Dopo una notte trascorsa nel suo ufficio in senato, Leila De Lima, voce apertamente critica nei confronti del presidente Rodrigo Duterte, ha deciso di consegnarsi ai funzionari incaricati del suo arresto.
L'accusa è quella di aver commesso reati di narcotraffico quando era ministro della Giustizia tra il 2010 e il 2015. Già rimossa qualche mese fa dalla commissione parlamentare che indagava sugli abusi del presidente, la senatrice filippina aveva denunciato apertamente le azioni di potere commesse dallo stesso Duterte, complice di una campagna di morte che ha già fatto 7 mila vittime.
La parlamentare cinquantasettenne si è difesa: "È un onore essere imprigionata per la causa che difendo", ha detto definendosi una "prigioniera politica" e assicurando che "la verità verrà alla luce al momento opportuno".
L'entourage e i sostenitori della senatrice ritengono che il mandato di arresto sia parte integrante di una manovra per metterla a tacere definitivamente.
Pesantissime le accuse a suo carico, tra cui violazione della legge anticorruzione, violazione dell'articolo relativo alla "vendita, commercio, amministrazione, consegna, distribuzione e trasporto" di sostanze stupefacenti.
Ma De Lima accusa il governo di aver manipolato prove e testimoni per accusarla e la sua versione è sostenuta da organizzazioni di difesa dei diritti umani, tra cui Human Rights Watch (HRW).
Conosciuto al mondo per la lotta alla dogra, paragonandosi al führer, Duterte aveva recentemente dichiarato: "Sarei felice di far uccidere tre milioni di tossicodipendenti proprio come Hitler fece con gli ebrei".
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