Pubblichiamo questo articolo uscito su Independent (link originale) il 23 dicembre 2015.
Nel grande campo di Grande-Synthe, i bambini sono costretti a giocare nel fango data la crisi delle condizioni igienico-sanitarie.
Traduzione a cura di: Chiara Bonifazi
Davanti ad una tenda piantata accanto ad un crescente cumulo di immondizia, un ragazzino cerca rifugio nell’unico divertimento possibile: calciare un barattolo abbandonato attraverso il fango compatto.
Appena si ferma a fissare il mondo che gli è intorno, metà del biscotto che aveva masticato si libera dalle sue piccole dita e cade nella melma fangosa di sotto.
Appena si ferma a fissare il mondo che gli è intorno, metà del biscotto che aveva masticato si libera dalle sue piccole dita e cade nella melma fangosa di sotto.
Qui, sembra, che tutto venga inghiottito dal fango.
Le strisce sottili di rugoso metallo adagiate nelle aree più paludose sono per metà passerelle, per metà gesti inutili. Formano grandi pozzanghere di acqua piovana fangosa, ma sono solo vagamente più navigabili del pantano da ambo le parti. Alcune tende sono così sottili che ci penseresti due volte prima di portarle in un viaggio per un campeggio estivo, e quando la zona si allaga, cosa che succede regolarmente, l’acqua può salire ben sopra l’altezza della caviglia.
Questa, tuttavia, non è la famosa giungla di Calais. Non è il campo per i rifugiati in cui chi porge il servizio medico teme infezioni come la scabbia.
Questo non è il posto da cui, come riportato da The Independent il mese scorso, il volontario britannico Rob Lawrie cercò, senza riuscirci, di far uscire clandestinamente l’afghana di quattro anni Bahar Ahmadi - dopo essere stato così colpito dalla sua situazione da voler commettere un “crimine di compassione”. Questo posto, dicono, è ben peggiore.
Questo è il campo a Grande-Synthe, una cittadina nei pressi di Dunkirk - utilizzato da soli 800 rifugiati due mesi e mezzo fa, ora giunti a 2,500 ed in aumento giorno dopo giorno.
Le ONG che cercano di fornire aiuto medico agli occupanti parlano di una “vera catastrofe”, di “emergenza sanitaria”. Il campo ha solo due stazioni di acqua potabile e 26, per la maggior parte chimici, bagni - all’incirca uno ogni 100 occupanti. In un normale campo di rifugiati, ce ne si aspetterebbe uno ogni 20 persone, come minimo.
“E’ veramente incredibile vedere un campo come questo”, afferma Mathieu Balthazard, coordinatore del team di Medici senza Frontiere (MSF) a Grande-Synthe. “Ho avuto modo di vedere un campo in Etiopia in condizioni simili, ma qui la situazione è peggiore: c’è meno organizzazione. Sta diventando ogni giorno sempre più traumatizzante”.
Tutti fanno cenno al numero di bambini. Grande-Synthe “ospita” dozzine di bambini sotto i cinque anni. Circa dieci bambini ogni settimana richiedono trattamenti per raffreddori, o, nel caso del bambino di dieci mesi visto da Balthazard, diarrea che è durata due settimane.
Guarda gli occhi del bambino girarsi verso il visibile rimasuglio del suo biscotto, per metà nascosto dal fango. Ricorda le parole di Mathieu Balthazard: “Queste condizioni realmente facilitano la diffusione di germi che sviluppano la diarrea. C’è così tanta immondizia intorno che i bambini sono costretti a raccattarla o a finirci dentro giocando”.
Si chiama Mohammad Faiq, ha quattro anni. Quando l’Isis si è avvicinato al suo villaggio in Hawija, Iraq, lui e la sua famiglia curda sono fuggiti in quella che ritenevano un’inospitale Turchia. Hanno attraversato la Grecia con una fatiscente imbarcazione ed hanno continuato il viaggio attraverso l’Europa. Dalla tenda della famiglia proviene un suono di lamento costante.
La sorellina di un anno di Mohammed, Maily, ha la febbre, causata, sospettano, dal tempo freddo ed umido.
“Ha pianto tutta la notte” dice sua madre Shahen, di 28 anni.
La famiglia è qui da 65 giorni - al Grande-Synthe, tutti sembrano contare i giorni quasi come in un conto alla rovescia per una sentenza di condanna.
“Piango ogni notte” dice Shahen. “Non ho mai immaginato di poter vedere un posto come questo”.
