Studi approfonditi del Censis hanno fatto risaltare come sono stati evitati accuratamente i disagi profondi presenti in altre città europee.
Ci ha pensato il Censis, Centro Studi Investimenti Sociali, è un istituto di ricerca socio-economica fondato nel 1964, a certificare che una parte di integrazione, una gran parte, a dire il vero, è diventata in Italia, realtà nel pieno rispetto di ogni esigenza, anzi fornendo anche un modello originale.
Tra coloro che mettono piede nella Penisola c’è grande differenza, ovviamente tra coloro che se ne vogliono andare in Germania e gli altri, che, invece, rimangono in Italia: la effervescenza di quest’ultimi è davvero dilagante, arrivando a costituire ben 450.000 imprese, che è il quattordici per cento del totale italiano. I settori di riferimento? Soprattutto due, il commercio, spesso ambulante, e l’edilizia, ed in questo caso sono in primis cittadini romeni ad operare ma integrati da altri, provenienti dall’Africa centrale.
I modelli iperbolici non sono reali ma propri di un centro studi come il Censis, che ha prefigurato come, in mancanza dei settecentomila lavoratori domestici stranieri, le badanti, il sistema del welfare sarebbe andato in tilt da un pezzo.
Perché, a parte qualche caso isolato, l’assistenza che svolgono è di livello molto alto e comunque adeguata alle necessità. Ma se è vero che vi sono lavori che gli italiani non vogliono più fare è altrettanto vero che il bilancio tra i pro ed i contro previdenziali lascia un saldo attivo a favore degli italiani, i quali possono avere ancora delle buone pensioni con i contributi pagati dagli immigrati.
Più contributi e più figli, cosa che in prospettiva può solo giovare alle casse dello Stato: il Censis ha calcolato che due milioni e mezzo di lavoratori sotto i trentacinque anni sono immigrati o loro figli. Così si sono mantenute le scuole, gli organici dei maestri e professori. Ma questi sono solo numeri. Il Censis invece parla del sistema di inclusione che ha definito “molecolare”, con una diffusione, che ha evitato accuratamente la creazione di ghetti come in Belgio, come in Francia, aspetto che ha limitato il disagio, sia italiano che degli immigrati.
E dire che sempre per il Censis, vi sono città come Piacenza che hanno il 18 per cento di immigrati o Prato quasi con la stessa cifra, come Milano o Brescia.
Tutto bene, allora? Non proprio perchè l’arrivo degli immigrati ha generato un abbassamento dei prezzi nel mondo della ristorazione insieme a quello delle badanti, mestieri tra i più ricercati dagli immigrati. Come dire, gli italiani non vogliono fare quei lavori perché sottopagati non perché non gli piacciono.
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