Osservatorio Diritti
Antigone: in 16 mesi 4.300 persone in più nelle celle italiane. Sovraffollamento in crescita
Diminuiscono, e di molto, i reati. Ma aumentano i detenuti. È quanto emerge da “Torna il carcere”, il XIII Rapporto sulle condizioni di detenzione diffuso due giorni fa da Antigone. Nel dettaglio, lo studio rivela che negli ultimi 6 mesi il numero dei detenuti nei 190 istituti penitenziari italiani è cresciuto di 1.500 unità, arrivando a sfondare quota 56 mila. «Una crescita progressiva, ma non lineare», scrivono i ricercatori. Complessivamente, negli ultimi 16 mesi i detenuti sono cresciuti di 4.272.
La crescita del numero dei detenuti ha causato anche un aumento del tasso di sovraffollamento, passato dal 105% del 2015 al 112,8% dell’aprile 2017. E aumentano anche i detenuti in custodia cautelare, più di un terzo del totale, e la percentuale degli stranieri, il 34,1 per cento.
Discorso opposto, invece, per quanto riguarda i reati: nel 2015 quelli denunciati erano oltre 2,6 milioni, contro i 2,8 milioni del 2014. Per alcuni reati, inoltre, il calo è stato enorme: nel 1991 gli omicidi sono stati 1.916, nel 2016 sono scesi a 397. In calo anche violenze sessuali, rapine, furti, usura, omicidi volontari.
L’analisi di Antigone
L’associazione scrive che «tra il 2014 e oggi i delitti sono diminuiti senza che fossero approvate norme che cambiassero in maniera significativa la legislazione preesistente, nonostante ciò i detenuti sono tornati a crescere». Ma come è possibile che accada questo?
«Le spiegazioni possono ricondursi a tre circostanze: tra il 2010 e il 2014 c’è stata grande attenzione su carceri e sovraffollamento e il messaggio era ridurre la pressione repressiva, nel frattempo è ripartita la campagna sulla sicurezza che evita di fondarsi su dati di realtà ma si appella alla percezione di insicurezza con un atteggiamento repressivo verso chi vive ai margini, alla fine del 2015 è terminata la misura della liberazione anticipata speciale che portava da 45 a 75 giorni lo sconto di pena per buona condotta».
Quali reati
A fine 2016 erano 30.900 le persone in carcere condannate o accusate di reati contro il patrimonio (pari al 24,8% del totale), contro i 29.913 del 2015. Tra gli altri reati più frequenti: quelli contro la persona (21.887 detenuti) e contro la legge sulle droghe (18.702 detenuti). «Per i detenuti in carcere per violazione della legge sulle droghe lo Stato spende ogni anno circa 1 miliardo di euro. Dopo una leggera flessione avutasi lo scorso anno, il dato è tornato a crescere».
Sono 1.797, invece, le violazioni del testo unico sull’immigrazione e 3.869 le persone in carcere per reati di tipo “contravvenzionale”. Aumentano i detenuti per condanne inferiori a 3 anni e diminuiscono i detenuti con condanne superiori ai 10, «dimostrando che ci si allontana da quel modello di extrema ratio cui l’uso del carcere dovrebbe essere improntato».
Custodia cautelare e misure alternative
Nonostante le riforme, il nostro paese rimane sopra la media Ue quanto a custodia cautelare. Da questo punto di vista, infatti, l’Italia è infatti il quinto paese dell’Unione con il più alto tasso di detenuti: a fine 2016 era in custodia cautelare il 34,6% del totale, contro una media europea del 22 per cento. «Nel 2008 la carcerazione in assenza di condanna definitiva riguardava il 51,3% dei detenuti», si legge ancora nel rapporto. Che commenta così questi dati:
«Le riforme degli ultimi anni hanno permesso una certa deflazione, senza riportarci a soglie accettabili, in linea col resto d’Europa. Il ricorso alla custodia cautelare è peraltro selettivo e ingiusto, giacché riguarda soprattutto i detenuti più vulnerabili, come gli stranieri».
Risulta in leggero aumento il ricorso alle misure alternative: poco più di 24 mila a fine febbraio 2017, contro le 23.424 di fine 2016. «Una lieve crescita, fatta in gran parte dall’aumento dell’affidamento in prova al servizio sociale (+448) e, in misura minore, alla detenzione domiciliare (+179)».
I costi
Il bilancio del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) nel 2017 è di circa 2,8 miliardi di euro, 40 milioni in meno rispetto al 2016. Più del 70% delle risorse, spiega il report, va alla voce “polizia penitenziaria”, anche se non comprende alcune spese a favore della polizia penitenziaria stessa come buoni pasto, mense, vestiario, armamento, trattamento previdenziale.
Solo l’8,5% delle risorse è speso direttamente per i detenuti, circa 11 euro al giorno ciascuno. Il budget per istruzione e scuola è di poco più di 2,8 milioni di euro, mentre per le attività culturali, ricreative, sportive e le biblioteche è di 624 mila euro.
I compensi per i detenuti che lavorano ammontano a 115 milioni di euro. «L’anno scorso abbiamo lanciato la campagna 20×20 per arrivare a spendere entro il 2020 il 20% del bilancio del Dap in misure alternative sapendo che la percentuale di recidiva tra chi ne beneficia scende al 19%, contro circa il 68% di chi sconta la pena in carcere. Tuttavia per queste misure il Dap ha speso nel 2016 meno del 3% del proprio bilancio e le risorse per il 2017 si attestano alla stessa cifra», sottolinea lo studio.
Chi finisce in cella
A fine 2016 le donne in carcere erano 2.285, poco più del 4% del totale. La percentuale è rimasta invariata negli anni. I reati di cui sono state accusate sono quelli contro il patrimonio e quelli legati alla legge sulle droghe. «Numeri esigui rispetto alla detenzione maschile, ma che spesso si traducono in una scarsa attenzione al percorso: poche le detenute che lavorano o che seguono un corso di istruzione e formazione». Ad aprile, inoltre, erano 50 i bambini conviventi in carcere con le loro 42 madri.
Quanto ai minori, a fine 2016 erano 462 i ragazzi in carcere, di cui 283 giovani-adulti. Quelli con condanna definitiva erano 261. La permanenza media è stata di 138 giorni per i maschi italiani e 130 per le femmine italiane, 117 per i maschi stranieri e 93 per le femmine straniere. Al 15 maggio 2017 erano presenti anche 11 detenuti per violazione del Testo unico sull’immigrazione. «Come ci è capitato di renderci conto nelle visite, c’è il forte rischio che tra loro ci siano ragazzi migranti che, dopo un viaggio drammatico, sono stati accusati di essere scafisti solo perché indicati dal vero scafista (assente sull’imbarcazione) come colore che dovevano reggere il timone o svolgere altre piccole mansioni di bordo», si legge nel report di Antigone.
Nelle carceri italiane, infine, ci sono molti agenti, pochissimi educatori e poco personale medico e paramedico. I poliziotti sono quasi il 90% del personale, gli educatori il 2,17 per cento. La carenza di organico è dovuta a un numero previsto di agenti molto alto.
«Una carenza reale e forte riguarda invece gli educatori: per loro il divario fra organico previsto e in forza si attesta intorno a un valore medio di -35%, con punte drammatiche in Toscana, Umbria, Lombardia, Emilia-Romagna e Marche. Appare quanto mai necessario concentrare le risorse per incrementare la presenza di educatori, medici, psicologi e altre figure funzionali al reinserimento sociale degli ex detenuti».
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