Camminiamo ancora. Appena i piedi lo calpestano, il tappetino fuori la tenda di Gona Ahmed sprofonda nel fango. La signora Ahmed, 32 anni, è sola con i suoi quattro figli, Ariena (3 anni), Brwa (5 anni), Balen (8 anni) e Karina (10 anni).
Suo marito Mohamed, un combattente curdo Peshmerga, è in un ospedale iracheno, dopo essere stato reso cieco ad un occhio ed aver perso il suo braccio destro combattendo l’Isis.
Ci viene chiesto di non indagare oltre su ciò che successe nel momento in cui l’Isis conquistò il loro villaggio, per paura di farla soffrire ulteriormente. Gli amici della signora Ahmed hanno detto che lei ed i suoi bambini sono stati costretti ad assistere alla decapitazione di un loro compaesano.
Le chiediamo, invece, del campo. Il suo viso si corruga.
“Ci sono speranze che il Regno Unito ci accolga? Vorrei solo esser capace di dire ai miei figli che c’è speranza per loro”.
C’è, ovviamente, un’altra faccia della storia del Grande-Synthe. Si può vedere lungo la strada dal campo, in quello che una volta era un tranquillo alloggio, ma che ora ha il camioncino del commando di sommossa della polizia parcheggiato all’entrata, mentre un flusso continuo di rifugiati vaga attraverso le stradine periferiche.
Può, forse, essere visto più minacciosamente nel primo round dell’elezioni regionali in Francia questo mese. A Grande-Synthe, l’estrema destra del Front National ha avuto il 43% dei voti. Ci sono anche pochi dubbi che l’improvviso aumento della popolazione di Grande-Synthe si debba per lo più ai rifugiati - e ai trafficanti di uomini - considerando che l’aumento della sicurezza lungo il Canale della Manica rende il porto di Dunkirk un’opzione migliore per introdursi nel Regno Unito.
Ma ci sono barlumi di speranza. Il consiglio cittadino e MSF hanno un piano per spostare il campo in nuova area e fornire abbastanza tende riscaldate per 2.500 persone. Ed oggi, poco prima dell’annuncio del piano ad una conferenza stampa, il Ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve ha invitato il sindaco di Grande-Synthe, Damien Careme, a Parigi per un colloquio.
I due si incontreranno stanotte [ndt 23 Dicembre 2015]. Rimane da vedere quale azione ne seguirà e se calmerà la rabbia di chi fornisce gli aiuti come Jean-Francois Corty, il direttore dei programmi interni per Doctors of the World.
“Questa è la Francia”, dice, prima delle notizie sull’incontro col sindaco col Ministro Cazaneuve. “Il sesto paese più ricco al mondo. Abbiamo la capacità di fornire cibo ed acqua pulita a persone sfuggite alla guerra”.
Adam Lusher, The Independent, Regno Unito
Le strisce sottili di rugoso metallo adagiate nelle aree più paludose sono per metà passerelle, per metà gesti inutili. Formano grandi pozzanghere di acqua piovana fangosa, ma sono solo vagamente più navigabili del pantano da ambo le parti. Alcune tende sono così sottili che ci penseresti due volte prima di portarle in un viaggio per un campeggio estivo, e quando la zona si allaga, cosa che succede regolarmente, l’acqua può salire ben sopra l’altezza della caviglia.
Questa, tuttavia, non è la famosa giungla di Calais. Non è il campo per i rifugiati in cui chi porge il servizio medico teme infezioni come la scabbia.
Questo non è il posto da cui, come riportato da The Independent il mese scorso, il volontario britannico Rob Lawrie cercò, senza riuscirci, di far uscire clandestinamente l’afghana di quattro anni Bahar Ahmadi - dopo essere stato così colpito dalla sua situazione da voler commettere un “crimine di compassione”. Questo posto, dicono, è ben peggiore.
Questo è il campo a Grande-Synthe, una cittadina nei pressi di Dunkirk - utilizzato da soli 800 rifugiati due mesi e mezzo fa, ora giunti a 2,500 ed in aumento giorno dopo giorno.
Le ONG che cercano di fornire aiuto medico agli occupanti parlano di una “vera catastrofe”, di “emergenza sanitaria”. Il campo ha solo due stazioni di acqua potabile e 26, per la maggior parte chimici, bagni - all’incirca uno ogni 100 occupanti. In un normale campo di rifugiati, ce ne si aspetterebbe uno ogni 20 persone, come minimo.
“E’ veramente incredibile vedere un campo come questo”, afferma Mathieu Balthazard, coordinatore del team di Medici senza Frontiere (MSF) a Grande-Synthe. “Ho avuto modo di vedere un campo in Etiopia in condizioni simili, ma qui la situazione è peggiore: c’è meno organizzazione. Sta diventando ogni giorno sempre più traumatizzante”.
