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Lo scatto realizzato da un fotoreporter dell'Afp è diventato il simbolo della guerra che dura da 7 anni e della resistenza di molti siriani a rimanere nel proprio paese
Le note risuonano fra le pareti della sua abitazione in gran parte sventrata dai bombardamenti nella zona est di Aleppo, fino a pochi mesi fa teatro di violenti scontri tra forze governative fedeli al presidente Bashar al-Assad e gruppi ribelli.
Mohammed Anis sembra assorto nei suoi pensieri mentre rivolge lo sguardo oltre le finestre senza vetri della sua camera: in quel momento, il fotografo dell'agenzia francese Afp, Joseph Eid, lo immortala in uno scatto destinato di lì a poche ore a fare il giro del mondo.
L'immagine risale al 9 marzo scorso ma a distanza di pochi giorni ha assunto un significato particolare diventando il simbolo della distruzione di un paese – dilaniato da un conflitto scoppiato il 15 marzo 2011 – e incarnando per certi versi il sentimento di resistenza dei tanti siriani che hanno deciso di non abbandonare la propria casa, la propria vita e i propri ricordi.
Mohammed Anis è uno di loro. Nel quartiere di Aleppo dove l'uomo ha trascorso gran parte della sua esistenza, tutti lo conoscono con l'appellativo di "Abu Omar". Sposato due volte e padre di otto figli che fortunatamente sono riusciti a salvarsi e che ora vivono fuori dalla Siria, il 70enne ha deciso di non fuggire via, nonostante i pericoli.
Laureato in medicina, Anis parla cinque lingue e per qualche anno ha vissuto in Italia per lavoro, a capo di un'azienda produttrice di cosmetici.
Grande appassionato di oggetti di antiquariato, Mohammed Anis nel corso della sua vita ha collezionato un ingente numero di auto d'epoca di provenienza americana. Ma dopo sette anni di conflitto, le macchine sono andate in gran parte distrutte.
Proprio per questa passione, Mohammed era già stato intervistato nei primi mesi del 2016, quando viveva in un quartiere di Aleppo controllato dai ribelli. Nel mese di dicembre del 2016, la città siriana cadde completamente sotto il controllo del governo, dopo quattro anni e mezzo di bombardamenti.
In quel periodo, il capo dell'ufficio dell'Afp a Beirut, Sammy Ketz, incaricò il fotoreporter Joseph Eid di realizzare un reportage nella città distrutta, raccontando al mondo le storie dei residenti sopravvissuti ai bombardamenti. Tra loro c'era anche Mohammed Anis, l'anziano 70enne appassionato di auto d'epoca.
A distanza di pochi mesi, Eid è tornato in quei luoghi spettrali e qui ha incontrato di nuovo "Abu Omar" che gli ha mostrato la sua abitazione ridotta in macerie e gli ha raccontato come l'unica gioia provata in quei lunghi mesi di violenze e bombardamenti fosse il suo giradischi per dischi in vinile – che non ha bisogno di alimentazione elettrica per funzionare.
"Lui è così attaccato al suo passato e alle cose che ha sempre amato. Senza di loro si sente perso, privo di un'identità", ha raccontato Eid. "Per questo motivo insiste a rimanere lì, ancorato alla sua vita".
"Questa immagine – ha precisato il fotoreporter dell'Afp – tocca l'animo di ogni essere umano. Ogni volta che avvertirò dentro di me un sentimento di disperazione o penserò di arrendermi dinanzi agli ostacoli e ai problemi della vita, riporterò alla memoria l'immagine di Abu Omar che fuma la pipa seduto sulle macerie della sua casa mentre ascolta la sua musica preferita".
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