Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), ogni anno migliaia di donne dell’America Centrale e del Messico abbandonano le loro case per sfuggire alla violenza delle bande armate ma anche a quella domestica, cercando riparo negli Stati Uniti e dando così origine a una diaspora che sta creando una situazione critica.
Una giovane migrante con la sua famiglia su un treno a Ixtepec,
in Messico, diretto negli Stati Uniti, il 12 luglio 2014. (Eduardo Verdugo, Ap/Ansa)
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Un rapporto dell’Unhcr, pubblicato il 28 ottobre, indica che sono sempre di più le latinoamericane, alcune delle quali anche con bambini al seguito, che fuggono da alcune regioni del Messico e del Trifinio, il triangolo formato da El Salvador, Honduras e Guatemala. Da quella zona transfrontaliera, che ha il tasso di omicidi più alto al mondo, nel 2014 si sono spostati verso gli Stati Uniti anche più di 66mila minori, da soli o con le famiglie. Secondo il governo statunitense, i minori arrivati da soli nell’agosto di quest’anno sono di più di quelli arrivati nell’agosto del 2014.
António Guterres, a capo dell’agenzia dell’Onu, scrive nel rapporto che “con le autorità spesso incapaci di frenare le violenze e trovare rimedi alla situazione, tante donne senza tutele non hanno altra scelta che fuggire”.
L’Unhcr sostiene che mentre l’attenzione è rivolta alle centinaia di migliaia di profughi che arrivano in Europa dalla Siria e dall’Iraq, nell’America Centrale si sta configurando una nuova emergenza umanitaria. Secondo Guterres, “le drammatiche crisi di rifugiati a cui assistiamo oggi in tutto il mondo non sono limitate al Medio Oriente o all’Africa. Un’altra si sta formando anche nelle Americhe”.
Per due terzi delle donne le minacce e gli attacchi di bande criminali sono stati i motivi principali che le hanno spinte a lasciare il paese d’origine
L’Unhcr ha registrato un incremento di quasi cinque volte del numero di richiedenti asilo che arrivano negli Stati Uniti dalla regione del Trifinio a partire dal 2008. Nel 2014 le richieste da quell’area e dal Messico sono state 40mila.
Il documento contiene 160 interviste con donne originarie di quelle regioni e scappate di casa per rifugiarsi negli Stati Uniti. Dopo aver passato illegalmente il confine, sono state arrestate e portate in centri di detenzione. Secondo il rapporto, lo status di profuga è stato riconosciuto a tutte le donne intervistate dalle autorità e di cui è stato appurato “il timore fondato o plausibile di subire persecuzioni o torture”.
Norma, una diciassettenne salvadoregna, ha detto di esser stata stuprata in un cimitero da tre componenti della banda criminale chiamata M18 alla fine del 2014. Sarebbe stata presa di mira perché moglie di un poliziotto. “Facevano a turno… mi tenevano per le mani. Mi hanno tappato la bocca per non farmi strillare”, racconta. Alla fine “mi hanno buttato nell’immondizia”.
Per quasi due terzi delle donne le minacce e gli attacchi di bande armate criminali - tra cui stupri, omicidi, reclutamento a forza dei figli ed estorsioni – sono stati i motivi principali che le hanno spinte a lasciare il paese d’origine.
Nel documento si sostiene che “l’aumento dell’incidenza dei gruppi armati criminali, che in pratica spesso equivale al loro controllo del territorio e delle persone, è superiore alla capacità di risposta dei governi nella regione”.
Fuggire dalla violenza domestica
I dati del governo statunitense hanno dimostrato che l’82 per cento delle donne originarie del Trifinio e del Messico e intervistate dalle autorità nell’ultimo anno, ha un timore fondato di subire persecuzioni o torture, ed è stato concesso loro di presentare richiesta di asilo negli Stati Uniti.
Un altro dei motivi per cui le donne abbandonano le loro abitazioni è la violenza esercitata da mariti e compagni che abusano di loro. “Non riuscendo a ottenere protezione da parte dello stato, molte donne hanno menzionato la violenza tra le mura di casa tra i motivi che le hanno indotte a scappare, per paura di venire ferite gravemente o uccise se fossero rimaste lì”, si legge nel rapporto.
