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domenica 22 maggio 2016

Marazziti «Ora un’amnistia in nome di Marco, invece di fare solo una celebrazione postuma»

Il Dubbio
«Invece di fare solo una celebrazione postuma e per certi aspetti surreale, chiediamo una tregua contro il giustizialismo»

«Visto che quasi tutte le forze politiche manifestano oggi grande apprezzamento dell’operato di Marco Pannella, il modo più serio per ricordarlo è una stabilire una tregua parlamentare per convergere su un provvedimento di amnistia. Invece di fare solo una celebrazione postuma e per certi aspetti surreale, chiediamo una tregua in nome di Marco».


Mario Marazziti, presidente della commissione Affari Sociali della Camera, in quota Democrazia solidale, chiede a tutte le forze politiche di passare dalle parole di cordoglio ai fatti per onorare il leader radicale appena scomparso.

Onorevole Marazziti, perché secondo lei l’amnistia sarebbe il modo migliore di ricordare Pannella?
Perché è una battaglia che ho condiviso personalmente con Marco. Il sistema carcerario italiano viene da un periodo di grande illegalità, sanzionato in Europa. In questa legislatura abbiamo provato a sanare la situazione con una serie di provvedimenti che hanno abbassato il tasso di sovraffollamento e rimesso in circolazione risorse ed energie. All’inizio, anche a causa della crisi economica, non eravamo più in grado nemmeno di sostenere i costi per accompagnare i detenuti a farsi curare fuori dal carcere. Scendere da 67 mila detenuti a un po’ più di 50 mila significa che le stesse risorse possono essere in parte destinate per i percorsi di riabilitazione. E Con il ricorso alle misure alternative, la recidiva è molto più bassa.

Per che tipi di reato propone l’amnistia?
Per quelli che prevedono una pena inferiore a 4 anni e in generale per reati non socialmente pericolosi.

Per un provvedimento del genere serve una maggioranza molto ampia. Crede che sarà mai possibile trovare una convergenza in Parlamento su questi temi?
Una volta chiarito che la sicurezza non è in questione, perché non verrebbe liberato nessun mafioso, e perché alcuni reati corruttivi contro la cosa pubblica potrebbero rimanere esclusi dall’amnistia, credo che a questo punto anche il mondo giustizialista potrebbe aderire a questa richiesta. Prima era quasi una prassi concedere l’amnistia in occasione dell’elezione di un Presidente della Repubblica. Questo percorso si è interrotto con mani pulite.

Lei però ha chiesto anche di riaprire una discussione sull’ergastolo ostativo, cioè la condanna legata a reati associativi per cui non è previsto l’accesso al sistema dei benefici. Non le sembra una proposta un po’ troppo audace?
No. Da due anni ho presentato un disegno di legge per rivedere l’ergastolo ostativo, per cancellare il “fine pena mai”. Spieghiamoci meglio. In Italia tutti sanno che c’è l’ergastolo, ma forse in pochi sanno che si tratta di una condanna che non supera mai i 30 anni di carcere, poi si accede a una serie di benefici. Per i reati associativi, invece, non è previsto alcuno sconto, a meno che non ci sia un percorso di collaborazione. Ecco, io non metto in discussione il fatto che debba esserci un carcere certo e anche duro per determinati reati, propongo la possibilità di studiare un riesame personalizzato durante l’esecuzione della pena. E propongo l’introduzione di tempi certi per tutti.

Cioè?
Pensiamo ai 1.200 detenuti che attualmente si trovano in una posizione di “fine pena mai”. Tra loro c’è sicuramente chi ha commesso reati - anche di mafia - da ragazzo, magari a 25 anni. Secondo me per loro la legge deve prevedere almeno una possibilità di riabilitazione. E poi pensiamo all’errore giudiziario, fosse anche solo l’un per mille. In quei casi il detenuto non può accedere ai benefici perché non collabora con la giustizia. Ma in realtà non può collaborare, perché innocente. Secondo me sarebbe bene, magari a metà della pena, riesaminare i casi singoli. Che non vuol dire cambiare una sentenza di condanna, ma ragionare sul tipo di esecuzione della pena. Che preveda una fine.


di Rocco Vazzana

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