Continuano le critiche all’operato del Presidente delle Filippine Rodrigo Duterte. L’ultima accusa proviene da Amnesty International. A far discutere è ancora la condotta della Polizia e delle Forze Armate del Paese, impegnate in una lotta senza precedenti al narcotraffico, che sfocia spesso in un massacro di esecuzioni extragiudiziali.
Due sicari testimoniano ad Amnesty International di prendere ordini da un agente di polizia, e di essere pagati 5000 pesos per uccidere consumatori, e da 10.000 a 15.000 pesos per assassinare spacciatori. Prima dell’elezione di Duterte, hanno raccontato, avevano due ‘lavori’ al mese, ora ne hanno tre o quattro alla settimana. Si parla anche di un racket dei funerali. Le famiglie che rivogliono indietro i corpi delle vittime devono pagare la polizia.
Tra le vittime della carneficina anche un bambino di 8 anni. A far discutere è soprattutto la diversa condotta della Polizia con criminali stranieri o non appartenenti alla classe povera. In questi casi, le forze armate dimostrano di saper operare senza ricorrere all’uso della violenza estrema.
«Con il presidente Rodrigo Duterte al potere, la polizia nazionale sta violando le leggi che dovrebbe far rispettare e trae vantaggio dalle uccisioni di persone povere che il governo dovrebbe tutelare. Le stesse strade che Duterte aveva promesso di ripulire dal crimine ora sono piene di cadaveri di persone uccise dalla sua polizia» scrive Hassan.
Amnesty conclude il report chiedendo al Governo la destituzione di Duterte, che, dalla sua elezione, avvenuta nove mesi fa, si è macchiato dell’omicidio di 7000 persone incriminate di traffico di droga. Di queste 7000 ‘condanne’, 2500 sono stati eseguite direttamente dalla Polizia, quindi in aperta violazione del diritto alla vita che la costituzione filippina, e il diritto internazionale, prevedono.
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