Si chiama «Un viaggio mortale per i bambini» il rapporto dell’Unicef pubblicato il 28 febbraio sui minori che arrivano, spesso non accompagnati, dall’Africa arrivano in Europa lungo la rotta del Mediterraneo centrale.
Sono storie di violenze, abusi sessuali e schiavitù che cominciano già nei campi di detenzione in Libia, 34 in tutto quelli identificati, 24 gestiti dal governo e 10 dalle milizie, che spesso sono carenti anche nella fornitura di acqua, cibo, abiti e assistenza medica,
«Quello che ci ha veramente scioccato — ha detto il vice direttore esecutivo dell’Unicef Justin Forsyth — è ciò che succede a questi bambini durante il viaggio verso l’Europa. Molti di loro vengono violentati, brutalizzati e uccisi». Kamis, nove anni, era partita con la madre dalla Nigeria e, dopo aver attraversato il deserto, si è ritrovata nel campo di detenzione di Sabrata, in Libia. «Ci picchiavano ogni giorno — ha raccontato agli operatori dell’Onu —, non c’era nemmeno da bere. Il posto era molto triste. Non c’era nulla». Una violenza che viene inflitta senza motivo, tanto per passare il tempo. «Quasi la metà delle donne e dei bambini intervistati ha subito abusi sessuali durante il viaggio. Spesso più di una volta. Lo stupro è sistematico ai posti di blocco e alle frontiere» si legge nel rapporto. Gli assalitori sono, il più delle volte, uomini in uniforme, per questo molte delle vittime sono restie a denunciare i crimini.
«Quello che ci ha veramente scioccato — ha detto il vice direttore esecutivo dell’Unicef Justin Forsyth — è ciò che succede a questi bambini durante il viaggio verso l’Europa. Molti di loro vengono violentati, brutalizzati e uccisi». Kamis, nove anni, era partita con la madre dalla Nigeria e, dopo aver attraversato il deserto, si è ritrovata nel campo di detenzione di Sabrata, in Libia. «Ci picchiavano ogni giorno — ha raccontato agli operatori dell’Onu —, non c’era nemmeno da bere. Il posto era molto triste. Non c’era nulla». Una violenza che viene inflitta senza motivo, tanto per passare il tempo. «Quasi la metà delle donne e dei bambini intervistati ha subito abusi sessuali durante il viaggio. Spesso più di una volta. Lo stupro è sistematico ai posti di blocco e alle frontiere» si legge nel rapporto. Gli assalitori sono, il più delle volte, uomini in uniforme, per questo molte delle vittime sono restie a denunciare i crimini.
I campi
L’organizzazione spiega di avere avuto accesso a meno della metà dei centri che dipendono dal Dipartimento di governo per la lotta alla Migrazione illegale: in questi luoghi i migranti, compresi i minori, sono trattenuti a gruppi di 20 in celle di due metri quadri. Ancor peggiore è la situazione nei campi gestiti dalle milizie, a questi Unicef non ha accesso ma sulla base di relazioni di altre agenzie o missioni dell’Onu vengono definiti «buchi infernali», spesso luoghi di lavoro forzato, dove la tortura è una pratica comune.
L’organizzazione spiega di avere avuto accesso a meno della metà dei centri che dipendono dal Dipartimento di governo per la lotta alla Migrazione illegale: in questi luoghi i migranti, compresi i minori, sono trattenuti a gruppi di 20 in celle di due metri quadri. Ancor peggiore è la situazione nei campi gestiti dalle milizie, a questi Unicef non ha accesso ma sulla base di relazioni di altre agenzie o missioni dell’Onu vengono definiti «buchi infernali», spesso luoghi di lavoro forzato, dove la tortura è una pratica comune.
Nella relazione si ricorda che dei 181.436 migranti e profughi arrivati in Italia nel 2016, 28.223, ovvero il 16% circa, sono minori, e 9 su 10 di questi sono arrivati sulle coste italiane non accompagnati. Inoltre, dei 4.579 migranti che nel 2016 si stima siano morti durante la traversata del Mediterraneo, si ritiene che 700 fossero minori. E dei 256mila migranti individuati dall’Unhcr in Libia a settembre 2016 (ma le stime dell’Oim moltiplicano il numero sia tre volte tanto) 28.031 sono donne (11%) e 23.102 (9%) minori, un terzo di questi si ritiene non siano accompagnati.
«La rotta del Mediterraneo Centrale, dal Nord Africa all’Europa, è tra quelle al mondo in cui muoiono piu’ persone ed è tra le più pericolose per i bambini e le donne — ha dichiarato Afshan Khan, direttore regionale e coordinatore speciale dell’Unicef per la crisi dei rifugiati e dei migranti in Europa — perché è controllata dai trafficanti e da altre persone che vedono come prede i bambini e le donne disperati . Sono necessarie vie e piani di sicurezza sicuri e legali per proteggere i bambini migranti, per tenerli al sicuro e lontano dai predatori».
Il programma
«La rotta del Mediterraneo Centrale, dal Nord Africa all’Europa, è tra quelle al mondo in cui muoiono piu’ persone ed è tra le più pericolose per i bambini e le donne — ha dichiarato Afshan Khan, direttore regionale e coordinatore speciale dell’Unicef per la crisi dei rifugiati e dei migranti in Europa — perché è controllata dai trafficanti e da altre persone che vedono come prede i bambini e le donne disperati . Sono necessarie vie e piani di sicurezza sicuri e legali per proteggere i bambini migranti, per tenerli al sicuro e lontano dai predatori».
Il programma
L’Unicef ha sviluppato un programma di sei punti d’azione per questi bambini:
1) Proteggere i bambini rifugiati e migranti, in particolar modo quelli non accompagnati, da sfruttamento e violenza.
2) Porre fine alla detenzione dei bambini richiedenti lo status di rifugiato o migranti, introducendo una serie di alternative praticabili.
3) Tenere unite le famiglie, come migliore mezzo, per proteggere i bambini e dare loro il riconoscimento di uno status legale.
4) Consentire ai bambini rifugiati e migranti di studiare e dare loro accesso a servizi sanitari e di altro tipo, di qualità.
5) Chiedere di intraprendere azioni sulle cause che spingono a movimenti di massa di migranti e rifugiati.
6) Promuovere misure che combattano xenofobia, discriminazioni e marginalizzazione nei paesi di transito e di destinazione.
1) Proteggere i bambini rifugiati e migranti, in particolar modo quelli non accompagnati, da sfruttamento e violenza.
2) Porre fine alla detenzione dei bambini richiedenti lo status di rifugiato o migranti, introducendo una serie di alternative praticabili.
3) Tenere unite le famiglie, come migliore mezzo, per proteggere i bambini e dare loro il riconoscimento di uno status legale.
4) Consentire ai bambini rifugiati e migranti di studiare e dare loro accesso a servizi sanitari e di altro tipo, di qualità.
5) Chiedere di intraprendere azioni sulle cause che spingono a movimenti di massa di migranti e rifugiati.
6) Promuovere misure che combattano xenofobia, discriminazioni e marginalizzazione nei paesi di transito e di destinazione.
di Monica Ricci Sargentin