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mercoledì 5 ottobre 2016

Filippine - La strage di Duterte: 3.330 persone uccise per la lotta ai narcos. Tra loro molti disperati e piccoli pusher

Corriere della Sera
Il neopresidente filippino ha fatto uccidere 3.300 persone sostenendo di star facendo la guerra al narcotraffico. Dietro alle sue parole volgari si nasconde una partita internazionale delicata. L'altro giorno si è paragonato a Hitler. "Hitler ha massacrato tre milioni di ebrei... Ci sono tre milioni di tossicodipendenti da noi, sarei felice di massacrarli". 


Di fronte alle proteste internazionali Rodrigo Duterte, l'uomo che dal 30 giugno è presidente delle Filippine, si è scusato solo per l'errore sul numero delle vittime dell'Olocausto, che furono sei milioni. La promessa di eliminare fisicamente spacciatori e tossicodipendenti resta e la sta mantenendo, anche perché piace ai suoi elettori. È in carica da meno di 100 giorni e sono già 3.300 gli uccisi nella sua guerra alla droga: caduti sotto i colpi della polizia e di vigilantes privati, organizzati in squadroni della morte. Sono risultati rivendicati con orgoglio.
Come sono agli atti le testimonianze in Parlamento a Manila di ufficiali di polizia e membri delle squadre speciali che per anni, fin da quando Duterte era sindaco di Davao nell'isola di Mindanao, hanno eseguito i suoi ordini di ripulire le strade dai "trafficanti di droga", definizione che nella sua interpretazione ha confini molto ampi. In campagna elettorale, questo ex avvocato di 71 anni, promise di far fuori tanti criminali che "i pesci diventeranno grassi" grazie ai resti umani sparsi nella baia di Manila.
Uno degli esecutori, Edgar Matobato, 57 anni, davanti al Senato ha raccontato di persone sequestrate, eliminate e date in pasto ai coccodrilli; di altre sventrate e buttate in mare. Dichiarazioni in parte corrette ma che cambiano la sostanza. Perché è il metodo adottato attorno al 1998 quando Matobato entrò nei "Lambada Boys" di Davao, gruppo per le liquidazioni extragiudiziali creato dal sindaco Duterte, nel quale sono in seguito confluiti dei poliziotti, tutti uniti dalla comune missione di cancellare i narcos. Un altro ufficiale ha raccontato al Guardian di aver partecipato in questi tre mesi a 87 "neutralizzazioni" (termine caro alla polizia speciale): "Noi siamo solo angeli ai quali Dio ha dato il talento di mandare in cielo le anime dei cattivi e di purificarle". Il suo presidente sostiene di voler salvare i tossicodipendenti "dalla perdizione" sterminando i criminali.
Nelle retate e negli omicidi mirati sono finiti quasi sempre dei disperati, dei piccoli pusher, mentre capibanda importanti e personaggi più noti del giro sono stati risparmiati. Ad alcuni è stato anche permesso di rifugiarsi all'estero. Una giustizia sommaria strabica, dunque. I portavoce del presidente hanno negato gli addebiti e respinto la versione di Matobato, definendolo un calunniatore manipolato dagli avversari politici del leader. Difesa d'ufficio indebolita da altre esternazioni di Duterte in persona: "Mi chiamate la Squadra della morte? Giusto, è la pura verità", ha enunciato, fiero della sua strategia e dei soprannomi, compreso quello di "Duterte Dirty Harry", come l'Ispettore Callaghan dei film violenti interpretati da Clint Eastwood armato di 44 Magnum.

di Guido Olimpio e Guido Santevecchi

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