La denuncia lanciata da Human Right Watch che ieri ha pubblicato un rapporto nel quale si registrano sistematiche violazioni soprattutto nel settore del cotone.
Invece nel XXI secolo in Uzbekistan, stato dell’Asia centrale, un numero enorme di persone, a volte bambini fino ai 10/11 anni, sono costretti a lavorare lunghe ore nei campi di cotone in condizioni difficili. Ancor più grave è che tale lavoro forzato e minorile riceva ingenti risorse dalla Banca Mondiale: circa mezzo miliardo di dollari che va a finanziare progetti soprattutto nel settore dell’agricoltura.
È la denuncia lanciata da Human Rights Watch (Hrw) e dal Forum per i diritti umani uzbeco-tedeschi in un rapporto presentato ufficialmente ieri, intitolato «Non possiamo rifiutarci di raccogliere il cotone: il lavoro forzato e minorile legato agli investimenti del Gruppo della Banca Mondiale in Uzbekistan».
Il rapporto di 115 pagine evidenzia nel dettaglio come il governo uzbeko abbia costretto studenti, insegnanti, operatori sanitari, dipendenti del settore privato, e talvolta anche bambini, a raccogliere il cotone nel 2015 e nel 2016, oltre a piantarlo nella primavera del 2016. Il governo avrebbe anche minacciato di dar fuoco alle persone, di interrompere i pagamenti sociali e sospendere o espellere gli studenti qualora si fossero rifiutati di lavorare nei campi di cotone.
«La Banca Mondiale dà copertura all’Uzbekistan per mantenere un sistema di lavoro abusivo nell’industria del cotone», ha dichiarato Umida Niyazova, direttrice del Forum uzbeco-tedesco per i diritti umani. «La Banca Mondiale deve chiarire al governo uzbeco e ai potenziali investitori che non vuole far parte di un sistema che dipende dal lavoro minorile e dal lavoro forzato, sospendendo i finanziamenti fino a quando questi problemi non saranno risolti».
Il rapporto si basa su 257 interviste dettagliate e circa 700 brevi conversazioni con le vittime di lavoro forzato e minorile, agricoltori e attori chiave del sistema del lavoro forzato; su alcuni documenti governativi e su dichiarazioni di funzionari governativi. A partire da queste fonti e documenti, Human Rights Watch e il Forum uzbeco-tedesco sostengono che è altamente probabile che i progetti agricoli e irrigui sostenuti dalla Banca Mondiale, così come gli investimenti nel campo dell’istruzione, siano legati al lavoro forzato e, in alcuni casi, a quello minorile.
L’Uzbekistan è il quinto produttore di cotone più grande al mondo. Esporta circa il 60% del suo cotone grezzo verso la Cina, il Bangladesh, la Turchia e l’Iran. L’industria uzbeca del cotone genera più di 1 miliardo di dollari in fatturato annuo, ovvero circa un quarto del prodotto interno lordo del paese. I ricavi della produzione del cotone vanno in un conto «opaco» extra ministeriale delle Finanze che non è aperto al controllo pubblico ma gestito da funzionari governativi di alto livello.
Gruppi indipendenti, tra cui il Forum uzbeko-tedesco, hanno presentato le prove del lavoro forzato e minorile alla Banca mondiale durante e dopo il raccolto autunnale 2015, nonché prove sulle violenze, intimidazioni, detenzioni arbitrarie subite da attivisti indipendenti e giornalisti impegnati in attività di monitoraggio dei diritti umani e dei diritti del lavoro nel 2015 e nel 2016.
Invece di sospendere il prestito al governo uzbeco, in linea con gli accordi del 2014, la Banca mondiale ha aumentato i propri investimenti nell’industria agricola dell’Uzbekistan attraverso il suo settore di prestito privato, la IFC (International Finance Corporation).
Finora un totale di 274 aziende si sono impegnate a non acquistare cotone dall’Uzbekistan a causa dell’utilizzo del lavoro forzato e minorile nel settore, ma c’è ancora molta strada da fare.
Human Rights Watch e il Forum uzbeko-tedesco chiedono alla Banca Mondiale e all’IFC di sospendere il finanziamento nei settori dell’agricoltura e dell’irrigazione in Uzbekistan finché non sia provata l’assenza di utilizzo di lavoro forzato e minorile; di adottare tutte le misure necessarie per prevenire le repressioni contro i difensori dei diritti umani; infine, di rispondere rapidamente qualora si dovessero verificare degli abusi.
