Curi, 'stratagemma inventato per lasciare mano libera a governi'
"Perché chi rischia di morire per fame non merita lo stesso trattamento di chi rischia di morire a seguito di bombardamenti?". A chiederselo è Umberto Curi, docente emerito di Storia della filosofia all'Università di Padova, introducendo la raccolta di saggi "Vergogna ed esclusione. L'Europa di fronte alla sfida dell'emigrazione" (Castelvecchi, pp. 192, euro 17,59).
Quasi una domanda retorica la sua, alla luce del buon senso e di un codice etico elementare, ma che assume un significato particolare di fronte alla distinzione "migranti economici" e "richiedenti asilo" dominante nel dibattito italiano ed europeo sull'immigrazione. Ormai una "verità apodittica" quel binomio, osserva, che 'salva' chi giunge in Europa se fugge da guerre e conflitti dandogli il titolo per chiedere protezione, ma condanna al rimpatrio forzato chiunque altro, in quanto considerato migrante 'irregolare' se non 'clandestino'.
E' una distinzione netta, quella tra migranti 'forzati' alla fuga e migranti 'economici' e dunque 'volontari', e che, scrive il curatore, "contraddice palesemente" anche "la Carta di Milano firmata dai Grandi della Terra e dai visitatori dell'Expo 2015 e presentata come documento di impegno collettivo sul diritto al cibo", "eredità immateriale" dell'Expo. Ed è anche smentita dai fatti, cioè dalla "combinazione di fattori diversi" che spinge ogni migrante a partire per un futuro migliore. Al tempo stesso, nemmeno la concessione dell'asilo è certa per chi ne abbia i requisiti, visto che i criteri variano da Stato a Stato: tanto che nel 2007 per esempio - esemplifica - lo status di rifugiato è stato ottenuto dall'82% dei richiedenti iracheni in Svezia e da nessun iracheno che lo chiedeva in Grecia.
A dispetto della sua "presunta oggettività", infine, il binomio richiedenti asilo-migranti economici serve in realtà a "distinguere i 'buoni' dai 'cattivi', ossia chi si è deciso di accogliere e chi no: "stratagemma inventato per lasciare mano libera ai governi degli stati europei", che possono così "trincerarsi dietro l'apparente neutralità di un criterio obiettivo". Il quale invece, sottolinea Curi, getta sul migrante 'economico' "lo stigma di essere considerato un abusivo e dunque un clandestino, poi un criminale e infine un terrorista".
Quando invece nulla giustificherebbe dal lavarsi le mani da "verità rimosse" relative all'ineguale distribuzione delle ricchezze a livello globale: ad esempio, "un bambino americano consuma l'equivalente di ciò che consumano 422 coetanei etiopi", mentre "1/5 della popolazione mondiale dispone di 4/5 delle risorse".
Da qui il vero pericolo segnalato, oltre alle guerre ed al terrorismo quali conseguenze indirette del "fallimento" dei programmi Onu per i Millennium Developments Goals fissati nel 2000: "se quel fiume di persone bisognose di tutto - avverte - sulla spinta della disperazione, dovesse trovare soltanto i muri e le recinzioni di filo spinato anziché organiche e lungimiranti politiche dell'accoglienza, potrebbe trasformarsi presto o tardi in qualcosa che somiglia ad un esercito disposto ad esigere con la forza ciò che gli è stato negato alle implorazioni di aiuto".
Questo per l'"esclusione" nel titolo, e la "vergogna"? A rispondere è Luciano Manicardi, della comunità monastica di Bose. Il suo "sottile e brutale meccanismo", scrive, "fa spesso sì che chi, di fronte a poveri, mendicanti e rifugiati, dovrebbe vergognarsi per la loro umanità offesa e conculcata (...) si sottragga alla vergogna trasferendola sulle vittime".
Autori degli altri saggi Stefano Allievi (sui temi sempre aperti di quando i migranti eravamo noi e sull'islam italiano), Emiliana Baldoni, Gianpiero Dalla Zuanna, Mirko Sossai, Carlo De Chiara, Giovanni Palombarini. Gianpaolo Scarante e Renato Rizzo.
(di Luciana Borsatti)
E' una distinzione netta, quella tra migranti 'forzati' alla fuga e migranti 'economici' e dunque 'volontari', e che, scrive il curatore, "contraddice palesemente" anche "la Carta di Milano firmata dai Grandi della Terra e dai visitatori dell'Expo 2015 e presentata come documento di impegno collettivo sul diritto al cibo", "eredità immateriale" dell'Expo. Ed è anche smentita dai fatti, cioè dalla "combinazione di fattori diversi" che spinge ogni migrante a partire per un futuro migliore. Al tempo stesso, nemmeno la concessione dell'asilo è certa per chi ne abbia i requisiti, visto che i criteri variano da Stato a Stato: tanto che nel 2007 per esempio - esemplifica - lo status di rifugiato è stato ottenuto dall'82% dei richiedenti iracheni in Svezia e da nessun iracheno che lo chiedeva in Grecia.
A dispetto della sua "presunta oggettività", infine, il binomio richiedenti asilo-migranti economici serve in realtà a "distinguere i 'buoni' dai 'cattivi', ossia chi si è deciso di accogliere e chi no: "stratagemma inventato per lasciare mano libera ai governi degli stati europei", che possono così "trincerarsi dietro l'apparente neutralità di un criterio obiettivo". Il quale invece, sottolinea Curi, getta sul migrante 'economico' "lo stigma di essere considerato un abusivo e dunque un clandestino, poi un criminale e infine un terrorista".
Quando invece nulla giustificherebbe dal lavarsi le mani da "verità rimosse" relative all'ineguale distribuzione delle ricchezze a livello globale: ad esempio, "un bambino americano consuma l'equivalente di ciò che consumano 422 coetanei etiopi", mentre "1/5 della popolazione mondiale dispone di 4/5 delle risorse".
Da qui il vero pericolo segnalato, oltre alle guerre ed al terrorismo quali conseguenze indirette del "fallimento" dei programmi Onu per i Millennium Developments Goals fissati nel 2000: "se quel fiume di persone bisognose di tutto - avverte - sulla spinta della disperazione, dovesse trovare soltanto i muri e le recinzioni di filo spinato anziché organiche e lungimiranti politiche dell'accoglienza, potrebbe trasformarsi presto o tardi in qualcosa che somiglia ad un esercito disposto ad esigere con la forza ciò che gli è stato negato alle implorazioni di aiuto".
Questo per l'"esclusione" nel titolo, e la "vergogna"? A rispondere è Luciano Manicardi, della comunità monastica di Bose. Il suo "sottile e brutale meccanismo", scrive, "fa spesso sì che chi, di fronte a poveri, mendicanti e rifugiati, dovrebbe vergognarsi per la loro umanità offesa e conculcata (...) si sottragga alla vergogna trasferendola sulle vittime".
Autori degli altri saggi Stefano Allievi (sui temi sempre aperti di quando i migranti eravamo noi e sull'islam italiano), Emiliana Baldoni, Gianpiero Dalla Zuanna, Mirko Sossai, Carlo De Chiara, Giovanni Palombarini. Gianpaolo Scarante e Renato Rizzo.
(di Luciana Borsatti)
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