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mercoledì 23 novembre 2016

Iran - Regista Keywan Karimi, 1 anno di carcere e 223 frustate e nessuno ne parla

Il Manifesto
Keywan Karimi, autore del documentario Writing on the City e di Drum, suo esordio nella finzione presentato nell'ambito della 31esima edizione della Settimana della Critica di Venezia, è rassegnato. Il suo calvario, fatto di convocazioni, interrogatori e minacce, trova la sua brutale conclusione nella conferma di un anno di prigione a causa del suo documentario che racconta la storia della repubblica islamica a partire dalla rivoluzione sino al secondo mandato di Ahmadinejad. 

Keywan Karimi
Accusato di oltraggio all'Islam e offesa allo Stato, Karimi si è visto prima condannato a sei anni di carcere, poi ridotti a uno, e a 223 frustate.

Più volte Karimi ha denunciato il suo sentirsi isolato dal mondo del cinema, non solo iraniano. E adesso il silenzio che circonda la sua condanna è ancora più insostenibile perché si associa inevitabilmente a un sentimento di impotenza e frustrazione. "Non ho paura di andare in prigione", spiegava al telefono. "Mi spaventano le frustate. Non so come potrò reagire. Sono molto spaventato. All'idea di vivere per un anno in prigione mi ci posso abituare, ma le frustate mi fanno paura. Non so che fare". 

L'assurdità di parlare con una persona, un artista, un creatore, un cineasta, un poeta, minacciato di carcere e frustate, è atroce. I limiti di un pensiero, occidentale e non solo, che di fronte a queste violazioni dei diritti fondamentali non può fare altro che restare impotente, è una delle molte contraddizioni della nostra "libertà". 

"Non capisco perché la gente non parla del mio caso", mi dice Karimi. "Per Panahi si sono mobilitati tutti. Io invece sono solo...". A questa domanda, legittima, di Karimi, si può rispondere parzialmente, anche se resta comunque inaccettabile, che il suo essere curdo pesa come un macigno sulla sua situazione e sul silenzio del resto del mondo.

"Sì, temo anche io che il mio essere curdo pesi molto nella mia situazione...". Ora, nell'incertezza di fonti ufficiali, e nell'impossibilità di raggiungere Keywan Karimi, per accertarsi della sua incolumità, non resta che aumentare ulteriormente la vigilanza democratica e tentare di sensibilizzare al massimo il mondo civile e culturale nei confronti della situazione di Keywan Karimi. Inquieta inoltre la coincidenza fra le date dell'arresto del regista e il festival del documentario che fra qualche settimana inizia a Tehran. Come a volere lanciare un monito a quanti, cineasti e artisti, in prossimità anche delle prossime elezioni, pensavano di far sentire la loro voce.
Chiudere gli occhi non è possibile. A meno che non sia voglia essere complici di questo crimine. Mi raccomando", chiede Keywan Karimi, "fai tutto quello che puoi per fare sapere della mia situazione. Ho bisogno di tutto l'aiuto possibile".

di Giona A. Nazzaro

1 commento:

  1. ... e come si può fare per rendere più visibile il caso di Keywan Karimi, quando, come lui afferma, per Panahi si sono mobilitati tutti???
    Forse con "Change org"???
    Si accettano proposte, mentre io resto disponibile...
    Grazie..

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