Legge sulla cittadinanza. Va votata e approvata, per quello che è. E non per quello che non è. Gentiloni ha fatto bene a dare il tempo per togliere al voto sulla legge una valenza politica che avrebbe snaturato il voto stesso: non più sulla legge, ma per ottenere altro.
Che legge è, questa sulla cittadinanza dei bambini? Un passo avanti, saggio, moderato, sul terreno dei diritti e della sicurezza.
Perché lasciare nel limbo un milione di bambini e di ragazzi nati in Italia da almeno un genitore regolare da tempo, con il permesso di lungo soggiorno europeo, o bambini e ragazzi più italiani di tanti per avere frequentato con passione e successo le nostre scuole - tifosi delle nostre squadre, amici dei nostri figli – senza dubbio aumenta, e non diminuisce l'insicurezza. Perché favorisce la marginalità, magari nel tempo un piccolo antagonismo. E fa perdere il tempo più prezioso della vita per la costruzione della propria identità, incerti su chi essere, invece di essere come è, com'è nei fatti: un incredibile acceleratore di inserimento e passione per l'Italia.
Ridurre il gap tra realtà - bambini e ragazzi che italiani sono e si sentono, e che spesso non sanno niente del paese di origine dei genitori, non ne parlano la lingua originaria - e false rappresentazioni, spesso strumentali, è una grande barriera verso ogni devianza e rancore.
Per questo la legge va votata e approvata, ripeto, per quello che è.
Non riguarda i profughi, i migranti di oggi. La propaganda anti-immigrati e i cultori della paura e delle viscere attacca una legge che non c'è.
Nessun bambino diventa automaticamente italiano, o la legge può diventare il magnete per partorire in Italia un futuro italiano. Il permesso di lungo soggiorno europeo presuppone almeno cinque anni di residenza continuata e lavoro e buona prova di cittadinanza e inserimento.
Chi parla di una Italia come "sala-parto di futuri terroristi" dice cose insensate, ma che fanno male: all'ethos nazionale e alla sicurezza del paese. A queste persone, Lega e sfascisti, non importa della sicurezza, né delle persone. Questi bambini, questi minori, già sono in Italia da anni: dieci, venti. Peraltro anche dopo il diciottesimo anno di età adesso ci vogliono tre o quattro anni per il riconoscimento della cittadinanza, anche secondo il diritto di sangue.
Quale sarebbe il guadagno di tenerli sempre fuori? Di farne dei diversi quando sono i compagni di gita dei nostri figli che non possono andare in gita con loro? Ai Cinque Stelle non interessano quelle persone.
Quale sarebbe il guadagno di tenerli sempre fuori? Di farne dei diversi quando sono i compagni di gita dei nostri figli che non possono andare in gita con loro? Ai Cinque Stelle non interessano quelle persone.
E' un'altra fake news: motivano l'astensione, che al Senato vale come voto contrario, invocando l'Europa, a cui non credono. Lo fanno proprio sulla cittadinanza - che è per quintessenza una questione nazionale - facendo un polverone. Per mischiare le carte, come se la nostra legge sulla cittadinanza dei bambini figli di immigrati, nati in Italia o che studiano in Italia, c'entrasse qualcosa con i profughi e i trafficanti umani. Alla fine, lo fanno per non votare una legge che alla Camera, con firma a Cinque Stelle Sorial, era anche più decisa di quella che è in questa fase all'approvazione definitiva al Senato. Tutto e il suo contrario. Con la tattica si guadagna a volte, ma alla fine perdono tutti. E, di certo, si fa soffrire, dando la colpa agli altri.
Un po' di chiarezza.
La cittadinanza per chi nasce in Italia non è all'americana o alla canadese (dove pure ha dato prova eccellente). È un diritto ancora derivato dal genitore regolare, e a questo subordinato. Ne parlo con cognizione di causa. Perché il primo disegno di legge, maturato con la Comunità di Sant'Egidio tra il 2003 e il 2004, contemplava lo "ius soli" secco, e non lo "ius soli temperato", come è adesso, nel testo finale.
