Esiste una realtà carceraria in Brasile che punta tutto sulla riabilitazione e il reinserimento sociale del detenuto, partendo dall’assioma che la società diventa più sicura se chi ha commesso un delitto smette di essere un criminale. In Brasile, a partire dagli Anni ’70 si è andato affermando un modello detentivo che prende il nome dall’associazione che lo promuove: APAC – Associazione di protezione e assistenza ai condannati.
Nelle prigioni APAC non c’è polizia penitenziaria, non ci sono armi e i detenuti lavorano tutti. Il risultato è una bassissima percentuale di recidiva. A spiegarci bene di cosa si tratta è Jacopo Sabatiello, della ong internazionale Fondazione AVSI in Brasile partner di APAC.
Le APAC
Tutto ha origine dall’intuizione di un avvocato e giornalista dalle lontane origini italiane, Mario Ottoboni. E’ lui, impegnato nella pastorale carceraria, a dare il via negli Anni 70 al modello delle APAC, strutture carcerarie che non sono gestite dalla Stato ma da un’associazione del terzo settore, senza la presenza di armi o di guardie penitenziarie. Una prigione che è cogestita da un’associazione e dagli stessi detenuti.
Coinvolgimento della società
Cuore del metodo Apac è quello del coinvolgimento della società, condizione necessaria se si vuole utilizzare il periodo detentivo della pena, come un percorso di risocializzazione diretto a reintegrare i detenuti nella società. Altro punto forte di questo metodo è la partecipazione di volontari, che lavorano dentro queste strutture facendo assistenza in vari ambiti.
Le Apac sono carceri vere e proprie
C’è un sistema di dura disciplina che regola le giornate. I detenuti si svegliano all’alba. Alle 7.30 c’è quello che chiamano il primo atto di socializzazione, che è una preghiera comune. Poi c’è la colazione, le attività lavorative fino a pranzo, poi ancora lavoro fino alle cinque e dopo si comincia a studiare per i vari diplomi; dopo la cena un breve momento di ricreazione e si va a dormire. Nelle carceri tradizionali, invece, i detenuti sono costretti a oziare per tutta la giornata.
Successo nel recupero dei detenuti
Oggi in Brasile ci sono 50 di queste carceri, per un totale di circa 3mila detenuti. Si tratta di carceri piccole con un massimo di 200 persone proprio per favorire l’accompagnamento individuale di queste persone.
L’uomo è al centro
All’entrata di ogni Apac c’è una scritta che recita: qui entra l’uomo, il delitto resta fuori. Quindi una particolare attenzione all’essere umano e alla sua innata dignità. La recidiva nelle carceri tradizionali si stima sia fra il 70 – 80%. Nelle APAC la recidiva è intorno al 20% e il costo di mantenimento di queste strutture a carico dello Stato è molto basso.
A cura di Stefano Leszczynski
Le APAC
Tutto ha origine dall’intuizione di un avvocato e giornalista dalle lontane origini italiane, Mario Ottoboni. E’ lui, impegnato nella pastorale carceraria, a dare il via negli Anni 70 al modello delle APAC, strutture carcerarie che non sono gestite dalla Stato ma da un’associazione del terzo settore, senza la presenza di armi o di guardie penitenziarie. Una prigione che è cogestita da un’associazione e dagli stessi detenuti.
Coinvolgimento della società
Cuore del metodo Apac è quello del coinvolgimento della società, condizione necessaria se si vuole utilizzare il periodo detentivo della pena, come un percorso di risocializzazione diretto a reintegrare i detenuti nella società. Altro punto forte di questo metodo è la partecipazione di volontari, che lavorano dentro queste strutture facendo assistenza in vari ambiti.
Le Apac sono carceri vere e proprie
C’è un sistema di dura disciplina che regola le giornate. I detenuti si svegliano all’alba. Alle 7.30 c’è quello che chiamano il primo atto di socializzazione, che è una preghiera comune. Poi c’è la colazione, le attività lavorative fino a pranzo, poi ancora lavoro fino alle cinque e dopo si comincia a studiare per i vari diplomi; dopo la cena un breve momento di ricreazione e si va a dormire. Nelle carceri tradizionali, invece, i detenuti sono costretti a oziare per tutta la giornata.
Successo nel recupero dei detenuti
Oggi in Brasile ci sono 50 di queste carceri, per un totale di circa 3mila detenuti. Si tratta di carceri piccole con un massimo di 200 persone proprio per favorire l’accompagnamento individuale di queste persone.
L’uomo è al centro
All’entrata di ogni Apac c’è una scritta che recita: qui entra l’uomo, il delitto resta fuori. Quindi una particolare attenzione all’essere umano e alla sua innata dignità. La recidiva nelle carceri tradizionali si stima sia fra il 70 – 80%. Nelle APAC la recidiva è intorno al 20% e il costo di mantenimento di queste strutture a carico dello Stato è molto basso.
A cura di Stefano Leszczynski
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