Corriere della Sera - Blog Diritti Umani
Secondo un rapporto di Amnesty International, l’elevato numero di giovani eritrei in fuga dal servizio militare a tempo indeterminato sta contribuendo all’attuale crisi globale dei rifugiati e si tratta di persone che hanno diritto alla protezione internazionale.
Un gruppo di richiedenti asilo sulle scogliere di Ventimiglia |
I tentativi di evitare la leva hanno reso gli eritrei il terzo più grande numero di rifugiati che cercano di raggiungere l’Europa. Ciò nonostante, sempre più spesso gli stati europei rifiutano le loro richieste d’asilo, fidandosi della dichiarazioni del governo dell’Asmara e di quanto scritto nella legge. Dal 1° aprile al 30 giugno 2015, ad esempio, il governo di Londra ha respinto in primo grado il 66 per cento delle domande presentate da richiedenti asilo eritrei.
Sebbene la legge del 1995 sul servizio militare nazionale preveda una leva obbligatoria di 18 mesi, il rapporto di Amnesty International denuncia che nella maggior parte dei casi la durata è a tempo indeterminato e a volte dura decenni. Vi sono obbligati, svolgendolo spesso in condizioni equivalenti a lavori forzati, ragazze e ragazzi dai 16 anni così come persone anziane.
Altro che migranti economici. Gli eritrei che cercano riparo in Europa, molti dei quali minorenni, sono rifugiati in fuga da un sistema che si qualifica come lavoro forzato su scala nazionale e che non lascia loro alcuna possibilità di fare scelte su aspetti fondamentali della loro vita. Naturalmente, l’obiezione di coscienza non è riconosciuta.
Basato su 72 interviste a eritrei fuggiti dal loro paese dalla metà del 2014, il rapporto di Amnesty International getta nuova luce sulle durissime condizioni in cui si trovano i coscritti e sui metodi brutali usati dai militari contro coloro che cercano di evadere la leva. Alcune delle persone intervistate hanno raccontato di essere state sotto leva per oltre 10 anni e addirittura per 15 anni prima di riuscire a lasciare il paese. Altre hanno riferito che i loro mariti o padri sono arruolati da oltre 20 anni.
In alcuni casi, alla leva vengono chiamati contemporaneamente più familiari che vengono poi assegnati a diverse basi militari, vedendosi dunque negato il diritto alla vita familiare. Una ragazza di 18 anni ha raccontato che, a seguito dell’entrata in vigore di un regolamento che impone anche alle donne anziane di presentarsi in servizio, tutti i suoi parenti stretti si sono ritrovati sotto la leva o hanno lasciato il paese.
Alcuni ex coscritti hanno raccontato di aver trascorso anni e anni senza ottenere una licenza. Chi si allontana senza autorizzazione rischia il carcere e, se non viene ritrovato, sono i suoi familiari a essere imprigionati.
Il servizio militare a tempo indeterminato ha conseguenze negative anche sugli adolescenti. Molti di loro abbandonano gli studi per evitare l’arruolamento, mentre le ragazze si sposano precocemente sperando che questo le esenti dalla leva. Altri ragazzi, per via della lunga leva cui sono sottoposti i genitori, devono prendersi la responsabilità della sopravvivenza economica delle loro famiglie.
La paga base per i coscritti è misera e, secondo le persone intervistate da Amnesty International, del tutto insufficiente a coprire i fabbisogni familiari. Quella mensile oscilla dai 27,20 euro ai 30,20 euro, cui vanno tolte le tasse.
Chi viene ripreso dopo che ha abbandonato la leva o ha cercato di evitare il servizio militare anche provando a lasciare il paese, viene arrestato e detenuto – a volte a tempo indeterminato – in condizioni agghiaccianti. I detenuti sono spesso tenuti in celle sotterranee o in container per la navigazione. Lo stesso destino attende molti di coloro che vengono rimandati in Eritrea dopo che la loro domanda d’asilo è stata respinta. Per tutti, il rischio è quello di essere arrestati arbitrariamente e torturati.
Coloro che tentano di attraversare il confine con l’Etiopia rischiano di essere presi a fucilate dalla guardia di frontiera eritrea.
