L’accordo siglato il 2 febbraio a Roma tra il governo italiano e il governo di riconciliazione nazionale libico per il contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani e per il rafforzamento della sicurezza delle frontiere “è probabilmente inefficace e certamente inumano”. Lo afferma oggi l’organizzazione umanitaria Medici per i diritti umani (Medu).
Luoghi di detenzione per migranti in Libia |
“Inefficace – precisa – perché il governo di Serraj controlla ad oggi solo una parte molto ridotta del territorio nazionale libico e non ha il pieno controllo neanche della capitale Tripoli. Per il resto, la Libia è oggi per i migranti un grande campo di concentramento, sfruttamento e tortura gestito da una miriade di milizie, gruppi armati e bande criminali di dimensioni e caratteristiche tra le più svariate”. “Inumano – sottolinea Medu – perché ha palesemente come unico obiettivo quello di ‘fare muro’ nel Canale di Sicilia per bloccare gli sbarchi in Italia senza preoccuparsi della sorte di centinaia di migliaia di donne, uomini e bambini destinati a rimanere intrappolati nell’inferno libico”.
Medu critica la mancanza di attenzione ai diritti umani, ricordando che la Libia non ha neppure sottoscritto la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951.
“L’intensità e l’estensione delle violenze commesse sui migranti in Libia è di una gravità senza precedenti”, ricordano gli operatori di Medu, che ogni giorno ascoltano le drammatiche vicende delle persone appena sbarcate in Italia e assistite nei progetti di riabilitazione delle vittime di tortura in Sicilia e a Roma: oltre il 90% dei migranti intercettati ha subito torture, abusi e violenze ripetute, quasi sempre in Libia.
Secondo Medu le decisioni prese dall’Italia e da tutta l’Unione europea vanno “decisamente nella direzione sbagliata”. “Piuttosto che attraverso strategie miopi tese a sollevare tutti i ponti levatoi della ‘fortezza Europa’ – conclude – sono necessari accordi e politiche che mettano radicalmente al centro la dignità e i diritti dell’uomo”. Altrimenti il progetto europeo è destinato ad “un fallimento operativo e morale senza ritorno”.
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