Tutti fanno cenno al numero di bambini. Grande-Synthe “ospita” dozzine di bambini sotto i cinque anni. Circa dieci bambini ogni settimana richiedono trattamenti per raffreddori, o, nel caso del bambino di dieci mesi visto da Balthazard, diarrea che è durata due settimane.
Guarda gli occhi del bambino girarsi verso il visibile rimasuglio del suo biscotto, per metà nascosto dal fango. Ricorda le parole di Mathieu Balthazard: “Queste condizioni realmente facilitano la diffusione di germi che sviluppano la diarrea. C’è così tanta immondizia intorno che i bambini sono costretti a raccattarla o a finirci dentro giocando”.
Si chiama Mohammad Faiq, ha quattro anni. Quando l’Isis si è avvicinato al suo villaggio in Hawija, Iraq, lui e la sua famiglia curda sono fuggiti in quella che ritenevano un’inospitale Turchia. Hanno attraversato la Grecia con una fatiscente imbarcazione ed hanno continuato il viaggio attraverso l’Europa. Dalla tenda della famiglia proviene un suono di lamento costante.
La sorellina di un anno di Mohammed, Maily, ha la febbre, causata, sospettano, dal tempo freddo ed umido.
“Ha pianto tutta la notte” dice sua madre Shahen, di 28 anni.
La famiglia è qui da 65 giorni - al Grande-Synthe, tutti sembrano contare i giorni quasi come in un conto alla rovescia per una sentenza di condanna.
“Piango ogni notte” dice Shahen. “Non ho mai immaginato di poter vedere un posto come questo”.
Camminiamo ancora. Appena i piedi lo calpestano, il tappetino fuori la tenda di Gona Ahmed sprofonda nel fango. La signora Ahmed, 32 anni, è sola con i suoi quattro figli, Ariena (3 anni), Brwa (5 anni), Balen (8 anni) e Karina (10 anni).
Suo marito Mohamed, un combattente curdo Peshmerga, è in un ospedale iracheno, dopo essere stato reso cieco ad un occhio ed aver perso il suo braccio destro combattendo l’Isis.
Ci viene chiesto di non indagare oltre su ciò che successe nel momento in cui l’Isis conquistò il loro villaggio, per paura di farla soffrire ulteriormente. Gli amici della signora Ahmed hanno detto che lei ed i suoi bambini sono stati costretti ad assistere alla decapitazione di un loro compaesano.
Le chiediamo, invece, del campo. Il suo viso si corruga.
“Ci sono speranze che il Regno Unito ci accolga? Vorrei solo esser capace di dire ai miei figli che c’è speranza per loro”.
C’è, ovviamente, un’altra faccia della storia del Grande-Synthe. Si può vedere lungo la strada dal campo, in quello che una volta era un tranquillo alloggio, ma che ora ha il camioncino del commando di sommossa della polizia parcheggiato all’entrata, mentre un flusso continuo di rifugiati vaga attraverso le stradine periferiche.
Può, forse, essere visto più minacciosamente nel primo round dell’elezioni regionali in Francia questo mese. A Grande-Synthe, l’estrema destra del Front National ha avuto il 43% dei voti. Ci sono anche pochi dubbi che l’improvviso aumento della popolazione di Grande-Synthe si debba per lo più ai rifugiati - e ai trafficanti di uomini - considerando che l’aumento della sicurezza lungo il Canale della Manica rende il porto di Dunkirk un’opzione migliore per introdursi nel Regno Unito.
Ma ci sono barlumi di speranza. Il consiglio cittadino e MSF hanno un piano per spostare il campo in nuova area e fornire abbastanza tende riscaldate per 2.500 persone. Ed oggi, poco prima dell’annuncio del piano ad una conferenza stampa, il Ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve ha invitato il sindaco di Grande-Synthe, Damien Careme, a Parigi per un colloquio.
I due si incontreranno stanotte [ndt 23 Dicembre 2015]. Rimane da vedere quale azione ne seguirà e se calmerà la rabbia di chi fornisce gli aiuti come Jean-Francois Corty, il direttore dei programmi interni per Doctors of the World.
“Questa è la Francia”, dice, prima delle notizie sull’incontro col sindaco col Ministro Cazaneuve. “Il sesto paese più ricco al mondo. Abbiamo la capacità di fornire cibo ed acqua pulita a persone sfuggite alla guerra”.
Adam Lusher, The Independent, Regno Unito
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