«La missione della Banca Mondiale è combattere la povertà, ma le persone che vivono in condizioni di povertà sono le più esposte al lavoro forzato e minorile in Uzbekistan», ha dichiarato Jessica Evans, ricercatrice senior dei diritti umani per Human Rights Watch e coautrice del rapporto. «La Banca Mondiale dovrebbe smettere di finanziare progetti che rafforzano il sistema di lavoro forzato del Paese, favorendo invece le iniziative che rispondono alle esigenze sociali ed economiche delle persone che vivono in povertà».
È la denuncia lanciata da Human Rights Watch (Hrw) e dal Forum per i diritti umani uzbeco-tedeschi in un rapporto presentato ufficialmente ieri, intitolato «Non possiamo rifiutarci di raccogliere il cotone: il lavoro forzato e minorile legato agli investimenti del Gruppo della Banca Mondiale in Uzbekistan».
Il rapporto di 115 pagine evidenzia nel dettaglio come il governo uzbeko abbia costretto studenti, insegnanti, operatori sanitari, dipendenti del settore privato, e talvolta anche bambini, a raccogliere il cotone nel 2015 e nel 2016, oltre a piantarlo nella primavera del 2016. Il governo avrebbe anche minacciato di dar fuoco alle persone, di interrompere i pagamenti sociali e sospendere o espellere gli studenti qualora si fossero rifiutati di lavorare nei campi di cotone.
«La Banca Mondiale dà copertura all’Uzbekistan per mantenere un sistema di lavoro abusivo nell’industria del cotone», ha dichiarato Umida Niyazova, direttrice del Forum uzbeco-tedesco per i diritti umani. «La Banca Mondiale deve chiarire al governo uzbeco e ai potenziali investitori che non vuole far parte di un sistema che dipende dal lavoro minorile e dal lavoro forzato, sospendendo i finanziamenti fino a quando questi problemi non saranno risolti».
Il rapporto si basa su 257 interviste dettagliate e circa 700 brevi conversazioni con le vittime di lavoro forzato e minorile, agricoltori e attori chiave del sistema del lavoro forzato; su alcuni documenti governativi e su dichiarazioni di funzionari governativi. A partire da queste fonti e documenti, Human Rights Watch e il Forum uzbeco-tedesco sostengono che è altamente probabile che i progetti agricoli e irrigui sostenuti dalla Banca Mondiale, così come gli investimenti nel campo dell’istruzione, siano legati al lavoro forzato e, in alcuni casi, a quello minorile.
L’Uzbekistan è il quinto produttore di cotone più grande al mondo. Esporta circa il 60% del suo cotone grezzo verso la Cina, il Bangladesh, la Turchia e l’Iran. L’industria uzbeca del cotone genera più di 1 miliardo di dollari in fatturato annuo, ovvero circa un quarto del prodotto interno lordo del paese. I ricavi della produzione del cotone vanno in un conto «opaco» extra ministeriale delle Finanze che non è aperto al controllo pubblico ma gestito da funzionari governativi di alto livello.
Gruppi indipendenti, tra cui il Forum uzbeko-tedesco, hanno presentato le prove del lavoro forzato e minorile alla Banca mondiale durante e dopo il raccolto autunnale 2015, nonché prove sulle violenze, intimidazioni, detenzioni arbitrarie subite da attivisti indipendenti e giornalisti impegnati in attività di monitoraggio dei diritti umani e dei diritti del lavoro nel 2015 e nel 2016.
Invece di sospendere il prestito al governo uzbeco, in linea con gli accordi del 2014, la Banca mondiale ha aumentato i propri investimenti nell’industria agricola dell’Uzbekistan attraverso il suo settore di prestito privato, la IFC (International Finance Corporation).
Finora un totale di 274 aziende si sono impegnate a non acquistare cotone dall’Uzbekistan a causa dell’utilizzo del lavoro forzato e minorile nel settore, ma c’è ancora molta strada da fare.
Human Rights Watch e il Forum uzbeko-tedesco chiedono alla Banca Mondiale e all’IFC di sospendere il finanziamento nei settori dell’agricoltura e dell’irrigazione in Uzbekistan finché non sia provata l’assenza di utilizzo di lavoro forzato e minorile; di adottare tutte le misure necessarie per prevenire le repressioni contro i difensori dei diritti umani; infine, di rispondere rapidamente qualora si dovessero verificare degli abusi.
«La missione della Banca Mondiale è combattere la povertà, ma le persone che vivono in condizioni di povertà sono le più esposte al lavoro forzato e minorile in Uzbekistan», ha dichiarato Jessica Evans, ricercatrice senior dei diritti umani per Human Rights Watch e coautrice del rapporto. «La Banca Mondiale dovrebbe smettere di finanziare progetti che rafforzano il sistema di lavoro forzato del Paese, favorendo invece le iniziative che rispondono alle esigenze sociali ed economiche delle persone che vivono in povertà».