anche annunciato «un nuovo pacchetto di regole». Regole sui richiedenti asilo, sui trafficanti e i Paesi vicini, su come si può e come non si può entrare in Ungheria. E ieri, parlando alla polizia spedita alla frontiera, ha detto: «L’Ungheria è un Paese con 1.000anni di cultura cristiana. Noi ungheresi non vogliamo un movimento globale di queste dimensioni nel nostro Paese». Più chiaro di così.
Orbán non fa un passo indietro e mantiene la linea dura anti-migranti. Intanto l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha reso noto che 432.761 migranti sono arrivati in Europa attraverso il Mar Mediterraneo nel 2015. Ennesimo record. La nuova cortina di ferro non fermerà certo il flusso in ingresso nell’Unione, ma creerà nuove strade e lascerà migliaia di persone in un limbo giuridico a vagare per le strade ai confini dell’Unione europea.
Il 14 settembre circa 10mila persone hanno manifestato per le strade di Budapest in solidarietà nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo. E contro il governo di Viktor Orbán, invocandone le dimissioni per ché accusato di fare leva sulla crisi migratoria per allargare la base di sostegno dell’estrema destra e spostare l’attenzione dell’elettorato dagli scandali di corruzione.
A Bruxelles, intanto, l’opposizione del blocco dell’Est (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) blocca un accordo sulla redistribuzione delle quote. Il vertice ministeriale di ieri ha ratificato la distribuzione di 40mila persone, cosa già decisa a luglio, ma non le quote obbligatorie proposte da Juncker. Se ne riparlerà a ottobre. In teoria la decisione può essere presa con una maggioranza qualificata, ma sarebbe un segnale di scarsa unità dell’Unione che la Commissione preferirebe evitare. Difficile capire come si potranno convincere i Paesi che usano la crisi dei rifugiati siriani per fare propaganda interna.
Nuove regole, il premier ungherese Viktor Orbán le aveva annunciate a margine dell’approvazione del Parlamento, il 3 settembre a Budapest. A partire dal 15 settembre, aveva detto, «passo dopo passo», riprenderemo «il controllo delle frontiere». E aveva anche annunciato «un nuovo pacchetto di regole». Regole sui richiedenti asilo, sui trafficanti e i Paesi vicini, su come si può e come non si può entrare in Ungheria. E ieri, parlando alla polizia spedita alla frontiera, ha detto: «L’Ungheria è un Paese con 1.000anni di cultura cristiana. Noi ungheresi non vogliamo un movimento globale di queste dimensioni nel nostro Paese». Più chiaro di così.
Orbán non fa un passo indietro e mantiene la linea dura anti-migranti. Intanto l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha reso noto che 432.761 migranti sono arrivati in Europa attraverso il Mar Mediterraneo nel 2015. Ennesimo record. La nuova cortina di ferro non fermerà certo il flusso in ingresso nell’Unione, ma creerà nuove strade e lascerà migliaia di persone in un limbo giuridico a vagare per le strade ai confini dell’Unione europea.
Il 14 settembre circa 10mila persone hanno manifestato per le strade di Budapest in solidarietà nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo. E contro il governo di Viktor Orbán, invocandone le dimissioni per ché accusato di fare leva sulla crisi migratoria per allargare la base di sostegno dell’estrema destra e spostare l’attenzione dell’elettorato dagli scandali di corruzione.
A Bruxelles, intanto, l’opposizione del blocco dell’Est (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) blocca un accordo sulla redistribuzione delle quote. Il vertice ministeriale di ieri ha ratificato la distribuzione di 40mila persone, cosa già decisa a luglio, ma non le quote obbligatorie proposte da Juncker. Se ne riparlerà a ottobre. In teoria la decisione può essere presa con una maggioranza qualificata, ma sarebbe un segnale di scarsa unità dell’Unione che la Commissione preferirebe evitare. Difficile capire come si potranno convincere i Paesi che usano la crisi dei rifugiati siriani per fare propaganda interna.
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