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sabato 15 aprile 2017

Arkansas, giudice blocca l'esecuzione di sei condannati a morte

La Repubblica
Il fermo temporaneo è motivato dall'utilizzo di un farmaco per le iniezioni letali dopo l'esposto di un'azienda farmaceutica che si era opposta in quanto il prodotto non era stato venduto per questo scopo.


New York - Quello che era nato come un braccio di ferro fra lo Stato dell’Arkansas e le associazioni per i diritti civili sulla legittimità della pena di morte si è trasformato in una guerra aperta fra Little Rock e Big Pharma: è stato infatti il ricorso di una casa farmaceutica a fermare - per ora - la corsa alla pena del governatore dello Stato del Sud degli Usa, Asa Hutchinson che aveva programmato di mettere a morte sette persone entro la fine del mese.

L’Arkansas non esegue pene capitali dal 2005, ma la scadenza della validità del midazolam, una delle tre sostanze usate, aveva spinto Hutchinson ad dare una spinta alle esecuzioni. Per mettere a morte i condannati l’Arkansas usa tre medicinali diversi: lo sdegno nato intorno alla vicenda aveva spinto i produttori dei tre farmaci a fare ricorso contro lo Stato, perché non avrebbe dichiarato l’uso che intendeva fare delle sostanze al momento dell’acquisto. Un giudice ha oggi accolto il ricorso, bloccando sei esecuzioni. La settima era stata fermata qualche ora prima per l’infermità mentale del condannato.

I sette uomini condannati hanno fra i 38 e i 60 anni e sono stati giudicati colpevoli di crimini compiuti negli anni ’90: stupri e omicidi, principalmente, con una grande maggioranza di donne come vittime. Se la loro esecuzione verrà confermata stabilirà un record di orrore: dal 1976, quando la Corte Suprema ha autorizzato il ritorno della pena di morte, nessuno Stato americano ha giustiziato tanti detenuti in un arco di tempo così limitato.

Una prospettiva che ha fatto scattare l’indignazione di chi si batte contro la pena di morte come Amnesty international e Human rights watch. Lo scrittore John Grisham, che nello Stato è nato, ha scritto un articolo durissimo su USA Today: “Siamo di fronte a uno spettacolare deragliamento della legge”. La polemica è arrivata anche su Twitter: l’hashtag #8in10 (otto prigionieri in 10 giorni) è diventato virale. Ma la battaglia per ora resta più virtuale che reale: secondo gli ultimi studi in Arkansas il numero di persone favorevoli alla pena di morte è di molto superiore a quello dei contrari.

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