Il caso di Giulio Regeni è l'ultimo di una serie di sparizioni di attivisti: oltre cinquecento solo l'anno scorso, centinaia di corpi mai trovati. La polizia archivia i casi, nega di aver compiuto fermi e lancia false piste "personali". Solo la mobilitazione di famiglie e amici a volte porta a rivelare la verità
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Sarebbero almeno 340, infatti, i casi di sparizione forzata tra ottobre e dicembre 2015 registrati dagli attivisti dell'ECFR, l'Egyptian Commission for Rights and Freedoms.
Tra aprile e inizio giugno dello scorso anno, ci sarebbero stati 163 desaparecidos. Solo 64 delle persone scomparse avevano fatto ritorno alle loro famiglie entro l'estate. In due casi, invece, erano stati ritrovati i loro cadaveri.
"Negli ultimi cinque anni abbiamo sempre registrato un alto numero di persone scomparse, indipendentemente da chi fosse al governo. E' successo sotto il governo provvisorio del Consiglio Supremo delle Forze Armate, durante la presidenza Morsi e dopo la rimozione dei Fratelli Musulmani dal Governo," spiega Khaled AbdelHamid, portavoce della campagna in sostegno dei prigionieri politici "Freedom for the Brave". "Durante la rivoluzione sono scomparse migliaia di persone. Molte di loro non hanno mai fatto ritorno a casa, in centinaia di casi i corpi non sono mai stati ritrovati."
"Per anni, le persone protestavano in strada e scomparivano. Ma ora, sotto il regime Sisi, parliamo di civili che vengono rapiti nelle proprie abitazioni o mentre stanno andando a prendere un caffè con gli amici," spiega AbdelHamid.
La dinamica, purtroppo, è ormai tristemente nota agli attivisti egiziani. Quando la famiglia o gli amici riportano una scomparsa alla polizia, quest'ultima archivia il caso velocemente, negando che la persona scomparsa sia in loro custodia.
E' il network di detenuti politici e attivisti che, allora, si mobilita con un tam-tam di messaggi che rimbalzano tra i telefoni trafugati di nascosto nelle varie prigioni, strutture di detenzione della State Security e stazioni di polizia, nel tentativo di rintracciare il prima possibile la persona scomparsa.
Solo di fronte alla rivelazione che il desaparecido si trovi in realtà sotto detenzione, la polizia ammette l'arresto.
E' questo il caso di Ezraa, scomparsa la sera del 1 giugno 2015 dopo essere andata a cena con due suoi amici. Scomparsa, svanita nel nulla. Aveva 23 anni. La polizia, informata dalla sorella Duaa, aveva negato di averla arrestata e aveva detto alla famiglia di tornare dopo una settimana. "Siete sicuri che non sia scappata con il fidanzato?" avrebbero detto i poliziotti.
"Sapevamo che era successo qualcosa a Ezraa, ma era impossibile che fosse semplicemente scappata via", spiega Duaa. Impossibile, anche perché Ezraa aveva da poco ricominciato a camminare, sebbene a fatica, dopo essere stata paralizzata a letto per cinque mesi.
Il 25 gennaio 2014, durante le manifestazioni per il terzo anniversario della Rivoluzione, un proiettile della polizia ha colpito Ezraa ad una gamba e delle schegge hanno danneggiato la sua spina dorsale. Dopo 11 mesi tra letto e sedia a rotelle, aveva da poco ricominciato a camminare con un bastone. Subito dopo lo scoppio della Rivoluzione egiziana, Ezraa aveva indirizzato la sua passione per la fotografia, praticando fotogiornalismo. "Aveva partecipato alla rivoluzione per chiedere libertà e giustizia sociale, ma era una fotografa, non un'attivista." spiega Duaa.
Difficile per la famiglia, dunque, credere che Ezraa fosse scappata o scomparsa nel nulla. Difficile, però, anche capire per quale motivo potesse essere stata rapita visto che non partecipava alla vita politica o a delle manifestazioni da mesi. Ma le sparizioni forzate, purtroppo, colpiscono secondo una logica spesso difficile da afferrare.
La polizia ha continuato a negare di averla in custodia finché qualcuno non ha riconosciuto Ezraa nella prigione femminile di Al Qanater. Solo dopo qualche giorno l'arresto è stato finalmente ufficializzato ed Ezraa è stata posta sotto detenzione amministrativa, da rinnovare ogni 45 giorni. In attesa di un processo e senza accuse formali, la giovane ha trascorso sette mesi in carcere finché non è stata rilasciata a dicembre per motivi di salute. Nella penultima udienza per il rinnovo della sua detenzione, era scoppiata in lacrime implorando il giudice di rilasciarla. Senza cure mediche e fisioterapia, infatti, Ezraa avrebbe perso l'abilità di camminare per sempre.
