Si è tenuto ieri a Nairobi un vertice tra la Ministra degli esteri keniana Amina Mohamed, il Ministro per la promozione della Somalia Abdusalam Hadliye Omer ed il rappresentante dell’UNHCR Filippo Grandi per una prima verifica sulle procedure di rimpatrio delle centinaia di migliaia di profughi somali da Dadaab, il più grande campo del mondo per rifugiati che sorge in Kenya, a circa 100 chilometri dal confine somalo.
Il campo profughi di Dadaab con 450 mila rifugiati somali |
L’iniziativa dello sgombero era stata annunciata all’inizio del maggio scorso dal Presidente Uhuru Kenyatta per motivi di sicurezza nazionale, affermandosi che proprio le infiltrazioni di membri di Al Shabab all’interno del campo erano state alla base degli attentati più sanguinari avvenuti negli ultimi anni in Kenya (senza, peraltro, offrirne le prove).
D’altra parte la stessa UNHCR, l’organizzazione dell’ONU per i rifugiati, già dal 2013, aveva avviato un programma per il rientro in Somalia degli ospiti di Dadaab su base volontaria ed in effetti, negli ultimi cinque anni, la popolazione dei rifugiati era diminuita di circa 100 mila unità, scendendo da 450 mila ai circa 350 mila di questi ultimi mesi.
In occasione dell’incontro di Nairobi la Ministra degli esteri Amina Mohammed ha riferito che già 16 mila somali sono rientrati in patria su base volontaria in base al programma concordato con le altre parti e che questo trend proseguirà anche grazie al sostegno di altri partner internazionali.
Alla base del progetto, che ha trovato attuazione da dieci giorni e che entro fine anno conta di ridurre la popolazione di Dadaab di altri 150 mila profughi, vi è la volontà di assicurare un ritorno volontario dignitoso e sostenibile per la Somalia.
Il Paese del Corno d’Africa, dal canto suo, si preoccupa della sicurezza dei rimpatri e di assegnare delle terre ai profughi che rientrano dovendo anche badare alla riduzione dei conflitti con le popolazioni residenti là dove i reinsediamenti devono avvenire, ma la Somalia è impegnata in questo sforzo a favore dei suoi cittadini perché, come ha detto il Ministro somalo Omer: “Venticinque anni sono un tempo lungo per vivere come un rifugiato”.
Dal canto suo l’UNHCR spinge affinché i progetti di recupero dei profughi e l’ampiezza dei servizi messi a disposizione vengano controllati dalle organizzazioni umanitarie coinvolgendo il maggior numero possibile di paesi donatori e di enti internazionali.
Tra questi ultimi è stato fatto esplicitamente in nome dell’IGAD, l’autorità intergovernativa per lo sviluppo del Corno d’Africa nata nel 1986, alla quale si chiede di facilitare la fornitura di aiuti internazionali allo sviluppo della Somalia e per sostenere, a livello regionale, il rientro dei rifugiati provenienti da Dadaab.
La riunione si è conclusa fissando un nuovo incontro della Commissione per il prossimo ottobre per fare il punto sui progressi che il rimpatrio volontario dei profughi somali avrà raggiunto in quell’epoca.
In occasione dell’incontro di Nairobi la Ministra degli esteri Amina Mohammed ha riferito che già 16 mila somali sono rientrati in patria su base volontaria in base al programma concordato con le altre parti e che questo trend proseguirà anche grazie al sostegno di altri partner internazionali.
Alla base del progetto, che ha trovato attuazione da dieci giorni e che entro fine anno conta di ridurre la popolazione di Dadaab di altri 150 mila profughi, vi è la volontà di assicurare un ritorno volontario dignitoso e sostenibile per la Somalia.
Il Paese del Corno d’Africa, dal canto suo, si preoccupa della sicurezza dei rimpatri e di assegnare delle terre ai profughi che rientrano dovendo anche badare alla riduzione dei conflitti con le popolazioni residenti là dove i reinsediamenti devono avvenire, ma la Somalia è impegnata in questo sforzo a favore dei suoi cittadini perché, come ha detto il Ministro somalo Omer: “Venticinque anni sono un tempo lungo per vivere come un rifugiato”.
Dal canto suo l’UNHCR spinge affinché i progetti di recupero dei profughi e l’ampiezza dei servizi messi a disposizione vengano controllati dalle organizzazioni umanitarie coinvolgendo il maggior numero possibile di paesi donatori e di enti internazionali.
Tra questi ultimi è stato fatto esplicitamente in nome dell’IGAD, l’autorità intergovernativa per lo sviluppo del Corno d’Africa nata nel 1986, alla quale si chiede di facilitare la fornitura di aiuti internazionali allo sviluppo della Somalia e per sostenere, a livello regionale, il rientro dei rifugiati provenienti da Dadaab.
La riunione si è conclusa fissando un nuovo incontro della Commissione per il prossimo ottobre per fare il punto sui progressi che il rimpatrio volontario dei profughi somali avrà raggiunto in quell’epoca.
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