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giovedì 1 ottobre 2015

Tunisia: 22enne condannato a un anno di carcere per omosessualità

ANSAmed
Non si placano le polemiche in Tunisia per la recente condanna di un 22enne tunisino ad un anno di reclusione per il reato di omosessualità, in base all’articolo 230 del codice penale che prevede per “l’atto omosessuale maschile (liwat) e femminile (mousahaqa)” la reclusione fino a tre anni.
Le associazioni a tutela dei diritti delle minoranze, la società civile e i media stranieri denunciano anche le modalità con la quale l’autorità giudiziaria ha disposto l’accertamento della prova dell’omosessualità, ovvero un test anale eseguito presso la struttura sanitaria competente. Il giovane in questione è stato convocato il 6 settembre scorso alla stazione di polizia di Hammam-Sousse nell’ambito di un’indagine su di un omicidio come persona informata sui fatti, e dopo 6 giorni ha finito per confessare la sua omosessualità, il cui accertamento è stato disposto dal giudice nei modi sopraindicati.

Yamina Thabet, presidente dell’associazione tunisina di sostegno alle minoranze ha parlato di una legge “abusiva”, l’associazione Shams, che si batte contro l’omofobia ha definito il test “scandaloso”. All’ondata di critiche per l’episodio incriminato si sono uniti anche il partito al Qobt, la Lega tunisina per i diritti dell’uomo e l’ex presidente della Repubblica Moncef Marzouki. Anche i giovani del partito politico Al Massar hanno pubblicato un comunicato nel quale condannano fermamente il test anale al quale il giovane è stato sottoposto, definendolo inumano e inaccettabile, e chiedono l’abolizione dell’art. 230 del codice penale.

Il giovane condannato intanto ha fatto appello.

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