Il mondo scientifico e l'Unione europea si mobilitino per riportare a casa Ahmadreza Djalali, arrestato nell'aprile 2016 in Iran con l'accusa, mai formalizzata, di collaborare con uno Stato nemico. L'appello è di Luca Ragazzoni, ricercatore del Crimedim centro di ricerca in medicina dei disastri dell'Università del Piemonte Orientale, il quale per quattro anni, a partire dal 2012, ha lavorato con il collega oggi detenuto a Teheran.
"Stiamo cercando - spiega all'Adnkronos - di attivare la comunità scientifica mondiale, di chiamarla a raccolta contro questa detenzione, ad esempio respingendo gli inviti a partecipare a eventi scientifici in Iran", come ha fatto di recente la senatrice a vita e scienziata Elena Cattaneo.
Una mobilitazione che si aggiunge all'interessamento al caso da parte della Farnesina e dell'Unione europea, nella persona dell'Alto commissariato per gli affari esteri Federica Mogherini. "Non sappiamo esattamente cosa stiano facendo. Chiediamo di avere rassicurazioni sullo stato di salute di Ahmadreza e conferme ufficiale dell'impegno e dei risultati che stanno ottenendo".
Dopo 11 mesi di alti e bassi, la sensazione è che "Di passi avanti concreti non ce ne sono stati. Ahmadreza continua a fare lo sciopero della fame iniziato a fine febbraio (ha sospeso quello della sete, ndr) e questo dal punto di vista della salute è drammatico". Al collega detenuto nella prigione di Evin, Ragazzoni fa un appello: "Gli chiedo di smettere lo sciopero della fame perché siamo sicuri di salvarlo. Come amici e colleghi stiamo facendo un grandissimo lavoro per riportarlo a casa e deve avere fiducia. Non è solo: ha la famiglia, gli amici e il mondo scientifico dalla sua parte".
Il 45enne ricercatore che dopo il lavoro in Italia si è trasferito con la sua famiglia in Svezia era stato invitato ad aprile scorso dall'Università di Teheran per un ciclo di conferenze, ma dal 25 aprile la sua vita prosegue dietro le sbarre "e rischia la pena di morte, se venisse accertato lo spionaggio. Per questo - sottolinea Ragazzoni - chiamiamo che il suo caso venga rivisto e che abbia un processo regolare".
Ahmadreza Djalali, sposato e padre di due figli, "avrebbe collaborato con un Paese nemico", quindi sarebbe pericoloso per l'Iran, ma "non ho mai creduto a questa possibilità", ribatte l'amico e collega. "Le stiamo provando tutte: abbiamo interessato istituzioni e diplomazie non solo in Italia, ma anche in Svezia, Belgio, Germania e ora stiamo pensando di attivare paesi come Russia e Francia che possono 'influenzare' le manovre diplomatiche. Vogliamo che l'Iran si consideri sotto osservazione e ci pensi bene prima di prendere qualsiasi decisione contro Ahmadreza Djalali".
La petizione per salvare il ricercatore ha ottenuto quasi 225mila sottoscrizioni su change.org, mentre le pagine Facebook e Twitter "sono sempre aggiornate per mantenere alto l'interesse sul caso. Vogliamo riportare presto Ahmadreza a casa", conclude Ragazzoni.
Firma l'appello >>>
Dopo 11 mesi di alti e bassi, la sensazione è che "Di passi avanti concreti non ce ne sono stati. Ahmadreza continua a fare lo sciopero della fame iniziato a fine febbraio (ha sospeso quello della sete, ndr) e questo dal punto di vista della salute è drammatico". Al collega detenuto nella prigione di Evin, Ragazzoni fa un appello: "Gli chiedo di smettere lo sciopero della fame perché siamo sicuri di salvarlo. Come amici e colleghi stiamo facendo un grandissimo lavoro per riportarlo a casa e deve avere fiducia. Non è solo: ha la famiglia, gli amici e il mondo scientifico dalla sua parte".
Il 45enne ricercatore che dopo il lavoro in Italia si è trasferito con la sua famiglia in Svezia era stato invitato ad aprile scorso dall'Università di Teheran per un ciclo di conferenze, ma dal 25 aprile la sua vita prosegue dietro le sbarre "e rischia la pena di morte, se venisse accertato lo spionaggio. Per questo - sottolinea Ragazzoni - chiamiamo che il suo caso venga rivisto e che abbia un processo regolare".
Ahmadreza Djalali, sposato e padre di due figli, "avrebbe collaborato con un Paese nemico", quindi sarebbe pericoloso per l'Iran, ma "non ho mai creduto a questa possibilità", ribatte l'amico e collega. "Le stiamo provando tutte: abbiamo interessato istituzioni e diplomazie non solo in Italia, ma anche in Svezia, Belgio, Germania e ora stiamo pensando di attivare paesi come Russia e Francia che possono 'influenzare' le manovre diplomatiche. Vogliamo che l'Iran si consideri sotto osservazione e ci pensi bene prima di prendere qualsiasi decisione contro Ahmadreza Djalali".
La petizione per salvare il ricercatore ha ottenuto quasi 225mila sottoscrizioni su change.org, mentre le pagine Facebook e Twitter "sono sempre aggiornate per mantenere alto l'interesse sul caso. Vogliamo riportare presto Ahmadreza a casa", conclude Ragazzoni.
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