In alcuni casi, le persone scomparse vengono ritrovate in una stazione dei treni in qualche villaggio sperduto del Delta del Nilo o, peggio, nel deserto. Ritornano alle proprie famiglie senza offrire spiegazioni sulla loro scomparsa.
Altre volte, invece, riappaiono nei tribunali speciali o di fronte al procuratore con i documenti dell'arresto postdatati rispetto alla loro scomparsa.
L'ultima volta che Hanan ha visto suo marito Khaled, è stato in televisione. Khaled era disteso su un lettino di un ospedale da campo nella diretta televisiva di Al Jazeera. Si trovava al sit-in dei Fratelli Musulmani a Rabaa al-Adawiya il 26 luglio 2013, quando le forze di sicurezza egiziane guidate dall'attuale presidente Sisi, manifestanti anti-Morsi e Islamisti si sono scontrati. Le vittime quella notte sono state almeno 60. Il 14 agosto 2013, quando Sisi ha ordinato lo sgombero del sit-in, i morti sarebbero stati più di 600, secondo Human Rights Watch.
Recatasi al sit-in per cercare il marito, un amico ha detto ad Hanan che Khaled era stato trasferito in ambulanza al più vicino ospedale. Ma là, secondo medici e personale di sicurezza, Khaled non è mai arrivato. Dopo mesi di dinieghi e ricerche, un altro prigioniero politico ha riconosciuto Khaled in una foto che Hanan portava a tutti i processi a cui aveva iniziato a partecipare assiduamente. Il prigioniero ha confidato ad Hanan di aver visto il marito nella prigione segreta di El Azouli. Le autorità egiziane continuano a negare che Khaled sia sotto detenzione e Hanan, a due anni e mezzo di distanza, continua a cercarlo.
Il problema, però, è che abbandonare ogni attività politica non sembra bastare e a scomparire non sono solamente gli attivisti, ma anche persone comuni.
"Abbiamo preso diverse misure per assicurarci che gli attivisti non abbiano lo spazio per respirare," avrebbe rivelato una fonte della Sicurezza Nazionale egiziana alla Reuters alla vigilia dell'anniversario della rivoluzione, il 25 gennaio 2016. "Punti di ritrovo, caffè e bar sono stati chiusi. Alcuni attivisti sono stati arrestati per spaventare gli altri."
Tra aprile e inizio giugno dello scorso anno, ci sarebbero stati 163 desaparecidos. Solo 64 delle persone scomparse avevano fatto ritorno alle loro famiglie entro l'estate. In due casi, invece, erano stati ritrovati i loro cadaveri.
"Negli ultimi cinque anni abbiamo sempre registrato un alto numero di persone scomparse, indipendentemente da chi fosse al governo. E' successo sotto il governo provvisorio del Consiglio Supremo delle Forze Armate, durante la presidenza Morsi e dopo la rimozione dei Fratelli Musulmani dal Governo," spiega Khaled AbdelHamid, portavoce della campagna in sostegno dei prigionieri politici "Freedom for the Brave". "Durante la rivoluzione sono scomparse migliaia di persone. Molte di loro non hanno mai fatto ritorno a casa, in centinaia di casi i corpi non sono mai stati ritrovati."
"Per anni, le persone protestavano in strada e scomparivano. Ma ora, sotto il regime Sisi, parliamo di civili che vengono rapiti nelle proprie abitazioni o mentre stanno andando a prendere un caffè con gli amici," spiega AbdelHamid.
La dinamica, purtroppo, è ormai tristemente nota agli attivisti egiziani. Quando la famiglia o gli amici riportano una scomparsa alla polizia, quest'ultima archivia il caso velocemente, negando che la persona scomparsa sia in loro custodia.
E' il network di detenuti politici e attivisti che, allora, si mobilita con un tam-tam di messaggi che rimbalzano tra i telefoni trafugati di nascosto nelle varie prigioni, strutture di detenzione della State Security e stazioni di polizia, nel tentativo di rintracciare il prima possibile la persona scomparsa.
Solo di fronte alla rivelazione che il desaparecido si trovi in realtà sotto detenzione, la polizia ammette l'arresto.
