Senza costi per lo Stato la comunità ricolloca migranti nelle parrocchie.
«Era nata come una goccia nel mare», spiegano a Sant’Egidio. E invece in anno e tre mesi, i corridoi umanitari hanno accolto più rifugiati di 14 Stati dell’Unione Europea. Il 29 febbraio 2016 il primo arrivo in Italia. Da allora la Comunità cattolica ha attivato, assieme alle Chiese protestanti, percorsi umanitari grazie ai quali finora sono arrivate in Italia 800 persone (prevalentemente siriani, sia musulmani sia cristiani). E altre ne arriveranno nelle prossime settimane.
L’accordo con lo Stato è per mille profughi, ospitati da comunità, parrocchie, famiglie, associazioni in 17 regioni e a San Marino. Per valutare l’impatto dell’iniziativa gestita da un’organizzazione della società civile come Sant’Egidio serve un confronto con i ricollocamenti effettuati dall’Ue. I ricollocamenti di profughi, arrivati in Italia e in Grecia, avviati dal Consiglio europeo nell’ottobre 2015, hanno riguardato 18.418 persone in un anno e 8 mesi, ma la somma dei profughi accolti da ben 14 Stati dell’Ue è inferiore ai rifugiati accolti in Italia con i corridoi umanitari.
«È un modello replicabile in Europa: il 14 marzo anche la Francia vi ha aderito per l’arrivo di 500 profughi siriani e iracheni dal Libano», osserva Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio. Tanto più che «i corridoi umanitari sono totalmente autofinanziati dalle organizzazioni che li hanno promossi e lo Stato non spende un euro». Altri Paesi, quindi, «hanno mostrato il loro interesse: in Spagna si è vicini ad un accordo, mentre in Italia è stata siglata una nuova intesa insieme alla Cei per l’ingresso di 500 profughi eritrei, somali e sud-sudanesi dall’Etiopia».
Tra gli obiettivi, evidenzia Impagliazzo, evitare i viaggi dei profughi con i barconi della morte nel Mediterraneo, contrastare il business degli scafisti e il traffico di esseri umani, concedere un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario (e la possibilità di presentare poi domanda di asilo) a persone in condizioni di vulnerabilità.E cioè vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, donne sole, anziani, malati, disabili.
Ma l’accoglienza non basta senza l’integrazione: «L’apprendimento della lingua è fondamentale per avviare un percorso di inserimento nella nostra società». Da 35 anni le scuole di Sant’Egidio in otto regioni, dalla Campania al Piemonte, insegnano gratuitamente l’italiano a persone di 120 nazionalità. Gli iscritti nell’ultimo anno sono stati 10mila, dei quali 3mila nelle 9 sedi a Roma.
C’è un altro impegno portato avanti da Sant’Egidio: «A livello globale 21 milioni di persone finiscono ogni anno nel giro del traffico degli esseri umani con un giro di affari di 170 miliardi che comprende in gran parte lo sfruttamento sessuale e la prostituzione», dice Impagliazzo. Nel 2015 l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha registrato 5600 nigeriane approdate nei nostri porti, identificandole come vittime della tratta. Nel 2016 sono state oltre 11 mila.
L’accordo con lo Stato è per mille profughi, ospitati da comunità, parrocchie, famiglie, associazioni in 17 regioni e a San Marino. Per valutare l’impatto dell’iniziativa gestita da un’organizzazione della società civile come Sant’Egidio serve un confronto con i ricollocamenti effettuati dall’Ue. I ricollocamenti di profughi, arrivati in Italia e in Grecia, avviati dal Consiglio europeo nell’ottobre 2015, hanno riguardato 18.418 persone in un anno e 8 mesi, ma la somma dei profughi accolti da ben 14 Stati dell’Ue è inferiore ai rifugiati accolti in Italia con i corridoi umanitari.
«È un modello replicabile in Europa: il 14 marzo anche la Francia vi ha aderito per l’arrivo di 500 profughi siriani e iracheni dal Libano», osserva Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio. Tanto più che «i corridoi umanitari sono totalmente autofinanziati dalle organizzazioni che li hanno promossi e lo Stato non spende un euro». Altri Paesi, quindi, «hanno mostrato il loro interesse: in Spagna si è vicini ad un accordo, mentre in Italia è stata siglata una nuova intesa insieme alla Cei per l’ingresso di 500 profughi eritrei, somali e sud-sudanesi dall’Etiopia».
Tra gli obiettivi, evidenzia Impagliazzo, evitare i viaggi dei profughi con i barconi della morte nel Mediterraneo, contrastare il business degli scafisti e il traffico di esseri umani, concedere un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario (e la possibilità di presentare poi domanda di asilo) a persone in condizioni di vulnerabilità.E cioè vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, donne sole, anziani, malati, disabili.
Ma l’accoglienza non basta senza l’integrazione: «L’apprendimento della lingua è fondamentale per avviare un percorso di inserimento nella nostra società». Da 35 anni le scuole di Sant’Egidio in otto regioni, dalla Campania al Piemonte, insegnano gratuitamente l’italiano a persone di 120 nazionalità. Gli iscritti nell’ultimo anno sono stati 10mila, dei quali 3mila nelle 9 sedi a Roma.
C’è un altro impegno portato avanti da Sant’Egidio: «A livello globale 21 milioni di persone finiscono ogni anno nel giro del traffico degli esseri umani con un giro di affari di 170 miliardi che comprende in gran parte lo sfruttamento sessuale e la prostituzione», dice Impagliazzo. Nel 2015 l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha registrato 5600 nigeriane approdate nei nostri porti, identificandole come vittime della tratta. Nel 2016 sono state oltre 11 mila.
Dal gennaio 2014 si calcola un incremento di otto volte. E l’80% delle nigeriane arrivate via mare è destinata al mercato del sesso a pagamento. «Stiamo lavorando per sottrarle allo sfruttamento. È già successo per alcune di loro con la formazione al lavoro», sottolinea Impagliazzo. I corridoi umanitari, l’integrazione a partire dalla scuola d’italiano, il contrasto della tratta. E così l’accoglienza diventa vera cittadinanza.
Giacomo Galeazzi
Giacomo Galeazzi
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