Per il Governo italiano è tutto regolare. Ma la legge vieta di rifornire i Paesi in guerra. Da oltre un anno le organizzazioni umanitarie e pacifiste italiane stanno chiedendo di sapere perché l'Italia continua a vendere bombe all'Arabia Saudita nonostante la legge italiana proibisca di commerciare materiale bellico con un Paese in guerra. Infatti sono ordigni che l'Arabia Saudita usa per bombardare la popolazione civile in Yemen.
A livello internazionale fioccano le accuse documentate di crimini di guerra: anche da parte di agenzie delle stesse Nazioni Unite: migliaia di morti e decine di migliaia di feriti, in gran parte civili. I sauditi in Yemen colpiscono qualunque cosa capiti a tiro: scuole, ospedali, fabbriche, impianti idrici, mercati, allevamenti di bestiame e ogni tipo di infrastruttura civile.
Lo fanno in modo sistematico, al punto che lo scorso dicembre il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha definito l'attacco saudita allo Vemen una "enorme carneficina".
Insomma, l'Italia, come anche altri Paesi occidentali ed europei, sta rifornendo una guerra sanguinaria in aperta violazione dei più elementari diritti umani.
Accuse di crimini di guerra che non riguardano solo gli ordigni. "Nello Yemen è in corso la più grave crisi alimentare mondiale: 14 milioni di persone non mangiano a sufficienza, due milioni che rischiano di morire se non si interviene con urgenza e sono 2,2 milioni i bambini che soffrono la fame".
La denuncia è solo di qualche giorno fa e viene da Stephen O'Brien, capo delle operazioni umanitarie all'Onu, che ha lanciato l'allarme davanti al Consiglio di sicurezza dell'Onu.
La fame usata come arma per piegare un intero Paese al dominio della più potente monarchia araba. Un crimine di guerra sanzionato dalle leggi internazionali generato da uno strettissimo embargo cui partecipano anche Gran Bretagna e Stati Uniti. L'Italia, dal canto suo, dall'inizio del conflitto di bombe ne ha vendute in gran quantità e pare abbia tutte le intenzioni di continuare a venderle.
La fame usata come arma per piegare un intero Paese al dominio della più potente monarchia araba. Un crimine di guerra sanzionato dalle leggi internazionali generato da uno strettissimo embargo cui partecipano anche Gran Bretagna e Stati Uniti. L'Italia, dal canto suo, dall'inizio del conflitto di bombe ne ha vendute in gran quantità e pare abbia tutte le intenzioni di continuare a venderle.
Lo ha confermato in Parlamento lo scorso dicembre l'allora ministro degli Esteri (e ora premier) Paolo Gentiloni riferendosi a un'autorizzazione di esportazione concessa nel 2013 alla Rwm di Domus Novas in Sardegna. Ma all'epoca l'Arabia Saudita, destinataria delle bombe, non aveva ancora aggredito lo Yemen, e non ricadeva quindi nei divieti posti dalla legislazione sul commercio delle armi. Allo scoppio delle ostilità pertanto le consegne di armi ai sauditi avrebbero dovuto essere sospese. Ma così non è stato. Numerosi sono i carichi di bombe prodotte in Sardegna e inviate all'aviazione di Riyad: migliaia di ordigni.
Nel calcolo ufficiale però non figurano tutte le bombe e attrezzature militari partite dall'Italia e finite, in un modo o nell'altro, sulla testa degli yemeniti. Ufficialmente, nel solo 2015, l'Italia ha venduto ai sauditi 258 milioni di euro di armamenti. Ma nello stesso periodo l'Italia ha aumentato del 500% le vendite dei medesimi materiali alla Gran Bretagna, arrivando alla bella cifra di un miliardo e trecento milioni di euro. Un aumento percentuale che coincide con l'incremento delle forniture militari britanniche ai sauditi.
di Luigi Grimaldi
di Luigi Grimaldi
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