Il governo dell’Asmara sostiene che la leva militare nazionale è necessaria per ragioni di autodifesa, a causa delle perduranti ostilità con l’Etiopia. Tuttavia, non tutti i coscritti svolgono doveri militari. Molti vengono impiegati in ambiti diversi come l’agricoltura, le costruzioni, l’insegnamento e altri settori civili.
Amnesty International continua a chiedere alle autorità eritree di porre fine al servizio militare nazionale a tempo indeterminato e a tutti gli stati di riconoscere il sistema attualmente in vigore come una violazione dei diritti umani.
Sebbene la legge del 1995 sul servizio militare nazionale preveda una leva obbligatoria di 18 mesi, il rapporto di Amnesty International denuncia che nella maggior parte dei casi la durata è a tempo indeterminato e a volte dura decenni. Vi sono obbligati, svolgendolo spesso in condizioni equivalenti a lavori forzati, ragazze e ragazzi dai 16 anni così come persone anziane.
Altro che migranti economici. Gli eritrei che cercano riparo in Europa, molti dei quali minorenni, sono rifugiati in fuga da un sistema che si qualifica come lavoro forzato su scala nazionale e che non lascia loro alcuna possibilità di fare scelte su aspetti fondamentali della loro vita. Naturalmente, l’obiezione di coscienza non è riconosciuta.
Basato su 72 interviste a eritrei fuggiti dal loro paese dalla metà del 2014, il rapporto di Amnesty International getta nuova luce sulle durissime condizioni in cui si trovano i coscritti e sui metodi brutali usati dai militari contro coloro che cercano di evadere la leva. Alcune delle persone intervistate hanno raccontato di essere state sotto leva per oltre 10 anni e addirittura per 15 anni prima di riuscire a lasciare il paese. Altre hanno riferito che i loro mariti o padri sono arruolati da oltre 20 anni.
In alcuni casi, alla leva vengono chiamati contemporaneamente più familiari che vengono poi assegnati a diverse basi militari, vedendosi dunque negato il diritto alla vita familiare. Una ragazza di 18 anni ha raccontato che, a seguito dell’entrata in vigore di un regolamento che impone anche alle donne anziane di presentarsi in servizio, tutti i suoi parenti stretti si sono ritrovati sotto la leva o hanno lasciato il paese.
Alcuni ex coscritti hanno raccontato di aver trascorso anni e anni senza ottenere una licenza. Chi si allontana senza autorizzazione rischia il carcere e, se non viene ritrovato, sono i suoi familiari a essere imprigionati.
Il servizio militare a tempo indeterminato ha conseguenze negative anche sugli adolescenti. Molti di loro abbandonano gli studi per evitare l’arruolamento, mentre le ragazze si sposano precocemente sperando che questo le esenti dalla leva. Altri ragazzi, per via della lunga leva cui sono sottoposti i genitori, devono prendersi la responsabilità della sopravvivenza economica delle loro famiglie.
La paga base per i coscritti è misera e, secondo le persone intervistate da Amnesty International, del tutto insufficiente a coprire i fabbisogni familiari. Quella mensile oscilla dai 27,20 euro ai 30,20 euro, cui vanno tolte le tasse.
Chi viene ripreso dopo che ha abbandonato la leva o ha cercato di evitare il servizio militare anche provando a lasciare il paese, viene arrestato e detenuto – a volte a tempo indeterminato – in condizioni agghiaccianti. I detenuti sono spesso tenuti in celle sotterranee o in container per la navigazione. Lo stesso destino attende molti di coloro che vengono rimandati in Eritrea dopo che la loro domanda d’asilo è stata respinta. Per tutti, il rischio è quello di essere arrestati arbitrariamente e torturati.
Coloro che tentano di attraversare il confine con l’Etiopia rischiano di essere presi a fucilate dalla guardia di frontiera eritrea.
Il governo dell’Asmara sostiene che la leva militare nazionale è necessaria per ragioni di autodifesa, a causa delle perduranti ostilità con l’Etiopia. Tuttavia, non tutti i coscritti svolgono doveri militari. Molti vengono impiegati in ambiti diversi come l’agricoltura, le costruzioni, l’insegnamento e altri settori civili.
Amnesty International continua a chiedere alle autorità eritree di porre fine al servizio militare nazionale a tempo indeterminato e a tutti gli stati di riconoscere il sistema attualmente in vigore come una violazione dei diritti umani.
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