Ali Mohammed al Nimr aveva 17 anni quando nel febbraio 2012 venne arrestato per aver preso parte a una manifestazione nella provincia di Qatif, in Arabia Saudita. Due anni dopo, il 27 maggio scorso, è stato condannato a morte. Sarà decapitato, poi crocifisso e infine lasciato esposto in piazza fino alla putrefazione.
Ali Al Nimr |
La sentenza, secondo Amnesty International, non sarebbe stata così dura se Ali non fosse stato nipote di uno dei più conosciuti e determinati oppositori sciiti al regime saudita.
Le accuse vanno dalla partecipazione a cortei antigovernativi, all'aggressione ad esponenti delle forze di sicurezza, dalla rapina a mano armata al possesso di un mitra.
Per fermare la mano del boia si è animata una mobilitazione internazionale rilanciata in Italia da Aki, l'agenzia di stampa in lingua italiana, inglese, araba e farsi del gruppo GMC-ADNKRONOS. Giornalisti, tra cui la sottoscritta, esponenti politici, organizzazioni per la difesa dei diritti umani e intellettuali hanno aderito all'appello che chiede la sospensione della condanna del giovane.
Condividere e rilanciare la mobilitazione per Ali Al Nimr più che un dovere è un atto ineludibile, non solo per chi crede nel rispetto dei diritti umani e ne ha fatto la battaglia di una vita.
L'atroce destino del giovane saudita deve e può essere cambiato. Serve un impegno corale, dalle organizzazioni, alle istituzioni, dal comune cittadino ai media. Per salvare Ali e per ribadire il no alla pena di morte. Sempre e comunque.
Hanno già aderito, tra gli altri, Riccardo Noury (portavoce di Amnesty Italia, Sergio D'Elia (Nessuno tocchi Caino), Piero Fassino e Sergio Chiamparino.
Le accuse vanno dalla partecipazione a cortei antigovernativi, all'aggressione ad esponenti delle forze di sicurezza, dalla rapina a mano armata al possesso di un mitra.
Per fermare la mano del boia si è animata una mobilitazione internazionale rilanciata in Italia da Aki, l'agenzia di stampa in lingua italiana, inglese, araba e farsi del gruppo GMC-ADNKRONOS. Giornalisti, tra cui la sottoscritta, esponenti politici, organizzazioni per la difesa dei diritti umani e intellettuali hanno aderito all'appello che chiede la sospensione della condanna del giovane.
Condividere e rilanciare la mobilitazione per Ali Al Nimr più che un dovere è un atto ineludibile, non solo per chi crede nel rispetto dei diritti umani e ne ha fatto la battaglia di una vita.
L'atroce destino del giovane saudita deve e può essere cambiato. Serve un impegno corale, dalle organizzazioni, alle istituzioni, dal comune cittadino ai media. Per salvare Ali e per ribadire il no alla pena di morte. Sempre e comunque.
Hanno già aderito, tra gli altri, Riccardo Noury (portavoce di Amnesty Italia, Sergio D'Elia (Nessuno tocchi Caino), Piero Fassino e Sergio Chiamparino.
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