L'Alta Corte di Canberra dà ragione al governo, confinare gli immigrati non vìola la Costituzione
Quando si parla d'immigrazione e di Australia si aprono sempre spazi alle polemiche. E anche l'ultima decisione, presa dall'Alta Corte di Canberra, rinfocolerà le critiche alla politica del governo australiano sui migranti.
I giudici, infatti, hanno stabilito che confinare a tempo indefinito i richiedenti asilo in Paesi stranieri, come le isole di Nauru e Manu, in Papua Nuova Guinea, e sulla Christmas Island, è legale e non vìola la costituzione.
La sentenza, emessa ieri dall'Alta corte in seduta plenaria, spiana la strada al governo conservatore che vuole rispedire a Nauru 267 migranti che hanno chiesto asilo, i quali erano in Australia per delle cure mediche impraticabili nell'isola. Il governo dell'ex premier Tony Abbott, infatti, ha stabilito che chiunque tenti di raggiungere il Paese via mare per chiedere asilo venga trasferito su una delle isole, Stati autonomi con cui sono in vigore degli accordi, e non possa vivere in Australia. Una politica duramente criticata dalle Nazioni Unite e da molte organizzazioni dei diritti umani.
La sentenza, che crea un precedente secondo il diritto anglosassone, è la risposta alla causa avviata dal Centro Legale per i diritti umani, che rappresenta una donna del Bangladesh sbarcata in Australia e poi confinata sull'isola di Nauru che ha denunciato un'assistenza sanitaria inadeguata e condizioni di vita pessime. I suoi avvocati hanno sostenuto che il governo non era autorizzato dalla legge a limitare la libertà dei richiedenti asilo e a sottoscrivere contratti con Paesi stranieri che acconsentono alla loro detenzione. La Corte ha però respinto queste motivazioni.
«Studieremo i dettagli prima di prendere una decisione sui passi legali da intraprendere per conto di queste persone molto vulnerabili», ha detto il legale della donna Daniel Webb, il quale ha rilevato che la sentenza non obbliga comunque il governo a rispedire il gruppo di migranti a Nauru. «È fondamentalmente immorale condannare queste persone a una vita da limbo su una piccolissima isola», ha aggiunto Webb. Ondata di critiche al governo anche da moltissime organizzazioni internazionali dei diritti umani, ma il governo conservatore tira dritto, forte dei risultati ottenuti nell'arginare gli sbarchi di profughi. Molti ricorderanno le polemiche sollevate quando nel 2013 l'Australia introdusse leggi durissime sull'immigrazione, seguita da una campagna mediatica in cui imperava un videomessaggio, in televisione e su internet, del generale Angus Campbell, comandante delle operazioni sulla sovranità dei confini. «No way! You will not make Australia home». Il messaggio era chiaro: chiunque arrivi nel Paese senza visto, non sarà accettato. «La legge si applica a tutti: famiglie, bambini, minori non accompagnati, non ci sono eccezioni».
Di fatto l'Australia ha adottato un vero e proprio piano militare per risolvere l'emergenza immigrazione. Le navi della Marina militare intercettavano i barconi dei profughi sul limite delle acque territoriali, prestavano soccorso fornendo acqua e cibo e poi li allontanavano dalle acque australiane. I risultati di quest'operazione denominata Sovereign Borders (Confini sovrani) parlano da soli: fino al 2013 sbarcavano illegalmente almeno 20mila immigrati all'anno, nel 2014 solo 147.
La sentenza, emessa ieri dall'Alta corte in seduta plenaria, spiana la strada al governo conservatore che vuole rispedire a Nauru 267 migranti che hanno chiesto asilo, i quali erano in Australia per delle cure mediche impraticabili nell'isola. Il governo dell'ex premier Tony Abbott, infatti, ha stabilito che chiunque tenti di raggiungere il Paese via mare per chiedere asilo venga trasferito su una delle isole, Stati autonomi con cui sono in vigore degli accordi, e non possa vivere in Australia. Una politica duramente criticata dalle Nazioni Unite e da molte organizzazioni dei diritti umani.
La sentenza, che crea un precedente secondo il diritto anglosassone, è la risposta alla causa avviata dal Centro Legale per i diritti umani, che rappresenta una donna del Bangladesh sbarcata in Australia e poi confinata sull'isola di Nauru che ha denunciato un'assistenza sanitaria inadeguata e condizioni di vita pessime. I suoi avvocati hanno sostenuto che il governo non era autorizzato dalla legge a limitare la libertà dei richiedenti asilo e a sottoscrivere contratti con Paesi stranieri che acconsentono alla loro detenzione. La Corte ha però respinto queste motivazioni.
«Studieremo i dettagli prima di prendere una decisione sui passi legali da intraprendere per conto di queste persone molto vulnerabili», ha detto il legale della donna Daniel Webb, il quale ha rilevato che la sentenza non obbliga comunque il governo a rispedire il gruppo di migranti a Nauru. «È fondamentalmente immorale condannare queste persone a una vita da limbo su una piccolissima isola», ha aggiunto Webb. Ondata di critiche al governo anche da moltissime organizzazioni internazionali dei diritti umani, ma il governo conservatore tira dritto, forte dei risultati ottenuti nell'arginare gli sbarchi di profughi. Molti ricorderanno le polemiche sollevate quando nel 2013 l'Australia introdusse leggi durissime sull'immigrazione, seguita da una campagna mediatica in cui imperava un videomessaggio, in televisione e su internet, del generale Angus Campbell, comandante delle operazioni sulla sovranità dei confini. «No way! You will not make Australia home». Il messaggio era chiaro: chiunque arrivi nel Paese senza visto, non sarà accettato. «La legge si applica a tutti: famiglie, bambini, minori non accompagnati, non ci sono eccezioni».
Di fatto l'Australia ha adottato un vero e proprio piano militare per risolvere l'emergenza immigrazione. Le navi della Marina militare intercettavano i barconi dei profughi sul limite delle acque territoriali, prestavano soccorso fornendo acqua e cibo e poi li allontanavano dalle acque australiane. I risultati di quest'operazione denominata Sovereign Borders (Confini sovrani) parlano da soli: fino al 2013 sbarcavano illegalmente almeno 20mila immigrati all'anno, nel 2014 solo 147.
L'Australia, paese progredito, mito dei sogni dei giovani occidentali, rivela in queste situazioni la sua vera natura e come il suo progresso sia costruito sullo sfruttamento di tutti i suoi abitanti e sull'ignoranza dei loro diritti.
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