di Luigi Accattoli
l parroco di Santa Maria in Trastevere: "L’importanza del gesto sta nel suo carattere pubblico. Non si tratta di parole venute da intellettuali isolati, ma da esponenti musulmani già attivi nel lavoro di bonifica dai germi della radicalizzazione."
L'islam a Roma è massima sfida, anche simbolica: «Prenderemo Roma» è uno dei gridi di battaglia dell’Isis. Ma la presenza in Roma dell’islam che prega può essere una risorsa, come si è visto domenica con l’accoglienza di delegazioni musulmane nelle chiese. A Roma pare che quell’accoglienza sia stata più ampia rispetto a ogni altra città italiana ed è bene che sia così, perché qui l’urgenza di porre segni di pace è maggiore.
Musulmani nelle chiese ci sono stati in tutta Italia: a Milano, Torino, Genova, Firenze, Napoli, Palermo, per indicare i luoghi più grandi. Ma anche in città medie e piccole, da Bergamo ad Agrigento, da Verona a Mazara del Vallo, da Trento ad Assisi, da Padova a Reggio Emilia, da Brescia a Venezia, da Novara a Frosinone.
Musulmani nelle chiese ci sono stati in tutta Italia: a Milano, Torino, Genova, Firenze, Napoli, Palermo, per indicare i luoghi più grandi. Ma anche in città medie e piccole, da Bergamo ad Agrigento, da Verona a Mazara del Vallo, da Trento ad Assisi, da Padova a Reggio Emilia, da Brescia a Venezia, da Novara a Frosinone.
Il vescovo di Frosinone, Ambrogio Spreafico, è presidente della Commissione Cei per il dialogo con le religioni e vede in quelle ospitalità «un ottimo segno sulla strada di una migliore conoscenza reciproca e di una convivenza che è ancora da costruire».
A Roma le chiese nelle quali c’è stata presenza musulmana sono state almeno quattro: Santa Croce in Gerusalemme, dov’erano presenti due imam; Santa Maria in Trastevere, con tre imam, alcuni professori e un gruppetto di giovani; Santa Maria ai Monti, con una coppia che è andata al microfono; la chiesa di Ostia affidata alla Comunità di Sant’Egidio, con una quindicina di ospiti.
«L’importanza del gesto – dice don Marco Gnavi, parroco di Santa Maria in Trastevere – sta nel suo carattere pubblico e popolare: non si tratta di parole e presenze venute da intellettuali isolati, ma da imam o altri esponenti musulmani che già sono attivi nel lavoro di bonifica delle loro comunità dai germi della radicalizzazione».
«L’importanza del gesto – dice don Marco Gnavi, parroco di Santa Maria in Trastevere – sta nel suo carattere pubblico e popolare: non si tratta di parole e presenze venute da intellettuali isolati, ma da imam o altri esponenti musulmani che già sono attivi nel lavoro di bonifica delle loro comunità dai germi della radicalizzazione».
A chi obietta segnalando il carattere «provocatorio» – sia per i musulmani sia per i cattolici – della presenza di esponenti di altre fedi a un atto di culto, il vescovo ausiliare di Roma Gianrico Ruzza, che domenica ha accolto gli imam nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, risponde che «ovviamente si tratta di una presenza da ospiti e non da oranti, motivata da una circostanza straordinaria che chiedeva un gesto straordinario».
In partenza per Cracovia e poi al ritorno, Papa Francesco ha affermato a tutto tondo che quella a cui stiamo assistendo «è una guerra ma non è una guerra di religione». Detto dal vescovo di Roma è molto, ma è ancora di più se a dirlo, insieme a lui e ospiti delle sue parrocchie, sono dei credenti musulmani.
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