E' questo il caso di Ezraa, scomparsa la sera del 1 giugno 2015 dopo essere andata a cena con due suoi amici. Scomparsa, svanita nel nulla. Aveva 23 anni. La polizia, informata dalla sorella Duaa, aveva negato di averla arrestata e aveva detto alla famiglia di tornare dopo una settimana. "Siete sicuri che non sia scappata con il fidanzato?" avrebbero detto i poliziotti.
"Sapevamo che era successo qualcosa a Ezraa, ma era impossibile che fosse semplicemente scappata via", spiega Duaa. Impossibile, anche perché Ezraa aveva da poco ricominciato a camminare, sebbene a fatica, dopo essere stata paralizzata a letto per cinque mesi.
Il 25 gennaio 2014, durante le manifestazioni per il terzo anniversario della Rivoluzione, un proiettile della polizia ha colpito Ezraa ad una gamba e delle schegge hanno danneggiato la sua spina dorsale. Dopo 11 mesi tra letto e sedia a rotelle, aveva da poco ricominciato a camminare con un bastone. Subito dopo lo scoppio della Rivoluzione egiziana, Ezraa aveva indirizzato la sua passione per la fotografia, praticando fotogiornalismo. "Aveva partecipato alla rivoluzione per chiedere libertà e giustizia sociale, ma era una fotografa, non un'attivista." spiega Duaa.
Difficile per la famiglia, dunque, credere che Ezraa fosse scappata o scomparsa nel nulla. Difficile, però, anche capire per quale motivo potesse essere stata rapita visto che non partecipava alla vita politica o a delle manifestazioni da mesi. Ma le sparizioni forzate, purtroppo, colpiscono secondo una logica spesso difficile da afferrare.
La polizia ha continuato a negare di averla in custodia finché qualcuno non ha riconosciuto Ezraa nella prigione femminile di Al Qanater. Solo dopo qualche giorno l'arresto è stato finalmente ufficializzato ed Ezraa è stata posta sotto detenzione amministrativa, da rinnovare ogni 45 giorni. In attesa di un processo e senza accuse formali, la giovane ha trascorso sette mesi in carcere finché non è stata rilasciata a dicembre per motivi di salute. Nella penultima udienza per il rinnovo della sua detenzione, era scoppiata in lacrime implorando il giudice di rilasciarla. Senza cure mediche e fisioterapia, infatti, Ezraa avrebbe perso l'abilità di camminare per sempre.
In alcuni casi, le persone scomparse vengono ritrovate in una stazione dei treni in qualche villaggio sperduto del Delta del Nilo o, peggio, nel deserto. Ritornano alle proprie famiglie senza offrire spiegazioni sulla loro scomparsa.
Altre volte, invece, riappaiono nei tribunali speciali o di fronte al procuratore con i documenti dell'arresto postdatati rispetto alla loro scomparsa.
L'ultima volta che Hanan ha visto suo marito Khaled, è stato in televisione. Khaled era disteso su un lettino di un ospedale da campo nella diretta televisiva di Al Jazeera. Si trovava al sit-in dei Fratelli Musulmani a Rabaa al-Adawiya il 26 luglio 2013, quando le forze di sicurezza egiziane guidate dall'attuale presidente Sisi, manifestanti anti-Morsi e Islamisti si sono scontrati. Le vittime quella notte sono state almeno 60. Il 14 agosto 2013, quando Sisi ha ordinato lo sgombero del sit-in, i morti sarebbero stati più di 600, secondo Human Rights Watch.
Recatasi al sit-in per cercare il marito, un amico ha detto ad Hanan che Khaled era stato trasferito in ambulanza al più vicino ospedale. Ma là, secondo medici e personale di sicurezza, Khaled non è mai arrivato. Dopo mesi di dinieghi e ricerche, un altro prigioniero politico ha riconosciuto Khaled in una foto che Hanan portava a tutti i processi a cui aveva iniziato a partecipare assiduamente. Il prigioniero ha confidato ad Hanan di aver visto il marito nella prigione segreta di El Azouli. Le autorità egiziane continuano a negare che Khaled sia sotto detenzione e Hanan, a due anni e mezzo di distanza, continua a cercarlo.
Il problema, però, è che abbandonare ogni attività politica non sembra bastare e a scomparire non sono solamente gli attivisti, ma anche persone comuni.
"Abbiamo preso diverse misure per assicurarci che gli attivisti non abbiano lo spazio per respirare," avrebbe rivelato una fonte della Sicurezza Nazionale egiziana alla Reuters alla vigilia dell'anniversario della rivoluzione, il 25 gennaio 2016. "Punti di ritrovo, caffè e bar sono stati chiusi. Alcuni attivisti sono stati arrestati per spaventare gli altri."
Alessandro Accorsi
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