In Gambia è morto un altro oppositore del regime di Yahya Jammeh. Un dirigente del “United Democratic Party”(UDP), Ibrima Solo Krummah, è morto lo scorso fine settimana all’ospedale di Edward Francis Small a Banjul, la capitale della ex-colonia britannica. Krummah è stato arrestato lo scorso 9 maggio insieme ad una trentina di altri membri e simpatizzanti del partito, per aver partecipato a due manifestazioni non autorizzate a metà aprile.
Secondo alcune organizzazioni per i diritti umani, a Krummah, e ad altri prigionieri, non sarebbero state concesse le cure mediche necessarie negli ultimi mesi. Il dirigente dell’UDP sarebbe stato trasferito in ospedale per essere sottoposto ad un intervento chirurgico. E’ deceduto tra il 19 e il 20 agosto. I leader dell’UDP hanno chiesto che venisse effettuata l’autopsia per accertare le cause della morte.
Un portavoce dell’Alto commissariato per i diritti dell’uomo (HCDH), Cécile Pouilly, durante una conferenza stampa tenutasi a Ginevra all’inizio della settimana, ha condannato aspramente la morte di Krummah e ha chiesto alle autorità gambiane di aprire un’inchiesta sulla fine di Sandeng e Krummah e sul fatto che ad entrambi sia stata rifiutata l’assistenza medica in carcere.
Il 23 luglio l’HCDH aveva già espresso la sua grande preoccupazione per la condanna inflitta ai membri del principale partito d’opposizione.
Un altro dirigente dell’UDP, Solo Sandeng, è morto in circostanze misteriose subito dopo il suo arresto, il 14 aprile 2016. In seguito al suo decesso, sono scesi in piazza oppositori del regime di Banjul, tra loro il leader dell’UPD e avvocato per i diritti umani, Ousainou Darboe, per avere risposte concrete dal governo circa la morte del loro compagno di partito Sandeng. La manifestazione è stata repressa con la violenza dalle forze dell’ordine.
Poco più di un mese fa Darboe e altri diciotto suoi compagni sono stati condannati a tre anni di carcere per aver osato chiedere chiarimenti sulla morte dell’amico. Jammeh non tollera chi si oppone alla sua politica, ai suoi dictat.
Anche il Dipartimento di Stato americano ha espresso il suo disappunto circa il maltrattamento dei prigionieri, nonché sulle accuse di tortura che il governo gambiano riserva agli oppositori. La diplomazia americana ha chiesto un trattamento umano per tutti i detenuti e la liberazione immediata di tutti i prigionieri politici.
Già in passato Jammeh è stato fortemente criticato dagli Stati occidentali per non rispettare i diritti umani fondamentali e per aver emesso leggi draconiane contro gay e lesbiche. Per questo motivo nel giugno 2015 il Ministero degli esteri del Gambia ha dichiarato Agnès Guillaud, chargé d’affaires dell’Unione Europea nel Paese, persona non grata.
Verso la fine del 2014 il governo di Banjul ha anche impedito l’accesso al braccio della morte nelle putride galere a due ispettori dell’ONU, inviati per far luce su torture e omicidi arbitrari di detenuti. Dopo il fallito colpo di Stato del 30 dicembre 2014, la situazione è andata peggiorando. Molti presunti partecipanti al golpe e i loro familiari sono spariti, compresi figli minori e anziani genitori.
Jammeh è al potere da oltre vent’anni. Prima l’ha “conquistato” con un colpo di Stato nel 1994, poi è stato rieletto, grazie a “libere e democratiche elezioni”, chiaramente truccate. Solo pochi anni fa si è convertito all’islam, forse per ottenere più consensi, visto che la maggior parte della popolazione è musulmana.
A quanto pare tutto ciò interessa poco all’Italia. Infatti il 10 maggio scorso una delegazione italiana composta da funzionari della cooperazione e della polizia scientifica sono stati ricevuti dal ministro degli interni gambiano Ousman Sonko. L’Italia ha chiesto la collaborazione del governo di Banjul per il controllo dell’immigrazione clandestina. Il nostro Paese fornirà alla ex-colonia britannica supporto tecnico per l’identificazione automatica delle impronte digitali (AFIS , acronimo inglese per Automated Fingerprint Identification System). La collaborazione prevede anche l’addestramento di ufficiali gambiani nel Paese dell’Africa occidentale e in Italia per poter controllare al meglio i confini e scoraggiare i giovani ad intraprendere i pericolosi viaggi della speranza. Naturalmente uno dei punti chiave della discussione è stato il rimpatrio dei cittadini gambiani la cui richiesta d’asilo nel nostro Paese è stata respinta.
L’Italia ha predisposto l’invio di duecentocinquanta computer, altrettanti scanner e stampanti e altro materiale logistico-scientifico. Venti militari gambiani verranno addestrati in Italia.
