L'Ue lavora ad un piano che prevede "misure drastiche", con "centri temporanei di raccolta per profughi e migranti" in Libia, ipotizzando anche "aree di carcerazione", per fermare i flussi nel periodo estivo, sulla rotta del Mediterraneo centrale.
Migranti sulle coste libiche |
Lo scrive Der Spiegel on-line, sulla base di un documento riservato di 17 pagine, elaborato dal Servizio europeo di azione esterna (Seae), dipartimento che sostiene l'attività dell'Alto rappresentante, Federica Mogherini.
Ma un portavoce Ue sottolinea: nel "lavoro preparatorio" che stiamo facendo per sostenere il governo libico "nel management delle frontiere, nella lotta alla migrazione irregolare ed ai trafficanti", "l'obiettivo principale" è che "la gestione di migranti e profughi in Libia" rispetti "i più alti standard dei diritti umani e delle leggi internazionali".
Nel documento del Seae - ricostruisce lo Spiegel - si traccia lo schema di un accordo col nuovo governo di unità nazionale libico. E in particolare, sui centri raccolta ed i campi di detenzione, gli esperti Ue evidenziano la necessità di trattare con dignità e rispetto dei diritti umani i migranti. Sul piano operativo si prospettano aiuti nella formazione di una guardia costiera e di una marina libica attraverso il supporto della missione Ue Sofia e nella costruzione delle infrastrutture di polizia e giustizia.
Ma i problemi sono tanti. Gli esperti Ue affrontano la piaga del traffico di migranti, ritenendo che non ci sia da aspettarsi una rapida fine del business, "ancora estremamente remunerativo a fronte di bassi rischi" e individuano il pericolo per la sicurezza in Libia causato "dalla crescente influenza dell'attività dell'Isis e di altri gruppi terroristici".
Intanto alla dg Interni della Commissione Ue si sta finendo di mettere a punto la proposta legislativa per riformare il regolamento di Dublino. L'iniziativa sarà presentata - salvo sorprese dell'ultim'ora - mercoledì, assieme alla valutazione decisiva sulla liberalizzazione dei visti per la Turchia, uno dei punti centrali su cui si regge l'accordo tra i 28 e Ankara, per la riduzione dei flussi sulla rotta dei Balcani occidentali.
Dato che dalle discussioni con i 28 è emerso che a sostenere la proposta più ambiziosa di una gestione europea dei flussi di richiedenti asilo erano solo Italia, Germania, Svezia, Cipro, Malta e Grecia, la Commissione ha lavorato sullo scenario "1 plus", vale a dire: la responsabilità dell'asilo resta al Paese di primo ingresso, ma oltre un certo numero di arrivi, viene alleggerito da un meccanismo obbligatorio di ridistribuzione tra i Paesi Ue.
Dello schema di ricollocamenti dovrebbero entrare a far parte richiedenti asilo di varie nazionalità, oltre agli attuali siriani ed eritrei. Le percentuali per Paese saranno determinate da una chiave di ripartizione sulla base di alcuni parametri, ma diversi dai criteri usati per ricollocare da Italia e Grecia. Anche su questa proposta comunque, la strada della riforma appare in salita. I più scettici restano Ungheria e Slovacchia. Mentre Spagna, Francia, Lussemburgo, Estonia, Lettonia, Romania, Lituania, Repubblica Ceca, Gran Bretagna e Danimarca sono disponibili a lavorare, ma col freno a mano tirato.
di Patrizia Antonini
di Patrizia Antonini
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