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sabato 26 dicembre 2015

Un milione di migranti nel 2015 per un continente come l'Europa non sono un'invasione

Faro di Roma
L’anno che si sta per chiudere ha visto le nostre comunità confrontarsi con un nuovo ‘segno dei tempi’, una ‘nuova provocazione’: l’arrivo in Italia e in Europa di oltre 1 milione di persone migranti, che provengono da paesi segnati da guerre, disastri ambientali e persecuzione politica e religiosa. 

Sono persone in fuga: che hanno camminato in situazione di privazione, di violenza; che hanno attraversato il Nostro Mare su barche insicure, al punto che oltre 3700 hanno trovato la morte, tra cui almeno 730 bambini, anche neonati; che all’arrivo spesso hanno trovato non porte aperte, ma muri di filo spinato. 
Un milione di persone che arrivano in un Continente, come l’Europa, di oltre 500 milioni di persone; un milione di giovani, che arrivano in un Continente dove oltre il 30% sono anziani, non possono essere considerati un popolo che ‘invade’: è semmai un popolo in cammino, che chiede protezione internazionale, un diritto su cui si fonda la democrazia europea; è una risorsa per rinnovare l’Europa.
Durante la Prima Guerra Mondiale i profughi e i rifugiati in Europa furono oltre 12 milioni e ci fu una gara di solidarietà, anche nei nostri paesi e comunità, all’ospitalità e all’accoglienza. Certo, 1 milione di persone che arrivano non possono essere accolti solo da 5 dei 28 Stati Europei.

Il 2015 è stato l’anno in cui, purtroppo, abbiamo dovuto constatare la debolezza degli Stati che formano l’Unione europea a garantire non solo sulla carta, ma nei fatti, la protezione internazionale. L’Italia, da parte sua, impreparata fino al 2013 a tutelare un numero significativo di rifugiati (i posti negli Sprar erano solo 3.000, in pochi Comuni italiani) e ai richiedenti asilo (meno di 10.00 posti nei Cara), ha intrapreso il cammino di un sistema asilo degno di una grande Democrazia: i posti negli SPRAR sono diventati 20.000 (e nel prossimo anno dovrebbero arrivare a 30.000) e l’accoglienza straordinaria ha creato una rete di 100.000 posti in 4000 strutture.

Anche per l’Italia vale lo stesso discorso dell’Europa: l’accoglienza di 100.000 persone in 8.000 comuni italiani non può essere considerata un’invasione. L’accoglienza ha dovuto sconfiggere paure, anche nelle nostre comunità: la paura che nasceva dalla falsa correlazione tra terrorismo e islam, tra terrorismo e rifugiati. La rete diffusa di accoglienza che si è creata nelle nostre diocesi e parrocchie italiane, oltre 27.000 persone accolte, rispondendo anche all’appello del Papa, che il 6 settembre scorso aveva invitato le parrocchie d’Europa a fare spazio all’accoglienza di una famiglia di richiedenti asilo e rifugiati, è stata una risposta ecclesiale nel segno della carità e della giustizia, ma anche un gesto concreto per provocare una risposta politica organica e diffusa a chi chiedeva protezione internazionale al nostro Paese.

L’anno che si apre non può che essere all’insegna della pace e dell’accoglienza, continuando un cammino di accoglienza gioiosa nelle nostre comunità, secondo lo spirito del Vangelo vissuto nella Chiesa delle origini – come ricorda l’apologista Aristide di Atene (+140): “i cristiani se vedono uno straniero, lo conducono in casa e gioiscono con lui come con un fratello” (Apologia, 15,7) – . Un cammino di accoglienza rinnovato nel magistero del Concilio Vaticano II – “la Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore povero e sofferente, si premura di sollevarne l’indigenza, e in loro intende di servire a Cristo” (L. G. 8) – che l’Anno giubilare voluto da Papa Francesco intende trasformare in gesti concreti e quotidiani di misericordia.

Gian Carlo Perego
Direttore generale Fondazione Migrantes

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