È stato fermato domenica 9 aprile ma solo il 18 aprile gli hanno concesso di fare una telefonata. L’odissea del giornalista italiano Gabriele Del Grande continua mentre la Farnesina lavora a livello diplomatico per sbloccare la sua espulsione e consentire il rimpatrio.
Il ministero chiede che il giornalista «sia rimesso in libertà, nel pieno rispetto della legge». «Il ministro Alfano - si legge in una nota - ha disposto l’invio a Mugla, dove Del Grande è detenuto, del console d’Italia a Smirne per rendere visita al connazionale» mentre «l’ambasciatore d’Italia ad Ankara ha trasmesso alle autorità turche la richiesta di visita consolare, come previsto dalla Convenzione di Vienna del 1963».
Le parole di Del Grande vengono pubblicate in un messaggio sulla pagina Facebook di “Io sto con la sposa”, il documentario di cui il giornalista è stato regista: «Sto parlando con quattro poliziotti che mi guardano e ascoltano. Mi hanno fermato al confine, e dopo avermi tenuto nel centro di identificazione e di espulsione di Hatay, sono stato trasferito a Mugla, sempre in un centro di identificazione ed espulsione, in isolamento. I miei documenti sono in regola, ma non mi è permesso di nominare un avvocato, né mi è dato sapere quando finirà questo fermo. Sto bene, non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio telefono e le mie cose, sebbene non mi venga contestato nessun reato. La ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro. Ho subito ripetuti interrogatori al riguardo. Ho potuto telefonare solo dopo giorni di protesta. Non mi è stato detto che le autorità italiane volevano mettersi in contatto con me. Da stasera entrerò in sciopero della fame e invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti».
Giunto in Turchia il 7 aprile per realizzare alcune interviste, il giornalista è stato fermato «in una zona del Paese in cui non è consentito l’accesso», come sottolineato nei giorni scorsi dalla Farnesina. Sulla vicenda, da giorni sono al lavoro le autorità italiane. Ma ancora non è stata fornita una data certa per il suo rimpatrio, che dovrebbe avvenire dopo il completamento di alcune procedure giudiziarie relative all’espulsione dal Paese. Le autorità italiane, in costante contatto con quelle locali, continuano a seguire il caso con la massima attenzione, facendo «pressioni a tutti i livelli».
Intanto, l’appello del reporter alla mobilitazione arriva in Italia. Il presidente della Commissione diritti umani del Senato, Luigi Manconi, ha incontrato oggi per oltre un’ora l’ambasciatore turco a Roma. E mentre si susseguono gli appelli a tenere alta l’attenzione sul caso, il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury, lancia l’allarme su un possibile tentativo «delle autorità turche di estorcere a Gabriele informazioni riguardo la sua legittima attività di giornalista».
Giunto in Turchia il 7 aprile per realizzare alcune interviste, il giornalista è stato fermato «in una zona del Paese in cui non è consentito l’accesso», come sottolineato nei giorni scorsi dalla Farnesina. Sulla vicenda, da giorni sono al lavoro le autorità italiane. Ma ancora non è stata fornita una data certa per il suo rimpatrio, che dovrebbe avvenire dopo il completamento di alcune procedure giudiziarie relative all’espulsione dal Paese. Le autorità italiane, in costante contatto con quelle locali, continuano a seguire il caso con la massima attenzione, facendo «pressioni a tutti i livelli».
Intanto, l’appello del reporter alla mobilitazione arriva in Italia. Il presidente della Commissione diritti umani del Senato, Luigi Manconi, ha incontrato oggi per oltre un’ora l’ambasciatore turco a Roma. E mentre si susseguono gli appelli a tenere alta l’attenzione sul caso, il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury, lancia l’allarme su un possibile tentativo «delle autorità turche di estorcere a Gabriele informazioni riguardo la sua legittima attività di giornalista».
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