di Paolo Ciani
Meno di una settimana fa, l'8 aprile, cadeva la giornata internazionale dei Rom, il "Romanò Dives". Ma più che parlare della realtà e dei problemi di questo "popolo di bambini" (il 50 per cento in Italia ha meno di 18 anni) ancora poco sconosciuto e discriminato, già si ricomincia a sfruttare le loro condizioni di vita a fini politici.
La Comunità di Sant'Egidio lancia un appello, prima che parta la campagna elettorale per le amministrative: una moratoria, un passo indietro doveroso per porre argine a chi troppe volte ha sfruttato l'argomento per lucrare voti.
Troppo spesso la politica ha affrontato e utilizzato la "questione Rom" con toni spesso violenti e denigratori che fomentano gli istinti peggiori della cittadinanza mettendo a rischio l'equilibrio, spesso precario, della convivenza nelle nostre periferie e comunque stigmatizzano un intero popolo dietro a pregiudizi, luoghi comuni e responsabilità individuali. Anche se le recenti inchieste (vedi Mafia Capitale) hanno dimostrato come tanti approfittando del clima sull'argomento e sull'approccio esclusivamente emergenziale hanno sfruttato la loro precarietà anche economicamente, i Rom, gli "zingari" restano merce utile in tempi di scarse idee e proposte.
Bisogna invece affrontare i problemi veri dei Rom. Ad esempio quello di uno dei "campi rom" istituzionali (cioè autorizzati) più grandi d'Italia: Castel Romano. Sulla Via Pontina, a una decina di chilometri dal Grande Raccordo Anulare, abitano circa 1000 persone di cui quasi la metà bambini in età scolare. Castel Romano è una cartina di tornasole di come, per anni, è stato affrontato nella Capitale "il problema rom": sgomberi, allontanamento dal centro abitato, concentrazione di vari gruppi in grossi campi monoetnici - in periferia se non del tutto fuori città -, pochi servizi e pochissima scuola per i bambini. Una follia. La scolarizzazione di qualità infatti (cioè non solo l'iscrizione, ma la corretta frequenza e il corretto apprendimento) resta la sola, vera, chiave per l'integrazione (che non è assimilazione, né esclusione).
Il livello di scolarizzazione dei rom resta ancora troppo basso. Tra le varie cause della scarsa frequenza (non l'unica, ma da qualche parte bisogna pur cominciare), la difficoltà di accertamenti sulla salute, per poter essere ammessi - o riammessi - alla frequenza scolastica.
Bisogna invece affrontare i problemi veri dei Rom. Ad esempio quello di uno dei "campi rom" istituzionali (cioè autorizzati) più grandi d'Italia: Castel Romano. Sulla Via Pontina, a una decina di chilometri dal Grande Raccordo Anulare, abitano circa 1000 persone di cui quasi la metà bambini in età scolare. Castel Romano è una cartina di tornasole di come, per anni, è stato affrontato nella Capitale "il problema rom": sgomberi, allontanamento dal centro abitato, concentrazione di vari gruppi in grossi campi monoetnici - in periferia se non del tutto fuori città -, pochi servizi e pochissima scuola per i bambini. Una follia. La scolarizzazione di qualità infatti (cioè non solo l'iscrizione, ma la corretta frequenza e il corretto apprendimento) resta la sola, vera, chiave per l'integrazione (che non è assimilazione, né esclusione).
Il livello di scolarizzazione dei rom resta ancora troppo basso. Tra le varie cause della scarsa frequenza (non l'unica, ma da qualche parte bisogna pur cominciare), la difficoltà di accertamenti sulla salute, per poter essere ammessi - o riammessi - alla frequenza scolastica.
Sant'Egidio, da circa un mese, ha portato con un camper un gruppo di medici a Castel Romano. Hanno potuto fare le opportune verifiche e rilasciare i certificati ai bambini che avevano i requisiti per andare a scuola. E da allora, alla fermata del bus che porta a scuola, i bambini sono saliti entusiasti: zaino in spalla, in una mano il certificato e nell'altra la merenda. Alcuni piccoli rom, al ritorno a scuola dopo settimane e mesi, sono stati accolti dagli applausi. A Kedj, 6 anni, al suo primo giorno di scuola (a marzo inoltrato, ma non importa) i compagni hanno mostrato un cartellone dove c'era anche il suo nome e gli hanno detto che lo stavano aspettando. Quindi è possibile. Certo, è un inizio. Non esistono mai soluzioni semplici a problemi complessi. E questa non è l'unica difficoltà da superare. Ma un primo passo - non da poco - è stato fatto. Perché il diritto allo studio è un diritto di tutti.
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