Roma - L'Arabia Saudita manderà al patibolo nei prossimi giorni 55 persone condannate a morte per "reati contro lo Stato". Lo riporta il sito locale Okaz, senza annunciare i nomi dei condannati né la data esatta della loro esecuzione. Il sito precisa solo che alcune delle persone che saranno decapitate sono originarie della provincia orientale di al-Sharqiyya, dove risiede una nutrita comunità sciita. Si teme che tra i 55 che saranno giustiziati possano esserci cinque ragazzi condannati per reati commessi quando erano minorenni.
Si tratta di Mohammed al-Shioukh, Abdullah al-Zaher, Ali al-Rebh, Dawood al-Marhoon e Ali al-Nimr. Il nome di quest'ultimo è balzato all'attenzione della comunità internazionale dopo la mobilitazione di molte ong. Al-Nimr, nipote di un oppositore sciita, è stato condannato alla decapitazione e alla crocifissione del cadavere fino alla putrefazione. Tutti e cinque i giovani sono stati arrestati tra il 2011 e il 2012, in seguito a manifestazioni di protesta organizzate dalla minoranza sciita.
Martedì scorso le madri dei cinque ragazzi hanno diffuso un appello congiunto in cui si afferma che la possibile esecuzione dei loro figli rappresenterebbe un evento "unico nella storia della giustizia saudita". "Le autorità saudite hanno sottoposto i nostri figli a numerose forme di ingiustizia", recita il comunicato, che accusa le autorità di aver arrestato i cinque giovani in modo arbitrario e di averli sottoposti a torture, oltre che a un processo ingiusto.
"Chiediamo - si legge ancora nel comunicato, rilanciato dal sito Middle East Eye - che il governo saudita ritiri le sentenze e ordini un nuovo processo. I processi devono essere pubblici, nel rispetto dei principi internazionali, e devono essere monitorati da osservatori neutrali". "Rimarremo in silenzio - avvertono infine le cinque madri, con una presa di posizione insolita nel paese - solo se ci uccideranno insieme ai nostri figli".
Anche Reprieve, ong contro la pena di morte, ha parlato di una situazione "estremamente preoccupante". "Questi rapporti suggeriscono che i sauditi potrebbero essere a pochi giorni dall'esecuzione di gente messa sotto processo quando era minorenne, che chiedeva riforme politiche nel suo paese - ha detto Maya Foa di Reprieve - queste esecuzioni devono essere fermate".
Gli arresti si riferiscono alle proteste esplose nel 2011 nell'est dell'Arabia Saudita sulla scia della Primavera araba, organizzate in particolare dalla minoranza sciita, che chiedeva maggiori diritti. Il leader della protesta era lo sheikh Nimr al-Nimr, arrestato a luglio 2012, zio del giovane Ali al-Nimr. Per le autorità saudite, quella sciita non è stata una protesta non violenta, ma un movimento antigovernativo armato.
Nel 2015, 151 condanne a morte sono state eseguite in Arabia Saudita, quasi il doppio delle 88 eseguite in tutto il 2014.
Lo scorso gennaio, Middle East Eye ha pubblicato uno studio da cui emerge che il codice penale saudita coincide in gran parte con quello del sedicente Stato islamico (Is). Lo studio si basa su una lista di reati e sanzioni pubblicata il 16 dicembre 2014 dall'Is, a titolo di "chiarimento e avvertimento" per i residenti del 'califfato'.
Proprio come nel caso dell'Is, anche il codice penale dell'Arabia Saudita, che si basa su un'interpretazione letterale delle fonti giuridiche islamiche, prevede la condanna a morte per blasfemia, omosessualità, tradimento e omicidio, la lapidazione per gli adulteri sposati, le frustate per quelli non sposati e il taglio degli arti per furti e rapine.
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