“In questi giorni l’unico sollievo per gli sfollati è la fine della stagione delle piogge” dice alla MISNA monsignor Vincent Mojwok Nyiker, vescovo emerito di Malakal, riferendo di uno “scetticismo” diffuso che gli annunci su una “fine della guerra” in Sud Sudan non riescono a scalfire.
La notizia è arrivata da Addis Abeba, la capitale etiopica tornata il 21 ottobre a ospitare i negoziati tra le parti in conflitto. Seyoum Mesfin, “inviato speciale” dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), ha detto che la firma ieri di un nuovo accordo sulla sicurezza segna la conclusione della guerra civile cominciata nel dicembre 2013. L’intesa prevede il dispiegamento di unità militari e di polizia congiunte nella capitale Juba ma anche nelle città di Bor, Malakal e Bentiu. A sottoscriverla, sulla scia dell’accordo di pace dello scorso 26 agosto, sono stati gli emissari del presidente Salva Kiir, del capo dei ribelli Riek Machar e degli oppositori di Pagan Amum.
A Juba, però, in molti hanno difficoltà a credere che questa nuova intesa possa essere rispettata a differenza di quanto avvenuto nel recente passato in casi simili. “Migliaia di sfollati originari della mia diocesi restano bloccati qui, ammassati nei campi, perché tornare a casa è impossibile” sottolinea monsignor Mojwok, nella capitale ormai dallo scorso anno. Malakal è in mano alle forze governative ma i combattimenti che attraversano il paese, in particolare le regioni petrolifere di Upper Nile e di Unity, l’hanno resa una città fantasma. “La gente non si fida degli annunci – dice il vescovo - perché Kiir e Machar continuano ad accusarsi a vicenda, perché gli scontri non sono cessati nonostante i tanti accordi e perché i nodi politici, in particolare l’annunciata formazione di un governo di unità nazionale, non sono stati sciolti”.
Gli sfollati giunti a Juba da Malakal, perlopiù di etnia Shilluk, sono migliaia. Per loro la situazione è un po’ migliorata grazie alla fine della stagione delle piogge, che per altro ha consentito al governo di annunciare la fine dell’emergenza colera cominciata a giugno. “Per altre buone notizie bisognerà aspettare – sottolinea monsignor Mojwok - e poi soprattutto bisognerà verificarle”. Stando all’intesa siglata ieri, Juba sarà presidiata da una forza mista composta da 4830 soldati, 1410 dei quali inquadrati ora nelle file dei ribelli. I militari risponderanno a un comando unificato, come accadrà anche con un contingente di mille guardie presidenziali e con unità di polizia formate da 400 uomini che dovrebbero essere dispiegate a Bor, Malakal e Bentiu.
[VG]
A Juba, però, in molti hanno difficoltà a credere che questa nuova intesa possa essere rispettata a differenza di quanto avvenuto nel recente passato in casi simili. “Migliaia di sfollati originari della mia diocesi restano bloccati qui, ammassati nei campi, perché tornare a casa è impossibile” sottolinea monsignor Mojwok, nella capitale ormai dallo scorso anno. Malakal è in mano alle forze governative ma i combattimenti che attraversano il paese, in particolare le regioni petrolifere di Upper Nile e di Unity, l’hanno resa una città fantasma. “La gente non si fida degli annunci – dice il vescovo - perché Kiir e Machar continuano ad accusarsi a vicenda, perché gli scontri non sono cessati nonostante i tanti accordi e perché i nodi politici, in particolare l’annunciata formazione di un governo di unità nazionale, non sono stati sciolti”.
Gli sfollati giunti a Juba da Malakal, perlopiù di etnia Shilluk, sono migliaia. Per loro la situazione è un po’ migliorata grazie alla fine della stagione delle piogge, che per altro ha consentito al governo di annunciare la fine dell’emergenza colera cominciata a giugno. “Per altre buone notizie bisognerà aspettare – sottolinea monsignor Mojwok - e poi soprattutto bisognerà verificarle”. Stando all’intesa siglata ieri, Juba sarà presidiata da una forza mista composta da 4830 soldati, 1410 dei quali inquadrati ora nelle file dei ribelli. I militari risponderanno a un comando unificato, come accadrà anche con un contingente di mille guardie presidenziali e con unità di polizia formate da 400 uomini che dovrebbero essere dispiegate a Bor, Malakal e Bentiu.
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