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venerdì 12 febbraio 2016

L'ex Presidente israeliano Peres: "eliminare le ragioni del terrorismo, non i terroristi"

Corriere della Sera
"È bene che arabi e israeliani capiscano di dover mettere fine alle guerre". "Non credo che in futuro Hamas esisterà". "Voi in Europa dovete combattere il terrorismo, ma non fatelo con i fucili. Non li sapete usare. Andate a uccidere le ragioni del terrore", è un consiglio che dà all'Italia e a suoi partner di Bruxelles Shimon Peres, israeliano che dopo aver attraversato con dinamismo persecuzioni, conflitti e speranze del secolo scorso esorta a spostare lo sguardo verso il futuro, a spingere in avanti la storia contemporanea.

Shimon Peres
Premio Nobel nel 1994 per una pace tra Israele e palestinesi che sembrava vicina e poi è sfuggita, nato 92 anni fa in un pezzo di Polonia diventato in seguito Bielorussia, presidente di Israele fino al 2014 dopo essere stato in gioventù militante della formazione paramilitare Haganah e poi ministro, premier e leader dei laburisti, Peres ha una mente agile e lucida.

Costruzione moderna - Di recente ha dovuto frequentare spesso cardiologi, il suo aspetto non ne dà mostra. Riceve nel palazzo della sua fondazione per la pace sulla spiaggia di Jaffa, Tel Aviv, progettato da Massimiliano Fuksas. Una costruzione moderna completata nel 2009 e oggi, all'esterno, resa opaca dalla salsedine come il processo di pace lo è stato dalla reazione chimica prodotta dal combinarsi del sanguinario integralismo islamico di Hamas sommato a una scarsa propensione ad accordi di una dura destra israeliana.
L'incontro dovrebbe servire per un'intervista collettiva con sei giornalisti italiani. Diventa per lunghi tratti un monologo. Seduto su una sedia nel suo studio affacciato sul mare, alle sue spalle una sottile vetrata rivolta verso il bianco delle tombe di un cimitero arabo e cristiano, Peres espone la visione del mondo di un anziano che ha fiducia nei giovani, di un laburista che ripone speranze nelle grandi aziende, di un israeliano orgoglioso di esserlo che considera superabili i contrasti con i palestinesi.
I negoziati - Ecco alcune delle sue tesi. "Ogni negoziato di pace - fa presente - non parte da una situazione di pace. L'errore compiuto spesso dalla gente è di credere che un processo di pace cominci come lieto fine. Parte invece da situazioni oscure. Certo oggi noi non abbiamo pace, ma un conflitto non è senza fine e molti nemici del passato sono diventati amici. 

È per esempio il caso dell'Egitto, il nostro più grande vicino, con il quale abbiamo un trattato di pace e che era passato nelle mani di uno che si riproponeva di attaccare Israele (l'ex presidente Mohammed Morsi, dei Fratelli musulmani, adesso in prigione, ndr). È il caso della Giordania. Ogni opzione crea un'opposizione e la pace richiede un processo creativo, occorre trovare una strada nuova per determinare soluzioni. Il Medio Oriente è in crisi, sono in corso guerre. È da tempo che in Medio Oriente la guerra è nei nostri pensieri, per difendere la propria terra, per estenderla e questo ha accentuato il nostro scetticismo e il nostro cinismo. Adesso però siamo anche in una nuova fase, la fase della scienza. L'umanità ha un'opzione: con la scienza puoi crescere senza armi, essere grande senza rendere piccoli altri".