Alcune hanno detto di aver preso delle pillole anticoncezionali prima di partire per evitare di rimanere incinte a seguito di stupri da parte di gang o trafficanti di esseri umani. “Venire qui (negli Stati Uniti) era avere una speranza di farcela”, dice Sara, fuggita dall’Honduras per cercare asilo negli Stati Uniti. Più di tre quarti delle donne intervistate ha dichiarato di essere al corrente del fatto che il viaggio via terra verso gli Stati Uniti era pericoloso, ma era un rischio che valeva la pena di correre.
Anastasia Moloney
(Traduzione di Alessandro de Lachenal)
António Guterres, a capo dell’agenzia dell’Onu, scrive nel rapporto che “con le autorità spesso incapaci di frenare le violenze e trovare rimedi alla situazione, tante donne senza tutele non hanno altra scelta che fuggire”.
L’Unhcr sostiene che mentre l’attenzione è rivolta alle centinaia di migliaia di profughi che arrivano in Europa dalla Siria e dall’Iraq, nell’America Centrale si sta configurando una nuova emergenza umanitaria. Secondo Guterres, “le drammatiche crisi di rifugiati a cui assistiamo oggi in tutto il mondo non sono limitate al Medio Oriente o all’Africa. Un’altra si sta formando anche nelle Americhe”.
Per due terzi delle donne le minacce e gli attacchi di bande criminali sono stati i motivi principali che le hanno spinte a lasciare il paese d’origine
L’Unhcr ha registrato un incremento di quasi cinque volte del numero di richiedenti asilo che arrivano negli Stati Uniti dalla regione del Trifinio a partire dal 2008. Nel 2014 le richieste da quell’area e dal Messico sono state 40mila.
Il documento contiene 160 interviste con donne originarie di quelle regioni e scappate di casa per rifugiarsi negli Stati Uniti. Dopo aver passato illegalmente il confine, sono state arrestate e portate in centri di detenzione. Secondo il rapporto, lo status di profuga è stato riconosciuto a tutte le donne intervistate dalle autorità e di cui è stato appurato “il timore fondato o plausibile di subire persecuzioni o torture”.
Norma, una diciassettenne salvadoregna, ha detto di esser stata stuprata in un cimitero da tre componenti della banda criminale chiamata M18 alla fine del 2014. Sarebbe stata presa di mira perché moglie di un poliziotto. “Facevano a turno… mi tenevano per le mani. Mi hanno tappato la bocca per non farmi strillare”, racconta. Alla fine “mi hanno buttato nell’immondizia”.
Per quasi due terzi delle donne le minacce e gli attacchi di bande armate criminali - tra cui stupri, omicidi, reclutamento a forza dei figli ed estorsioni – sono stati i motivi principali che le hanno spinte a lasciare il paese d’origine.
Nel documento si sostiene che “l’aumento dell’incidenza dei gruppi armati criminali, che in pratica spesso equivale al loro controllo del territorio e delle persone, è superiore alla capacità di risposta dei governi nella regione”.
Fuggire dalla violenza domestica
I dati del governo statunitense hanno dimostrato che l’82 per cento delle donne originarie del Trifinio e del Messico e intervistate dalle autorità nell’ultimo anno, ha un timore fondato di subire persecuzioni o torture, ed è stato concesso loro di presentare richiesta di asilo negli Stati Uniti.
Un altro dei motivi per cui le donne abbandonano le loro abitazioni è la violenza esercitata da mariti e compagni che abusano di loro. “Non riuscendo a ottenere protezione da parte dello stato, molte donne hanno menzionato la violenza tra le mura di casa tra i motivi che le hanno indotte a scappare, per paura di venire ferite gravemente o uccise se fossero rimaste lì”, si legge nel rapporto.
Alcune hanno detto di aver preso delle pillole anticoncezionali prima di partire per evitare di rimanere incinte a seguito di stupri da parte di gang o trafficanti di esseri umani. “Venire qui (negli Stati Uniti) era avere una speranza di farcela”, dice Sara, fuggita dall’Honduras per cercare asilo negli Stati Uniti. Più di tre quarti delle donne intervistate ha dichiarato di essere al corrente del fatto che il viaggio via terra verso gli Stati Uniti era pericoloso, ma era un rischio che valeva la pena di correre.
(Traduzione di Alessandro de Lachenal)
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