La Francia annuncia il ripristino dei controlli alle proprie frontiere per trenta giorni. Nel giorno in cui la Francia annuncia il ripristino dei controlli alle proprie frontiere per trenta giorni, come misura d'emergenza transitoria in vista della conferenza internazionale dell'Onu sul clima (Parigi, 30 novembre - 11 dicembre), l'ex presidente della Commissione europea Jacques Delors pubblica una tribuna su Le Monde per ricordare il significato autentico del trattato di Schengen.
Spesso percepito nell'opinione pubblica come un "colabrodo" da sospendere alla prima avvisaglia d'invasione o di pericolo per la sicurezza (dai terroristi ai black bloc, dai profughi alle tifoserie), il trattato dovrebbe in realtà favorire una più forte collaborazione fra polizie per il controllo delle "frontiere" europee esterne e non interne fra i singoli Paesi membri. È stato concepito per migliorare gli scambi e la circolazione di quattrocento milioni di europei. Per questo lo spazio Schengen si è allargato, comprendendo anche Paesi che non fanno parte dell'Unione. Gli strumenti di controllo degli ingressi illegali e d'identificazione esistono e dovrebbero funzionare in stretta collaborazione fra governi. Tornare indietro avrebbe un costo economico catastrofico e non risolverebbe il problema, come ricorda Delors.
Intanto la Francia sospende. Lo fa in vista di un importante avvenimento, come del resto hanno fatto in passato altri Paesi che hanno alzato barriere per il G8 o per manifestazioni sportive. E come hanno deciso recentemente Germania, Austria, Slovenia, per fronteggiare la crisi dei migranti, fino ai fili spinati in Ungheria. L'impressione è che si mescolino rischi e problematiche diverse. Le polemiche politiche favoriscono gli equivoci. I black bloc o le tifoserie aspettano un momento-vetrina, con conseguenze purtroppo note.
È giusto ristabilire filtri e misure di sicurezza temporanee. Il ristabilimento dei controlli come misura d'emergenza è anche previsto dal trattato, ma ha offerto il pretesto per costruire nuovi muri e per respingere. Proprio la Francia, con i suoi gendarmi schierati a Ventimiglia, offrì il poco nobile spettacolo di un dolente bivacco d'immigrati sugli scogli. L'invasione di profughi è un fenomeno permanente con cui l'Europa dovrà fare sempre più i conti.
Tutta insieme, anziché in ordine sparso, come sta avvenendo ora, lasciando soli i Paesi più esposti. Il dispositivo di ricollocamento è rimasto sulla carta. È di ieri, la valutazione della Commissione europea sui flussi migratori: tre milioni entro il 2017, sempre che le aree di conflitto non si estendano ancora di più. Schengen non è solo un trattato. È un progetto alla base della costruzione europea. Va maneggiato con cura. Non è il problema, come si sente dire, ma la soluzione. Non va sospeso, ma rafforzato perché funzioni meglio.
di Massimo Nava
Intanto la Francia sospende. Lo fa in vista di un importante avvenimento, come del resto hanno fatto in passato altri Paesi che hanno alzato barriere per il G8 o per manifestazioni sportive. E come hanno deciso recentemente Germania, Austria, Slovenia, per fronteggiare la crisi dei migranti, fino ai fili spinati in Ungheria. L'impressione è che si mescolino rischi e problematiche diverse. Le polemiche politiche favoriscono gli equivoci. I black bloc o le tifoserie aspettano un momento-vetrina, con conseguenze purtroppo note.
È giusto ristabilire filtri e misure di sicurezza temporanee. Il ristabilimento dei controlli come misura d'emergenza è anche previsto dal trattato, ma ha offerto il pretesto per costruire nuovi muri e per respingere. Proprio la Francia, con i suoi gendarmi schierati a Ventimiglia, offrì il poco nobile spettacolo di un dolente bivacco d'immigrati sugli scogli. L'invasione di profughi è un fenomeno permanente con cui l'Europa dovrà fare sempre più i conti.
Tutta insieme, anziché in ordine sparso, come sta avvenendo ora, lasciando soli i Paesi più esposti. Il dispositivo di ricollocamento è rimasto sulla carta. È di ieri, la valutazione della Commissione europea sui flussi migratori: tre milioni entro il 2017, sempre che le aree di conflitto non si estendano ancora di più. Schengen non è solo un trattato. È un progetto alla base della costruzione europea. Va maneggiato con cura. Non è il problema, come si sente dire, ma la soluzione. Non va sospeso, ma rafforzato perché funzioni meglio.
di Massimo Nava
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