Oltre 440mila firme. Sono quelle raccolte su change.org per Alì Mohammd Al Nimr, l'attivista sciita condannato a morte nel 2014 in Arabia Saudita con accuse che vanno dalla "partecipazione a manifestazioni antigovernative" alla rapina a mano armata. Arrestato nel 2012 a soli 17 anni, Ali rischia la decapitazione.
Lo zio, Nimr Baqr Nimr, era stato arrestato e giustiziato per accuse simili che pendono sul nipote, oggi quasi 22enne. Per il suo caso si sono mobilitate le principali organizzazioni per i diritti umani tra cui Amnesty International e la piattaforma per il lancio di campagne sociali change.org.
Proprio su change.org sono state raccolte oltre 440mila firme in un anno, ma non bastano.
"Nonostante la mobilitazione e l'interesse - dice Stefano Molini, che ha lanciato la petizione - numerosi esponenti del mondo della cultura, della politica e dello spettacolo e la grande attenzione dei media, Al-Nimr ad oggi è ancora nel braccio della morte e ogni giorno che passa si affievolisce sempre più la speranza che venga concessa la grazia". Alla storia del giovane Alì si aggiunge quanto denunciato nei giorni scorsi da Amnesty International e Human Rights Watch. Secondo le due organizzazioni nei primi giorni del 2017 in Arabia Saudita ci sarebbe stata una vera e propria escalation di gravissime violazioni dei diritti umani. Si parla infatti di numerosi arresti e di condanne contro attivisti, giornalisti, scrittori e avvocati pacificamente impegnati nel produrre riforme e nuovi modelli culturali nel regno.
"E' mio auspicio - aggiunge Molini - che non cali mai l'attenzione dei media internazionali sui gravi fatti dell'Arabia Saudita e che l'Unione Europea intensifichi ogni giorno sempre di più il suo impegno a favore di un concreto sviluppo dei diritti umani nel mondo".
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