Diventa un diritto del minore, conquistato sul campo, per chi è arrivato dopo la nascita, ma ha frequentato almeno cinque anni la scuola dell'obbligo o preso la licenza elementare, o se ha conseguito un diploma, un titolo professionale o la laurea, se arrivato dopo i 12 anni.
Un po' di chiarezza.
La cittadinanza per chi nasce in Italia non è all'americana o alla canadese (dove pure ha dato prova eccellente). È un diritto ancora derivato dal genitore regolare, e a questo subordinato. Ne parlo con cognizione di causa. Perché il primo disegno di legge, maturato con la Comunità di Sant'Egidio tra il 2003 e il 2004, contemplava lo "ius soli" secco, e non lo "ius soli temperato", come è adesso, nel testo finale.
Diventa un diritto del minore, conquistato sul campo, per chi è arrivato dopo la nascita, ma ha frequentato almeno cinque anni la scuola dell'obbligo o preso la licenza elementare, o se ha conseguito un diploma, un titolo professionale o la laurea, se arrivato dopo i 12 anni.
È lo "ius culturae" , cioè la cultura italiana che crea gli italiani, come davvero è, come è stato nella storia d'Italia, in un paese frammentato e diviso, e pure senza una lingua comune. Era ed è il cuore anche del disegno di legge che porta la mia, di firma, e che, come il testo finale approvato alla Camera, già tiene conto delle esigenze di sicurezza e già risponde alle paure. Ma quelle vere, non quelle dei fantasmi.
Per questo penso che abbia fatto bene il presidente del consiglio Gentiloni a evitare oggi un braccio di ferro tutto politico, che avrebbe impedito, adesso, di votare questa legge, sostituendone il contenuto con la sopravvivenza o meno del governo, quando anche forze che non hanno simpatia per il governo hanno invece simpatia per questa legge, o altre che condividono le scelte del governo magari non hanno simpatie per la segreteria del Pd, nemmeno quella legittimata dall'ancora recente consenso congressuale.
La legge va votata e approvata, per quello che è. A settembre gli impegni presi da Area Popolare sulla legge sulla cittadinanza potranno essere mantenuti. Il ministro Costa potrà, come altri, essere fedele a questi impegni, liberi dalla politicizzazione di un voto di fiducia che poteva essere carico di altro. Chi occhieggia alla Lega e alle destre avrà fatto o dovrà fare le sue scelte. E il voto non sarà un Armageddon o con Renzi o contro Renzi, o per elezioni anticipate o contro, o la trappola per Gentiloni.
Ma sarà il difficile, indispensabile voto su una buona legge, sostenuta dalla maggioranza di governo e da qualche altra forza.
Una grande occasione di civiltà, una piccola grande legge. Da non perdere.
Per questo penso che abbia fatto bene il presidente del consiglio Gentiloni a evitare oggi un braccio di ferro tutto politico, che avrebbe impedito, adesso, di votare questa legge, sostituendone il contenuto con la sopravvivenza o meno del governo, quando anche forze che non hanno simpatia per il governo hanno invece simpatia per questa legge, o altre che condividono le scelte del governo magari non hanno simpatie per la segreteria del Pd, nemmeno quella legittimata dall'ancora recente consenso congressuale.
La legge va votata e approvata, per quello che è. A settembre gli impegni presi da Area Popolare sulla legge sulla cittadinanza potranno essere mantenuti. Il ministro Costa potrà, come altri, essere fedele a questi impegni, liberi dalla politicizzazione di un voto di fiducia che poteva essere carico di altro. Chi occhieggia alla Lega e alle destre avrà fatto o dovrà fare le sue scelte. E il voto non sarà un Armageddon o con Renzi o contro Renzi, o per elezioni anticipate o contro, o la trappola per Gentiloni.
Ma sarà il difficile, indispensabile voto su una buona legge, sostenuta dalla maggioranza di governo e da qualche altra forza.
Una grande occasione di civiltà, una piccola grande legge. Da non perdere.
Presidente Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati
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