Gli Usa smentiscono Pyongyang. "La causa non è il botulismo". Secondo la versione del regime, Warmbier - condannato a 15 anni di lavori forzati - è finito in coma per un'infezione alimentare poco dopo la sentenza. Ma dalle analisi in Ohio non è emersa traccia di botulino. E il 22enne è rientrato a casa in stato vegetativo.
Qualunque sia la causa del coma in cui versa Otto Warmbier non si tratta di botulismo. Le conclusioni cui sono arrivati medici dell'University Of Cincinnati Medical Center smentiscono la versione del regime nordcoreano sulle condizioni di salute dello studente statunitense, scarcerato mercoledì scorso dopo un anno e mezzo di detenzione e una condanna a 15 anni anni lavori forzati per "atti ostili".
La stampa di Pyongyang si è affrettata a dire che il giovane, condannato con l'accusa di aver tentato di rubare uno striscione di propaganda, è stato liberato per ragioni umanitarie.
Secondo la versione ufficiale, Warmbier, che al momento del fermo si trovava in Corea per una vacanza, avrebbe contratto il botulismo, normalmente causato da una tossina presente nei cibi, e sarebbe in un secondo momento caduto in stato di coma per l'assunzione di sonniferi.
Secondo la versione ufficiale, Warmbier, che al momento del fermo si trovava in Corea per una vacanza, avrebbe contratto il botulismo, normalmente causato da una tossina presente nei cibi, e sarebbe in un secondo momento caduto in stato di coma per l'assunzione di sonniferi.
Dalle analisi in Ohio non sarebbe però emersa traccia di botulino. Presenta invece un danno cerebrale diffuso compatibile con un arresto cardio-respiratorio e con l'interruzione del flusso di sangue al cervello. Uno stato in cui il ventiduenne verte da circa un anno. Il tutto sarebbe infatti avvenuto ad aprile dello scorso anno, poche settimane dopo il processo di appena un'ora che gli costò i lavori forzati.
Le sue attuali condizioni sono stabili, ma Warmbier resta comunque in uno stato di fatto vegetativo e senza capire gli stimoli che arrivano dall'esterno. Ciò che i medici escludono sono però violenze nei confronti dell'ostaggio. Il che conferma quanto già avvenuto in casi analoghi. Il New York Times ne ha ricordati alcuni, precisando che le torture fisiche non sono di solito riservate ai detenuti statunitensi. Almeno così emerge dai racconti degli ultimi anni.
Dal 1996 sono stati almeno 16 gli americani incarcerati e fermati dal regime, di cui tre ancora in mano a Pyongyang. Nei loro resoconti descrivono interrogatori durati anche 15 ore, finalizzati alla confessione di ciò che il regime vuole.
Ma ai detenuti Usa sembra essere concesso un trattamento speciale. Laura Ling, fermata nel 2009 assieme alla giornalista Euna Lee e condannata a 12 anni (furono rilasciate lo stesso anno con l'intercessione di Bill Clinton) ricorda di non essere stata mandata in un campo di lavoro. Rimase in una stanza, normale, per essere curata dall'ulcera. Anche Kenneth Bae, missionario di origine coreana, ha raccontato che gli era consentito leggere le email che riceveva dalla famiglia.
È stato anche ricoverato tre volte, a causa di diabete e problemi alla schiena. Addirittura, spiega nelle sue memorie, gli è stato concesso di poter leggere la Bibbia. Questo comunque soltanto dopo gli interrogatori e il lavoro in un campo di soia. Per Stephan Haggard, esperto di Corea al Peterson Institute for International Economics, il rilascio di Warmbier riflette la volontà di dialogo non soltanto da parte nordcoreana, ma anche statunitense.
È stato anche ricoverato tre volte, a causa di diabete e problemi alla schiena. Addirittura, spiega nelle sue memorie, gli è stato concesso di poter leggere la Bibbia. Questo comunque soltanto dopo gli interrogatori e il lavoro in un campo di soia. Per Stephan Haggard, esperto di Corea al Peterson Institute for International Economics, il rilascio di Warmbier riflette la volontà di dialogo non soltanto da parte nordcoreana, ma anche statunitense.
"Gli ostaggi non vengono rilasciati per magia", scrive in un commento sul suo blog. Non a caso sottolinea gli incontri avvenuti tra Joseph Yun, inviato speciale del Dipartimento di Stato, con alcuni rappresentanti di Pyongyang. Il primo faccia a faccia c'è stato il mese scorso a Oslo, l'ultimo una settimana fa a New York. Allora gli Usa sono stati informati delle sue condizioni di salute e la Corea del Nord ha accettato di fare rimpatriare il giovane americano.
di Andrea Pira
di Andrea Pira
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