Durante il meeting al Ministero degli interni a Banjul è stato firmato anche un protocollo d’intesa tra il Gambia e l’Italia per il controllo dei confini. Le trattative con il governo del piccolo Paese dell’Africa occidentale per contenere l’immigrazione clandestina e il controllo delle frontiere sono state intraprese alla fine dello scorso anno, quando una delegazione del governo gambiano si è recato nel nostro Paese.
Massimo A. Alberizzi
Un portavoce dell’Alto commissariato per i diritti dell’uomo (HCDH), Cécile Pouilly, durante una conferenza stampa tenutasi a Ginevra all’inizio della settimana, ha condannato aspramente la morte di Krummah e ha chiesto alle autorità gambiane di aprire un’inchiesta sulla fine di Sandeng e Krummah e sul fatto che ad entrambi sia stata rifiutata l’assistenza medica in carcere.
Il 23 luglio l’HCDH aveva già espresso la sua grande preoccupazione per la condanna inflitta ai membri del principale partito d’opposizione.
Un altro dirigente dell’UDP, Solo Sandeng, è morto in circostanze misteriose subito dopo il suo arresto, il 14 aprile 2016. In seguito al suo decesso, sono scesi in piazza oppositori del regime di Banjul, tra loro il leader dell’UPD e avvocato per i diritti umani, Ousainou Darboe, per avere risposte concrete dal governo circa la morte del loro compagno di partito Sandeng. La manifestazione è stata repressa con la violenza dalle forze dell’ordine.
Poco più di un mese fa Darboe e altri diciotto suoi compagni sono stati condannati a tre anni di carcere per aver osato chiedere chiarimenti sulla morte dell’amico. Jammeh non tollera chi si oppone alla sua politica, ai suoi dictat.
Anche il Dipartimento di Stato americano ha espresso il suo disappunto circa il maltrattamento dei prigionieri, nonché sulle accuse di tortura che il governo gambiano riserva agli oppositori. La diplomazia americana ha chiesto un trattamento umano per tutti i detenuti e la liberazione immediata di tutti i prigionieri politici.
Già in passato Jammeh è stato fortemente criticato dagli Stati occidentali per non rispettare i diritti umani fondamentali e per aver emesso leggi draconiane contro gay e lesbiche. Per questo motivo nel giugno 2015 il Ministero degli esteri del Gambia ha dichiarato Agnès Guillaud, chargé d’affaires dell’Unione Europea nel Paese, persona non grata.
Verso la fine del 2014 il governo di Banjul ha anche impedito l’accesso al braccio della morte nelle putride galere a due ispettori dell’ONU, inviati per far luce su torture e omicidi arbitrari di detenuti. Dopo il fallito colpo di Stato del 30 dicembre 2014, la situazione è andata peggiorando. Molti presunti partecipanti al golpe e i loro familiari sono spariti, compresi figli minori e anziani genitori.
Jammeh è al potere da oltre vent’anni. Prima l’ha “conquistato” con un colpo di Stato nel 1994, poi è stato rieletto, grazie a “libere e democratiche elezioni”, chiaramente truccate. Solo pochi anni fa si è convertito all’islam, forse per ottenere più consensi, visto che la maggior parte della popolazione è musulmana.
A quanto pare tutto ciò interessa poco all’Italia. Infatti il 10 maggio scorso una delegazione italiana composta da funzionari della cooperazione e della polizia scientifica sono stati ricevuti dal ministro degli interni gambiano Ousman Sonko. L’Italia ha chiesto la collaborazione del governo di Banjul per il controllo dell’immigrazione clandestina. Il nostro Paese fornirà alla ex-colonia britannica supporto tecnico per l’identificazione automatica delle impronte digitali (AFIS , acronimo inglese per Automated Fingerprint Identification System). La collaborazione prevede anche l’addestramento di ufficiali gambiani nel Paese dell’Africa occidentale e in Italia per poter controllare al meglio i confini e scoraggiare i giovani ad intraprendere i pericolosi viaggi della speranza. Naturalmente uno dei punti chiave della discussione è stato il rimpatrio dei cittadini gambiani la cui richiesta d’asilo nel nostro Paese è stata respinta.
L’Italia ha predisposto l’invio di duecentocinquanta computer, altrettanti scanner e stampanti e altro materiale logistico-scientifico. Venti militari gambiani verranno addestrati in Italia.
Durante il meeting al Ministero degli interni a Banjul è stato firmato anche un protocollo d’intesa tra il Gambia e l’Italia per il controllo dei confini. Le trattative con il governo del piccolo Paese dell’Africa occidentale per contenere l’immigrazione clandestina e il controllo delle frontiere sono state intraprese alla fine dello scorso anno, quando una delegazione del governo gambiano si è recato nel nostro Paese.
Massimo A. Alberizzi