La Cei, la Comunità di Sant’Egidio, Migrantes, Caritas e governo italiano uniti per accogliere i rifugiati che vivono nei campi di raccolta del paese africano. E i corridoi umanitari diventano modello anche per altri Paesi
L’obiettivo, ambizioso, è quello di stabilire una via sicura e legale per far arrivare in Italia almeno 500 profughi provenienti dall’Africa. L’Etiopia è infatti il Paese africano che accoglie il maggior numero di rifugiati in fuga da conflitti, carestie, persecuzioni, catastrofi ambientali. Ci sono nel Paese africano quattro grandi campi profughi, e il progetto prevede di accogliere persone provenienti da tre nazionalità: eritrei, somali e (sud)sudanesi. D’altro canto si tratta di nazioni attraversate da situazioni particolarmente critiche; naturalmente al protocollo siglato con il governo italiano, seguirà poi una fase organizzativa complessa: dovranno essere stabiliti contatti e rapporti proficui con le autorità etiopiche, il governo le forze di sicurezza, e con l’Agenzia etiopica che gestisce tutti i campi profughi.
Un lavoro simile è stato svolto con il Libano - dove pure il quadro istituzionale interno non era semplice - ma certo la situazione in questo caso è, se possibile, ancora più complessa considerata la fragilità delle istituzioni e soprattutto la pressione esercitata dalle crisi umanitarie e dai conflitti in corso in tutta l’area sub-sahariana. Per questo contatti sono stati già presi con organizzazioni e personale che opera sul posto. Importante, in questo contesto, anche il ruolo assunto dalla Chiesa italiana, che parteciperà al progetto pure con un contributo economico importante attraverso risorse provenienti dall’otto per mille. Ancora va ricordato che proprio da Paesi come l’Eritrea e la Somalia, arriva gran parte dei migranti che sbarcano sulle cose del nostro Paese.
Si consolida poi l’esperienza dei corridoi umanitari con il Libano. Nei giorni scorsi infatti sono arrivati altri 100 profughi, per un totale di 500 persone da quando, nel dicembre scorso,è partita l’iniziativa. Ora è la volta dell’Etiopia mentre rimane ancora da completare il percorso che dovrebbe portare ad aprire un altro canale con il Marocco. Nel frattempo i corridoi umanitari stanno diventando un modello a livello internazionale: all’esperienza messa in campo in Italia guardano con interesse e attenzione le Nazioni Unite, il Parlamento europeo e altri Paesi. Non a caso un’iniziativa simile sta per essere presa in Francia, di nuovo con la Comunità di Sant’Egidio, la Caritas francese e le chiese evangeliche d’Oltralpe; anche in questo caso il Paese cui si guarda è il Libano dove per altro si concentra un numero enorme di rifugiati provenienti in particolare dalla Siria (circa un milione 400mila persone). Interessante inoltre, il fatto che, spiegano dalla Comunità di Sant’Egidio, «l’iniziativa sta raccogliendo consensi e partecipazione sempre più ampia Molte associazioni, parrocchie, realtà locali, vogliono aderire, anche single famiglie, segno che l’importanza dell’iniziativa è stata compresa».
D’altro canto la necessità di costruire canali umanitari legali per i flussi di profughi scongiurando le morti in mare e lo sfruttamento dei trafficanti d’uomini, era sentita da tempo. Obiettivo dell’iniziativa resta quindi quello di combattere la ’tratta’ di chi fugge dalle guerre di «concedere a persone in condizioni di vulnerabilità (oltre a quelle vittime di persecuzioni, torture e violenze, ci sono famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario e la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo»; In tal modo si consente ai profughi di entrare in Italia in modo sicuro per sé e per tutti, perché il rilascio dei visti umanitari prevede anche i necessari controlli da parte delle autorità italiane.
Francesco Peloso
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