La scienza - Peres continua, niente pause: "Non siamo entrati in pieno nella nuova fase come potremmo e dovremmo. Israele vive sulla scienza, non sul terreno. Altri non investono abbastanza nelle nuove tecnologie. Gli imperi, che per secoli sono stati cause di guerre, sono scomparsi. E noi? Traiamone le conseguenze. La democrazia di oggi si basa sul fatto che le persone possono essere diverse tra loro. I gruppi dirigenti delle maggiori società sono formati da persone di etnie e origini diverse. Certo, la scienza non ferma la violenza. Perché è neutra: può servire al terrorismo o al contrario. A mio avviso il problema non è come uccidere terroristi, ma come uccidere le ragioni del terrore. Se uccidi terroristi non mi pare che il terrore finisca". Parole che non escono dalla bocca di un uomo estraneo a scontri militari, abituato a un'esistenza naif. Tra 1974 e 1977 Peres fu ministro della Difesa. Nel 1996, dopo attacchi terroristici contro Israele, ritenne necessaria una campagna aerea, ossia bombe, su Centro e Sud del Libano. A preoccuparlo è un'insufficiente attenzione su come sradicare le cause del terrorismo.
I messaggi - Gli viene domandato perché il messaggio di fondamentalisti islamici che ammazzano attrae giovani. Risponde: "Perché chi fa il terrorista pensa: tu sei ricco, io povero, discriminato, non mi rispettano. Le guerre sono state artificiali, determinate dalle convenienze degli imperi. Adesso che gli imperi non ci sono più, in Siria siriani si combattono fra loro. Oggi la politica è in basso, la grande dimostrazione è in America. Quali storie hanno Donald Trump (repubblicano che punta a essere candidato presidente, conosciuto per posizioni estreme, ndr) e Bernie Sanders (aspirante candidato democratico del versante più a sinistra del partito, ndr)? Basano tutto sulla protesta. Da sola la protesta non risolve niente".
Il discorso vira su diversi elementi, da sviluppare o rimuovere, che Peres considera essenziali per mettere le vicende del mondo nella direzione conveniente: "Le compagnie globali non provano a governare, ma a vendere. E devono essere elette ogni giorno dagli acquirenti. In Medio Oriente ci sono 400 milioni di arabi, il 65%o sotto i 25 anni. Il 65 per cento degli studenti sono donne. Il problema è che dopo l'università non sanno dove andare. Noi in Israele incoraggiamo gli studenti a creare le proprie energie, i loro affari. Lo sforzo mondiale che dovrebbe essere compiuto da governi e aziende è entrare nella nuova era e lasciarsi alle spalle quella passata. Quelli che ho esposto sono sogni, sì. Allora la gente dice: devi imparare il passato perché altrimenti non puoi andare avanti. Follia. Non sarebbe meglio commettere errori nuovi? È bene che arabi e israeliani capiscano di dover mettere fine alle guerre".
Il dialogo - Viene domandato a Peres se per raggiungere la pace ritiene possibile discutere con Hamas. Risposta priva di esitazioni: "Non credo che in futuro Hamas esisterà. Hamas è protesta, e la protesta non porta a niente". Nel parlare di coloro che in Europa hanno paura dell'immigrazione, il saggio del progressismo israeliano muove obiezioni occidentali, più occidentali del vecchio continente: "L'America (nel senso di Stati Uniti, ndr) è la figlia dell'Europa. E ha creato una nuova America. Nata da proteste contro il governo delle religioni, ha consentito a ognuno di scegliere la sua. Perché la figlia ci è riuscita e la madre no?". Perché? "Perche l'America ha una storia piccola, poco più di 200 anni. Un bagaglio leggero. Lì non hanno avuto imperi. Di lingua ne hanno una. L'Europa 17, con migliaia di traduttori. Come fate? Siete matti? La madre è rimasta ancorata a vecchi errori. La storia si muove sempre, non si ripete. È un veicolo, va avanti. E dunque vai avanti".
La ghigliottina - Come? "Robespierre usava la ghigliottina, Bill Gates non la usa e le cose vanno avanti. Abbiamo perso molto tempo. Il passato dell'Europa sta mettendo a rischio il futuro dell'Europa". Presidente, lo sa che quanto si prefigge non è facile? Peres sorride, alla domanda ne oppone un'altra: "Qualcuno disse a Voltaire: "La vita è molto difficile". Rispose: "Paragonata con che cosa?"". Un modo per affermate: quale sarebbe la scelta alternativa se non perseverare negli stessi errori? Per dare l'idea quanto i cambiamenti siano possibili, il presidente emerito di Israele fa notare trasformazioni avvenute che sono innegabili, comunque le si giudichi: "Guardate che cosa è successo alle nazioni più povere del mondo, Cina e India. Ognuna ha avuto due rivoluzioni. In Cina la prima la fece Mao Zedong, ma in 40 anni il Paese è diventato la seconda economia del mondo. È venuto un signore, Deng, che ha detto: ok, tenete gli slogan, però provvedete al mercato". Guardare a Occidente e a Oriente, insomma, comunque non camminare all'indietro.

di Maurizio Caprara

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