Zuppi spiazza tutti. Imbarazzo Merola, che dice: «Sono favorevole, ma ne parliamo dopo il voto»
Bologna - «Sono favorevole a una moschea a Bologna». L’arcivescovo Matteo Maria Zuppi spinge per un grande luogo di culto musulmano in città. E le sue parole spiazzano tutti, dal sindaco Virginio Merola al coordinatore della comunità islamica bolognese Yassine Lafram. Ma l’imprevedibilità di Zuppi ha ormai abituato tutti, tanto che l’arcivescovo va oltre, rilanciando anche qui la richiesta dell’arcivescovo di Milano Angelo Scola: «Mi auguro che alcune feste islamiche siano accolte nelle scuole. Perché, come dice sempre papa Francesco, bisogna costruire dei ponti tra le diverse culture».
Luoghi di culto - Uno di questi ponti passa proprio dai luoghi di culto. Bologna ne conta al momento 13, «ma spesso sono capannoni, fabbricati, magazzini, luoghi non molto dignitosi», si lamenta Lafram. Nel «futuro prossimo» la comunità islamica ha il bisogno di riproporre la questione di un’unica moschea che riunisca tutti i musulmani bolognesi.
Ma non ora, la campagna elettorale rischierebbe di «dare pane da mordere a certi candidati », per usare le parole di Lafram che rimanda la discussione a dopo il voto. Solo allora la Comunità islamica bolognese proverà a capire «se ci sono le condizioni, perché da parte nostra non c’è alcuna pretesa». Insomma, Lafram non ha intenzione di farsi risucchiare dal vortice politico e quindi preferisce frenare.
Chi accelera invece è l’arcivescovo che nella sua Roma ha visto sorgere la prima moschea negli 70. «Sono favorevole a una moschea anche qui», spiega a margine di un convegno in Cappella Farnese dove si discute proprio dei musulmani bolognesi. «Non deve spaventare l’idea che ci sia, anzi, parlando dal punto di vista della sicurezza dovrebbe far paura il contrario», aggiunge. E nemmeno vanno ascoltati certi allarmi, avverte Zuppi, «perché chi dice di volere più sicurezza in realtà crea solo più problemi, costruisce muri». È giusto quindi, conclude, «permettere a tutti i credenti di avere un luogo per pregare».
La reazione del rettore - Anche il rettore Francesco Ubertini si dice favorevole: «L’università è il luogo del dialogo e dell’integrazione. E credo che anche Bologna sia pronta a una moschea». Ma le parole nete di Zuppi colgono in contropiede Merola. Non che il sindaco abbia qualcosa da ridire sul merito della questione. Ma, certo, avrebbe preferito parlarne in un altro momento, con calma dopo il voto. D’altronde il tema è delicato e in passato si è rivelato spinoso per le forze politiche che, dal Pd in giù, si sono mostrate divise.
La reazione del rettore - Anche il rettore Francesco Ubertini si dice favorevole: «L’università è il luogo del dialogo e dell’integrazione. E credo che anche Bologna sia pronta a una moschea». Ma le parole nete di Zuppi colgono in contropiede Merola. Non che il sindaco abbia qualcosa da ridire sul merito della questione. Ma, certo, avrebbe preferito parlarne in un altro momento, con calma dopo il voto. D’altronde il tema è delicato e in passato si è rivelato spinoso per le forze politiche che, dal Pd in giù, si sono mostrate divise.
La discussione sulla moschea potrebbe portare via voti. «Don Matteo ha ragione, anche se a Bologna la Comunità islamica non vorrebbe aprire una moschea ma partire dai contenuti — distingue allora il sindaco —. Si tratta comunque di un orizzonte che è nelle cose. Non trasformiamolo però in un tema da campagna elettorale. Così come accaduto nelle altri città, anche qui ci sono le basi per risolverlo».
Cauta anche l’assessore al welfare Amelia Frascaroli che non vuole bruciare le tappe e punta tutto «sul grande dialogo in corso tra noi e la Comunità islamica». Cauto pure Lafram, che vuole fare un passo alla volta. Senza commettere errori, ora che ha trovato in Zuppi un prezioso alleato. «Stiamo preparando il terreno per far sì che a un certo punto la moschea sia una richiesta di tutta la città — è il suo ragionamento —. Anche se a noi conviene avere un luogo di culto alla luce del sole, riconoscibile e non in periferia. Di cattedrali nel deserto non ne abbiamo alcun bisogno».
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