"Impossibile non agire davanti a tanta disumanità". Lisa Bosia Mirra del Gran consiglio del Canton Ticino è stata anche premiata per il suo impegno. Avrebbe aiutato 9 persone. "Questa è una battaglia di tutti, quello che succede ai confini viola ogni principio sui diritti dell'uomo"
Basta scorrere il suo diario per capire che la battaglia per i diritti dei migranti è la sua vita. Nell'ultimo post che pubblica su Facebook 'alza addirittura la voce'. "Sono stata zitta a lungo ma adesso sono pronta a raccontare a chiunque abbia la voglia e il tempo di ascoltare quello che ho visto a Como - scrive - delle ferite ancora aperte, delle donne stuprate, dei minori respinti. Di come quel parco antistante la stazione si sia trasformato nella dimostrazione più evidente della fine di qualunque umanità". E' per questo che "era impossibile fare diversamente da come ho agito".
Lisa Bosia Mirra - deputata svizzera del Gran consiglio del Canton Ticino, tra l'altro premiata insieme a un sacerdote per quanto fatto per i migranti diretti verso il nord Europa - è stata condannata perché colpevole di "ripetuta incitazione all'entrata, alla partenza e al soggiorno illegale". Nei suoi confronti è stato emanato un decreto d'accusa (in sostanza un decreto penale di condanna) per violazione della Legge federale sugli stranieri. Alla consigliera è stata inflitta una condanna alla pena pecuniaria di 80 franchi al giorno e l'esecuzione è stata sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni. Stando alle accuse, nel settembre scorso, Lia Bosia Mirra era stata fermata dalle Guardie di confine "per aver collaborato all'entrata illegale in Svizzera di cittadini stranieri sprovvisti dei documenti necessari di legittimazione".
"L'inchiesta - spiega il ministero pubblico - ha appurato che ciò è avvenuto già in precedenza; almeno nove volte, in totale, fra l'agosto e il settembre 2016 con diverse modalità". Era nel periodo di massima emergenza, quello che rimanda alle immagini della stazione di Como e del parco, lì dove i migranti restavano bloccati e accampati per giorni cercando di varcare il confine. Per nove volte Bosia Mirra - che distribuiva assistenza e pasti caldi - avrebbe fatto entrare in Svizzera persone senza documenti.
"Sono sconcertata - dice commentando alla radio, all'emittente Radio3i, la condanna - perché la procura non ha accettato il memoriale di difesa, e quindi si è andati diretti verso una condanna senza tener conto di nessuna attenuante umanitaria. E questo lascia presagire che c'è un clima politico delicato che riguarda il tema dei migranti oltre che di giustizia". "La battaglia dei diritti dei migranti - aggiunge - è la battaglia per i diritti i tutti. Non è normale che ad esempio le guardie di confine siano costrette a fare questo lavoro di rastrellare i treni e trascinare giù donne incinte e minori non accompagnati. Stiamo parlando di persone, da un lato e dall'altro. So che ci vorrà tempo per affermare questa verità, ma sono convinta che ci arriveremo. Perché quello che succede ai confini, sono sicura, non corrisponde a quanto sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalle leggi che da questa discendono".
Perché ha aiutato i migranti bloccati al confine? "Perché quello che pesa alla fine - e questo lo si legge nel post con cui su Facebook tira fuori tutta la sua amarezza - più dell'ingiustizia, è il privilegio. Il privilegio di quel passaporto che permetteva a me di tornare a casa, a me che non ho fuggito la guerra, che non ho mai patito la fame, che non ho rischiato la vita nel deserto. Io tornavo a casa e loro restavano al parco. Anche quella ragazza il cui fratello era morto nel naufragio dell'imbarcazione sulla quale viaggiavano entrambi; anche quell'uomo che aveva trascorso dieci mesi attaccato ad un muro da una catena. Non la tiro lunga, sono a Belgrado, anche qui disperata umanità senza diritti. È come sempre più utile fare che parlare ma sono pronta a raccontare, ma non è una bella storia".
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