Il carcere venezuelano di Guarico, a due ore di macchina dalla capitale Caracas, è solitamente descritto come «l’inferno in terra». È una terra di nessuno dove domina la violenza, popolato da oltre 3.000 detenuti, anche se la capienza massima è di 750 prigionieri. Le guardie lasciano campo libero ai prigionieri, che dispongono di armi e fanno rispettare a modo loro le regole. Questo «inferno» però è anche terra di missione, almeno per suor Neyda Rojas.
Suor Neyda Rojas |
«Non mi sparerebbero mai». La religiosa cattolica dell’ordine di Santa Maria della Mercede ha 52 anni e visita il carcere da più di 17. Ai detenuti insegna a leggere e scrivere, «così possono sapere che cosa c’è scritto sui documenti ufficiali dei loro processi», e parla dell’amore che Dio ha anche per loro. La Bbc l’ha seguita un giorno nel carcere e racconta di come suor Neyda cammini tranquilla tra le celle senza aver paura. «Sono sicura che non mi sparerebbero mai», spiega. «Dio è con me. Non mi farebbero mai del male. Anzi, mi proteggono. Questa gente ha perso la libertà, ma non la dignità. Sono sempre figli di Dio e il mio compito è quello di servirli in prigione».
La goccia bianca. Nel carcere è soprannominata “la goccia bianca”, per via della veste candida, e le guardie armate vedendola entrare la chiamano così rispondendo alla sua benedizione: «Amen, sorella». Tra le celle, la suora viene apostrofata senza troppe gentilezze: «Tirati su la sottana!». Lei non si scompone e risponde: «Vieni a spendere un bel pomeriggio con me. Ti aspetto in classe».
La giornalista si spaventa quando in carcere cominciano a sentirsi spari indiscriminati, ma suor Neyda la rassicura: «Non ti preoccupare, stanno solo testando le loro armi. Va tutto bene». La religiosa procura medicine ai malati, cerca di intercedere con le autorità per quelli che sono in condizioni più gravi e ha anche svolto il lavoro dell’ostetrica aiutando una detenuta dell’ala femminile a partorire.
Un carcerato vedendola passare la ringrazia: «Suor Neyda mi ha allargato il cuore, ci dà lezioni di spiritualità e umanità». In un luogo dove regnano solo crimine e violenza, lei tratta i detenuti in modo diverso: «Molti di loro sono stati abbandonati. Ma hanno noi missionarie. Io ho sempre visto il volto di Dio nelle loro facce».
La goccia bianca. Nel carcere è soprannominata “la goccia bianca”, per via della veste candida, e le guardie armate vedendola entrare la chiamano così rispondendo alla sua benedizione: «Amen, sorella». Tra le celle, la suora viene apostrofata senza troppe gentilezze: «Tirati su la sottana!». Lei non si scompone e risponde: «Vieni a spendere un bel pomeriggio con me. Ti aspetto in classe».
La giornalista si spaventa quando in carcere cominciano a sentirsi spari indiscriminati, ma suor Neyda la rassicura: «Non ti preoccupare, stanno solo testando le loro armi. Va tutto bene». La religiosa procura medicine ai malati, cerca di intercedere con le autorità per quelli che sono in condizioni più gravi e ha anche svolto il lavoro dell’ostetrica aiutando una detenuta dell’ala femminile a partorire.
Un carcerato vedendola passare la ringrazia: «Suor Neyda mi ha allargato il cuore, ci dà lezioni di spiritualità e umanità». In un luogo dove regnano solo crimine e violenza, lei tratta i detenuti in modo diverso: «Molti di loro sono stati abbandonati. Ma hanno noi missionarie. Io ho sempre visto il volto di Dio nelle loro facce».
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